sabato 19 novembre 2011

"LA VOCE DI SHERAZADE - Le donne musulmane si raccontano"

Martedì 29 Novembre h 16.oo- 19.oo
Aula Magna Università per Stranieri di 
Siena - Piazza C.Rosselli, 27 - Siena


Il gruppo di studi di genere Presenti Differenti della Facoltà di Lettere e Filosofia di Siena, con la collaborazione del CPO dell'Università per Stranieri di Siena e del Centro Culturale delle Donne Mara Meoni, organizza l'incontro "LA VOCE DI SHERAZADE - Le donne musulmane si raccontano" il 29 Novembre p.v..
L'incontro è centrato sul femminismo islamico che negli ultimi due decenni si è sviluppato nei paesi musulmani. Esso riscatta i diritti delle donne attraverso una reinterpretazione al femminile dei libri sacri, in particolare il Corano, che è stato per millenni soggetto a interpretazione tutta al maschile.

A questo incontro partecipano Anna Vanza (Islamista Università Statale di Milano), Laila Karami (Storica dei paesi musulmani - ricercatrice dell'Università La Sapienza di Roma). Introduce e coordina Akeel Almarai (Università per Stranieri di Siena).















venerdì 18 novembre 2011

La voce di Sherazade




Report 8 novembre 2011
Presenti: Lola, Simonetta, Alessia, Teresa, Carla, Pina, Mandana

Punto primo: la consulta di genere. Pina si è offerta come portavoce del gruppo. I contenuti della riunione si possono leggere nel verbale che Pina ci ha inviato.

Punto secondo: essendo il 25 novembre la giornata contro la violenza, nel nostro incontro del 29 novembre faremo una dichiarazione in merito. Alessia si è offerta di preparare la dichiarazione.

Punto terzo: in merito alla modalità di introduzione degli interventi possiamo delegare tutto al prof. Almarai oppure decidere di farlo noi del gruppo (che abbiamo ideato e organizzato l’evento) ed in tal caso definire come intervenire.

Martedì scorso la discussione a proposito del femminismo islamico a mio parere è stata molto interessante e ha prodotto nuove riflessioni che vorrei raccontare a modo mio. Come una donna comune, che è nata e cresciuta in un paese musulmano, che porta con sé un bagaglio di ricordi, che ad ogni occasione si apre per rievocare un passato ormai lontano e che però le dà la possibilità di rivivere momenti trascorsi per capire meglio il suo presente. E come una donna comune vorrei lasciare da parte i termini scientifici appropriati ai discorsi delle intellettuali islamiche.

L'Hammam
Crema antirughe: il segreto!
1 bicchiere di sorriso
3 bicchieri di benessere sulla pelle
8 bicchieri di gioia di vivere
5 bicchieri di calma
2 bicchieri di saggezza
Mescolare il tutto ed ecco la migliore crema antirughe.
(Abdelhaì Sijelmassi)

“Contrariamente alle rappresentazioni stereotipate degli immaginari occidentali, nei paesi musulmani l’hammam non è il luogo di ambigua seduttività, ma il luogo tradizionale dell’intimità, della purificazione del corpo e delle confidenze femminili, il luogo di condivisione della cura di sé. E’ il tempio del cammino della bellezza, lo spazio di una pratica assai lontana dalla deriva subita in Europa e negli Occidenti in genere. L’ingresso nella bellezza attraverso la cura del corpo non è la faticosa corsa all’inseguimento o alla riproduzione di modelli predeterminati, ma è un’autentica celebrazione del corpo nella sua sacralità, è un rituale che ridà anima al corpo, un rituale di rafforzamento del sé che libera in funzione della propria intima esistenza”. (Ivana Travisani)

Da sempre per le donne nei paesi musulmani prendere cura di sé è un simbolo di libertà. “Parlando del corpo la donna parla della sua società”. Nel caso delle donne iraniane nel regime teocratico, la resistenza comincia dal rossetto, dai colori, dalla lunghezza ridotta dei soprabiti, dalle palandrane lasciate aperte, dal ciuffo di capelli che spunta dai foulard sgargianti.

In un’intervista fatta da me ad Azar Nafisi, l’autrice di “Leggere Lolita a Teheran” alla domanda se solo le donne di un certo livello culturale possono combattere il dispotismo, lei mi ha risposto che si considera una donna comune che grazie al potere salvifico della letteratura ha potuto sopravvivere alla tirannia del regime. Ha inoltre aggiunto che ci sono anche donne che non hanno interesse per la lettura, ma trovano altri modi per affrontare i problemi. La maggior parte delle donne che hanno lottato contro l’oppressione sono “donne comuni” che si sono sentite offese come individui e come esseri umani dai tiranni e dalle leggi oppressive.

E cosi, dopo questi piccoli ma efficaci punti di vista, ho cercato di immaginarmi seduta insieme alle altre donne in un hammam per celebrare il mio corpo in silenzio, ma con la consapevolezza che “il corpo è mio e me lo gestisco io”.
Ho cercato di immaginarmi anche in “una stanza tutta per me” per creare, per uscire dalla solitudine… e per scrivere “ adesso basta”.
Forse la lotta delle donne musulmane non ha la visibilità desiderata e si limita a rimanere dentro le case, i quartieri e le città, ma è vero anche che l’autocoscienza inizia dal proprio “io”.
Vorrei ringraziare le mie compagne, e in particolare Teresa che con il suo bel racconto dell’esperienza vissuta nei paesi mediorientali, mi hanno dato la possibilità di avere una visione alternativa di ciò che accade in quei paesi e sperare che un giorno anche gli uomini dei paesi musulmani possano sentire “la voce” delle donne parte integrante e complementare della loro vita.

Dipinto: Domenico Morelli

venerdì 21 ottobre 2011

Report 19 Ottobre

Presenti: Michela, Rita, Alessia, Giulia, Pina, Teresa, Mandana, Carla.
Durante l'incontro di ieri abbiamo deciso di spostare il giorno del nostro appuntamento settimanale da mercoledì a martedì, sempre alle 14. Già dalla settimana prossima, quindi, ci vedremo di martedì.
Per rimanere in tema, proprio martedì 25, abbiamo l'appuntamento con l'Assessora Rosignoli, che ha invitato noi e le altre associazioni e gruppi di donne presenti in città per formare una Consulta di Genere, quindi martedì prossimo ci incontreremo alle 14 e concluderemo alle 15.30, quando qualcuna di noi andrà all'incontro in Comune.
Per il resto, l'incontro di ieri è stato dedicato all'organizzazione della giornata di studi sui femminismi islamici che si terrà il 29 novembre all'Università per stranieri.
È stato deciso il titolo: La voce di Sherazade, e un sottotitolo: Le donne musulmane si raccontano. La scelta del titolo ha offerto l'occasione di un primo confronto a proposito dell'immaginario su donne e Islam. Abbiamo riconosciuto tutte come accostando la parola Islam alla parola donna, la prima associazione che viene spontanea è al velo. Teresa ha sottolineato con forza l'importanza di riuscire a parlare di donne musulmane a prescindere dal velo, senza cadere nella tentazione di ridurre tutta la questione ad un capo di abbigliamento. Non sono in grado di riportare il dibattito che è scaturito tra noi a partire da questo imput, ma alla fine il titolo ha voluto contenere la parola voce e quella racconto per sottolineare appunto, che le donne musulmane non sono tutte mute e invisibili, come vengono spesso dipinte nell'immaginario comune occidentale.
A partire dalla discussione sul titolo abbiamo fatto chiarezza anche sull'obiettivo che ci poniamo con l'iniziativa del 29, che è quello di aprire una finestra sulla tematica dei femminismi islamici.
Prima di salutarci Pina ha fatto riferimento ad un'iniziativa che si terrà domani a Siena: la presentazione del libro Sposati e sii sottomessa, di Costanza Miriano. Il titolo non è provocatorio, ma letteralmente un invito. Se volete indagare meglio http://costanzamiriano.wordpress.com/ (io non ho resistito alla tentazione). A partire da questa segnalazione Pina ci ha lanciato uno stimolo di riflessioni sulle forme di fondamentalismo religioso in atto nella nostra società (ho capito bene?).
Ultima notizia sull'incontro di mercoledì: Michela ha regalato alcuni libri al gruppo, principalmente testi di Carla Lonzi. Alcuni di questi li abbiamo presi in prestito (correggetemi se sbaglio) io, Alessia, Giulia e Teresa. Gli altri sono rimasti in sala riunioni.
A mercoledì. Un abbraccio,
Carla

lunedì 10 ottobre 2011

Report 5 ottobre 2011










Presenti: Rita, Pina, Giulia, Teresa, Alessia, Ottavia e Mandana
Luogo: Sala riunione della Presidenza

Ragazze ben ritornate.
… E poi, dopo tutto, quest’estate non mi è sembrato cosi lunga.
Mercoledi scorso le signore erano vivaci e piene di energia positiva, pronte a interagire e confrontarsi.
Cominciamo con la proposta di Alessia: la manifestazione del 15 ottobre “Gli Indignati” a Roma. Credo che in questo momento storico con diversi problemi sociali che i politici vorrebbero affrontare creando un nuovo partito, “ Forza gnocca”, sia dovere di ogni cittadina partecipare per dire “ Adesso basta”. Che si fa? Si partecipa ?

Altro argomento.

‘Lottiamo in un quadro esplicitamente religioso per la semplice e buona ragione che l’islam, ai nostri occhi, è portatore di un messaggio profondamente emancipatorio’.
Asma Lamrabet

Come vi ho accennato durante il periodo estivo per quanto riguarda la nostra giornata sul femminismo islamico, io e Teresa, lunedi 3 ottobre siamo riuscite ad avere un colloquio con il prof. Almarai, docente di letteratura araba all’Università per Stranieri di Siena. Gli abbiamo esposto la nostra idea come inizio di una seria di riflessioni e visioni differenti sui due mondi in quest’ambito.
La proposta ha entusiasmato il professore ed abbiamo ipotizzato di organizzare l’evento per fine novembre. La dottoressa Anna Vanzan ha confermato la sua partecipazione e dato disponibilità per il giorno 29 novembre. Inoltre abbiamo pensato che per la tematica il luogo più idoneo fosse l’ Università per Stranieri e a questo proposito abbiamo avuto l’assenso del professore Almarai che chiederà a sua volta nei prossimi giorni il permesso al Rettore dell’Università. Vorrei ricordarvi che Serena Bruttini dell’Ufficio ‘Pari Opportunità’ dell’ Università per Stranieri ha collaborato per contattare il prof. Almarai.
Dopo questa breve parentesi sull’organizzazione, ritorniamo al nostro incontro di mercoledi.
Devo ammettere che non mi aspettavo un tal entusiasmo dalle mie compagne. Pensavo che io e Teresa avremmo dovuto più soffermarci sugli aspetti organizzativi e logistici ed invece ci siamo soffermate molto sui contenuti. Con mia grande sorpresa siamo state tempestate da domande e curiosità delle signore su un mondo tanto vicino ma allo stesso tempo tanto lontano da noi.

Andiamo per ordine; data la vastità e la diversità dell’argomento, abbiamo pensato che il nucleo centrale attorno cui ruotare possa essere l’ultimo libro di Anna Vanzan “ Le donne di Allah, 2010”, che tratta lo sviluppo dei movimenti femministi nei paesi arabi e musulmani, soprattutto negli ultimi vent’anni.
Nonostante gli aspetti contradditori di tali movimenti la maggioranza dei musulmani in questo momento storico sente la necessità di “ … ripensare al rapporto fra la religione, la democrazia e i diritti, inclusi quelli delle donne. Queste ultime, pur conclamando la proprio identità, stanno sfidando i valori dominanti delle loro società, chiedendo la fine delle discriminazioni nei loro confronti e una migliore partecipazione socio- politica in un contesto di maggiore democrazia per tutti”. (A. Vanzan).
Partendo da questo presupposto, le donne musulmane, per la maggior parte appartenenti ad ONG, grazie alle reti di solidarietà si mettono in contatto con le altre donne musulmane per farle conoscere i loro diritti a partire da quelli basilari. Un caso concreto è rappresentato dalle ‘Sisters in Islam’ (SIS), associazione malese guidata da Zeinah Anwar. Per maggiori informazioni vi rimando alla bibliografia in fondo al report.

Come ho accennato sopra gli aspetti contradditori di questi movimenti non sono pochi e alcuni di essi sono emersi anche nel nostro primo incontro; ecco alcune domande / riflessioni:
1-Un movimento islamico viene subito associato al fanatismo che in questi ultimi anni sta dominando il mondo islamico ?
2-Dalle stesse donne di questi paesi sono preferiti i movimenti laici o quelli legati alla religione ?
3-C’è la necessità di un modello proprio per rafforzare l’identità delle donne musulmane in questo momento storico in cui i modelli occidentali sono in declino.
4-C’è bisogno di confronto e dialogo tra i due mondi
5-La questione del velo: il velo non è comunque un simbolo di arretratezza e oppressione?
Ho cercato di essere più sintetica possibile per non stancarvi.
Spero che sia riuscita a riportare gli spunti per cominciare a definire insieme i contenuti del nostro incontro del 29 novembre.

Bibliografia
•Leila Ahmed, Oltre il velo
•Tahar Ben Jelloun, L’islam spiegato ai nostri figli
•Shirine Dakouri, La donna araba tra presenza e assenza – L’Harem del XXI secolo
•Fatima Mernissi, L’harem e l’occidente
•Anna Vanzan, Le donne di Allah – Viaggio nei femminismi islamici

sabato 10 settembre 2011

Mie care amiche e compagne,

è tanto tempo che non ci si vede, ed è troppo tempo che non mi confronto coi contenuti che voi pubblicate. Magari quest'anno mi sforzo e sopperisco alla nostalgia di avervi vicine con la partecipazione diretta al blog. per ora vorrei chiedere il vostro parere a proposito dela campagna pubblicitaria di francomina. http://www.fracomina.it/woman-evolution.php probabilmente avrete avvistato questi enormi cartelloni con donne in esplicite pose sessuali aventi come rèclame frasi contraddittorie, quasi non sense, a margine della pubblicità. Alemanno ha pensato di vietarle. http://www.unita.it/donne/maddalena-ed-escort-br-pubblicita-sessista-a-roma-1.330367 voi che ne pensate? secondo voi occorre esprimersi pubblicamente?
spero di non essere stata importuna.
ciao

Veronica

lunedì 18 luglio 2011

Uguaglianza e dignità per tutte - Report 13 luglio




Ogni venerdì a Teheran le madri dei prigionieri politici, avvolte in un velo scuro, si riuniscono nel parco Laleh al centro di Teheran;da qui deriva anche il nome di questo movimento: “Madarane Park Laleh”, (‘Le Madri di Park Laleh’).

Per non dare motivo ai paramilitari del governo di aggredirle portano avanti la loro protesta in silenzio. Chiedono libertà per i loro figli e per tutti gli altri prigionieri politici, più in generale chiedono uguaglianza di diritti politici e sociali. Nonostante tutte le attenzioni, ogni tanto una di loro per motivi banali viene catturata, offesa e maltrattata.
Anche le donne di Teheran ogni venerdi da più di un anno nel loro silenzio gridano “ Se non ora quando?”.
Nonostante la distanza culturale e geografica e il diverso modo di protestare mi piace pensare che le donne di “ Park Laleh” e le donne “ Snoq” abbiano in comune la lotta per i loro diritti e per la loro dignità.
Le giornate 9 e 10 luglio mi hanno fatto riflettere e capire meglio il mio ruolo all’interno del nostro gruppo e per il futuro; dopo tanti anni che vivo in Italia in quei giorni ho sentito un senso di “appartenenza”, che per una straniera è una necessità per adattarsi e unirsi alla società ospitante.
Esserci in quelle due giornate mi ha dato l’opportunità di cominciare a pensare alla formazione di una nuova identità “soggettiva” per me e per molte altre donne della nuova generazione, che non hanno il background del femminismo storico.
A mio parere ciò che è più importante in questo difficile momento è l’essere solidali tra noi donne e cercare di portare avanti i progetti futuri per fondare un movimento, che abbia radici nel passato ma che allo stesso tempo sappia cogliere i mutamenti sociali e gestire al suo interno voci diverse, per recuperare i propri diritti.

Care signore,

mercoledì scorso ci siamo viste nel giardino della Facoltà e nonostante l’alta temperatura la nostra discussione è rimasta fresca e vivace. Abbiamo discusso soprattutto sulla tematica del movimento “Snoq”. In generale i pareri erano positivi e le critiche di Federica sugli aspetti teorici mancanti erano più che lecite.

Durante la settimana abbiamo avuto anche il punto di vista di Teresa, discussi lo stesso mercoledì (vedi mail di Teresa del 13 luglio): la necessità di partecipare attivamente o meno a queste iniziative, con una conclusione che è stata rimandata al futuro, prendendo in considerazione di volta in volta le problematiche e le opportunità. C’è stato anche un interessante scambio di mail tra Ottavia, Michela e Serenella per quanto riguarda “come fare” dopo “ la due giorni dello Snoq”.

Abbiamo pensato anche al programma per ricominciare l’anno accademico:

Lettura di Carla Lonzi tra settembre o i primi d’ottobre
Una giornata dedicata al “Femminismo islamico” con la presenza di Anna Vanzan (iranista e studiosa delle tematiche femminili nei paesi islamici) tra ottobre e novembre.

Penso di poter fermarmi qui e salutarvi augurando bellissime vacanze a tutte voi.

lunedì 11 luglio 2011

Il nostro intervento al "Se non ora quando", 9-10 luglio Siena


Come gruppo universitario che si occupa di studi di genere abbiamo ritenuto necessario intercettare questa occasione di scambio e di dialogo tra donne per porre in luce degli aspetti relativi ai tre temi trattati in qs occasione dal gruppo snoq. Dalle nostre riflessioni è emersa l’importanza di partire dal concetto di antisessismo declinabile sulle tre tematiche da voi proposte. Senza trasformare la differenza, espressa dalle varie soggettività coinvolte, in diffidenza ci pare importante ai fini della creazione di una ricca rete di donne evidenziare una serie di istanze che abbiamo elaborato tra di noi.
In relazione anche all’ultimo episodio di discriminazione di genere che ha coinvolto le lavoratrici del MaVib di Inzago licenziate a causa del loro doppio sì al lavoro e alla maternità ci sembra necessario affrontare la tematica del lavoro femminile anche da altri punti di vista oltre quelli già proposti. La precarietà alla quale le donne sono più esposte deriva non solo dal dato biologico ma anche dal sistema culturale che implicitamente ci considera come lavoratrici di serie b. Il gender pay gap e la diffusa considerazione che lo stipendio femminile sia un “secondo” stipendio svilisce sacrifici e lavoro di tante donne ed esclude automaticamente le numerose famiglie monogenitoriali, nelle quali le donne si devono fare carico da sole della vita pubblica e privata.  Inoltre considerando il lavoro femminile come un in più rispetto a quello maschile, si dà per scontato che le istanze prese in carico siano solo quelle dei modelli familiari tradizionali riconoscendo il diritto alla conciliazione e a condizioni di vita più umane solo o soprattutto alle madri di famiglia. Per evitare di rimanere schiacciate nel ruolo di curatrici “naturalmente” preposte alla cura dei figli, ci sembra necessario ripartire da un discorso che riesca a intercettare tutti gli altri aspetti relativi al lavoro femminile tra cui la precarietà di genere, le cui implicazioni rendono quasi obsoleto il tema della conciliazione tra famiglia e carriera, che seppure importante, racconta una realtà che non sarà, e che forse, già non è più. La maggioranza delle donne soprattutto ma non solo sotto i 40 anni, oggi, non ha nemmeno la possibilità di pensare alla conciliazione tra casa e lavoro perché la trappola del precariato ha  escluso ogni possibilità di crearsi una vita privata/familiare. Inoltre questo tipo di focus sulla maternità, seppure importante e necessario, esclude dal dibattito tutte quelle donne che per vari motivi sono al di fuori del meccanismo di produzione/riproduzione e ribadisce una visione normativa del femminile come moglie e madre, deputata biologicamente al lavoro di cura. E allora ci sentiamo di suggerire, sulla scia del vostro “e se domani”, immaginare per immaginare, perché non figurarsi un uomo alle prese con passeggini e buste della spesa? Perché non immaginare una rampa che faciliti la salita con la carrozzina? Invece di continuare a riproporre le solite immagini che ci rappresentano come donne multitasking che si appellano a solidarietà e senso comune per riuscire a superare gli ostacoli quotidiani, proviamo a immaginare una società che vada oltre questa ghettizzazione del femminile entro i confini imposti dall’etica della cura, attraverso le neccessarie strutture e politiche, ma anche attraverso una risignificazione dell’ordine simbolico riprodotto dai rapporti tra i generi.  
Il principio di perpetuazione dei rapporti di forza materiali e simbolici tra i sessi non si colloca solamente in seno all'unità domestica, sebbene questo sia uno dei luoghi più visibili del suo esercizio, ma in istanze come la scuola o lo stato e, in generale, nei luoghi di imposizione ed elaborazione di principi di dominio, tra i quali il già citato immaginario mediatico. E a questo riguardo ci sentiamo di aggiungere un’ultima cosa. Al di là dell’annichilimento provato per le immagini mediatiche di corpi femminili smembrati e oggettivizzati a fini commerciali secondo la norma eterosessuale imposta dal desiderio maschile, ci pare importante sottolineare un altro aspetto che va un po’ oltre la mera offesa della dignità delle donne. L’operazione mediatica che trasforma il corpo femminile in mero oggetto di consumo rende questi “corpi senza donne” manipolabili conducendo alla pericolosa deriva che suggerisce la possibilità di agire su un corpo- oggetto violenze di tipo fisico, sessuale e/o psicologico.
Secondo i dati istat del 2007 il 31,9% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica e/o sessuale. Il 69,7% di queste violenze accade tra le mura domestiche; il 17,4% avviene per mano di un conoscente e solo il 6,2% è opera di un estraneo. In considerazione di ciò ci sembra rilevante porre l’accento su questo fenomeno in continua ascesa e cercare di mettere le basi per contrastarlo agendo non solo sul piano legislativo ma anche su quell’ordine simbolico che ne alimenta lo sviluppo.
Nello spettacolo Libere di C. Comencini, che come gruppo abbiamo caldamente apprezzato, ritorna spesso il concetto di spazio, di una rete e di luoghi deputati a stabilire delle connessioni tra donne, luoghi dove continuare a elaborare le riflessioni e i discorsi nati durante femminismo degli anni settanta , andando oltre ciò che è stato ma traendo dal passato la forza per agire nel presente e nel futuro.  

giovedì 30 giugno 2011

Set di "dolls" su flickr



Rita sovrappone in questa serie di fotografie due immagini stereotipe del femminile: il gioco con le bambole in età infantile e la donna-manichino in età adulta. Nonostante si tratti di due stereotipi legati entrambi a una visione tradizionale del femminile, in queste foto la loro combinazione dà luogo a una “reazione chimica” di carattere sovversivo a causa dell'ambiguità delle associazioni che si scatenano.

Da una parte la bambola come oggetto inanimato è paragonata alla modella come oggetto dello sguardo. Dall'altra la bambola come supporto di emozioni infantili, ingenuità, tenerezza, leggerezza, rifugio, che rimanda alla modella come a una donna, che fu bambina e che ora è, in quanto persona dotata di emozioni, qualcosa di inspiegabile, di nascosto e sconosciuto. La modella in un certo senso è sia la bambola (il corpo oggettificato), sia la bambina che gioca con la bambola (il soggetto). O meglio, la ex-bambina che però non trova un corrispettivo adulto per esprimere il proprio mondo emotivo e diventa lei stessa bambola priva di vita.

Con le sue foto Rita ci svela la tragedia della donna dietro al manichino della foto di moda, il soggetto femminile ricco di emozioni e desideri che rimane occultato dietro le quinte e rimosso nello spettacolo di fiction messo in atto dal sistema di produzione commerciale.

Rossella Bargiacchi-Kort, Esperta di arti visive, Tilburg (NL)

per maggiori dettagli: http://www.flickr.com/photos/44129122@N06/sets/72157624512236887/

In giardino... se non ora?

La riunione di mercoledi 22 giugno in giardino è stata molto animata e piacevole.
Ecco i punti che abbiamo toccato:

CARLA LONZI Michela ci ha spiegato l’idea che era venuta a lei e ad Elisa durante l’incontro dell’8 giugno con Stefano Ciccone: quella di impegnare 3 o 4 mercoledì dell’anno prossimo alla lettura di Carla Lonzi.
I titoli che M. ritiene fondamentali sono:

Sputiamo su Hegel
Manifesto di rivolta femminile
Donna clitoridea-donna vaginale

L’idea ci è molto piaciuta, anche perché quest’anno ricorre il 40° anniversario del Manifesto. Michela ci metterebbe inoltre a disposizione i materiali del corso che ha tenuto a riguardo.
Riflettendo sul Manifesto, M. ci rimanda di come sia rimasta colpita dal linguaggio semplice della Lonzi, accessibile a tutte/i: spirito democratico degli anni ’70 o prima messa in campo di un linguaggio totalmente nuovo?
Splendida lettura estiva aggiungo io.

COMPITI PER L’ESTATE ritenendo troppo macchinosa la proposta fatta il mercoledì precedente, di portare un testo, un prodotto comunque in cui identificarci e da performare poi a nostro piacimento, abbiamo convenuto che all’inizio dell’anno prossimo, ci piacerebbe che ognuna di noi scegliesse un testo particolarmente significativo per poi leggerne una pagina, o comunque un estratto breve, per condividerlo. Magari ognuna allega anche altri titoli che risuonano in modo particolare: sarebbe un modo di iniziare a creare una bibliografia del gruppo “a partire da ognuna”, che è un po’ il nostro stile.

SE NON ORA QUANDO lunga discussione, molto partecipata. Interventi di Carolina e Teresa soprattutto, che hanno sottolineato l’impressione di profonda ‘chiusura’ dell’organizzazione nazionale, a partire dal video che a poche è piaciuto –comprende solo un target molto ristretto di donne (intellettuali, lavoratrici) e taglia fuori tutto il resto... quelle buste della spesa buttate per terra e piene di bottiglie d’acqua continuano a dolermi in effetti!!! E poi l’intervista della Comencini apparsa su Repubblica in cui i ringraziamenti vanno solo al Sindaco e alla Direttrice del Santa Maria della Scala, nulla per le donne del comitato di Siena che stanno organizzando l’evento.
L’8 e il 9 luglio, visto che la sala Italo Calvino che ospiterà l’incontro è accessibile a sole 500 persone, e il pomeriggio del sabato è lasciato agli interventi, visto inoltre che non è chiaro se gli interventi saranno possibili solo a livello individuale o se possano prendere la forma di materiali proposti da associazioni, gruppi ecc..., abbiamo deciso che noi ci saremo con un nostro comunicato, che è tutto da costruire.
Le parole chiave sono:
rappresentazione del corpo/lavoro/maternità

Eccone un canovaccio, che raccoglie vari punti di riflessione:

Rappresentazione del corpo
• Veicolazione diffusa di messaggi culturali ad alto contenuto di violenza e di sopraffazione sulle donne.
• Sessualità normativa: è esclusa ogni altra forma di espressione sessuale che devi dalla ‘norma’ eterosessuale.


Lavoro
• Precarietà di genere.
• Maggiore esposizione delle donne alla povertà.
• Disparità di reddito.
• Opportunità differenziate per genere.
• Condizioni materiali/biologiche limitanti
Le disparità materiali e simboliche aumentano la distanza tra uomini e donne nell’accesso ai diritti di cittadinanza.
Michela riflette sull’immagine pubblica delle donne: in che modo le donne sono soggetti “decisori”? – da notare che non esiste la declinazione al femminile del termine-


(lavoro)/Maternità
I due temi sembrerebbero proposti in collegamento: terreno estremamente scivoloso e pericoloso.

• Schiacciamento ‘biologico’: ritorna il confinamento della donna in un ambito di ‘natura’.
• Riproposta la maternità come un ambito esclusivamente femminile, se ne esclude di fatto la sua valenza sociale e ‘umana’ nel suo complesso: riconsiderata come un fattore semplicemente produttivo essa dovrebbe indurre invece ad un necessario ripensamento dei confini di produzione e riproduzione sociale.
• Necessità di spezzare il modello culturale che lega le donne ad identificarsi ‘naturalmente’ nel ruolo (a loro attribuito) di curatrici.
• Sottolineatura della pericolosità del paradigma del figlio come perenne propaggine del corpo della madre: manca una cultura condivisa che aiuti le donne a ‘staccare il figlio da se’, di contro a continue riproposizioni di modelli in cui la presenza e l’attenzione materna sono inalienabili e protratte nel tempo: è un paradigma pedagogico violento e unilaterale che provoca nelle donne un profondo senso di inadeguatezza (e di colpa?) e ostacola l’evoluzione del figlio a soggetto autonomo.

sabato 4 giugno 2011

RELAZIONI PERICOLOSE


INCONTRO-DIBATTITO A PARTIRE DAL VIDEO "DA UOMO A UOMO. Lettera aperta sulla violenza maschile" Regia di Michele Citoni, a cura di MASCHILE PLURALE.

L' 8 giugno, alle h 17.oo, nel giardino della Facoltà di Lettere e Filosofia, PRESENTI, DIFFERENTI incontra MASCHILE PLURALE.
Parteciperanno al dibattito gruppi studenteschi dell'ateneo di Siena.

Alle h 20.oo ai presenti verrà offerto un buffet a seguire, dalle h 21.oo intervento da parte delle PERSONE LIBRO- ASSOCIAZIONE DONNE DI CARTA.

Nell'incontro si vuole mettere a fuoco l'importanza di una relazione fra i
generi basata sull'autoconsapevolezza costruita 'a partire da se', per
superare i ruoli e gli stereotipi loro connessi. L'ambiguità con cui la
violenza maschile sulle donne viene presentata nei media e le
strumentalizzazioni cui spesso dà atto lasciano il posto, nel video di
'Maschile, Plurale', a una riflessione di fondamentale importanza per
ripensare il rapporto uomo-donna nella dimensione dell'autenticità e del
reciproco riconoscimento.

IL VIDEO "DA UOMO A UOMO" SARÀ PROIETTATO NON-STOP NEL CHIOSTRO DEL PALAZZO DI SAN GALGANO, VIA ROMA 47, DA LUNEDÌ 6 A MERCOLEDÌ 8 GIUGNO DALLE ORE 10.00 ALLE ORE 18.00

martedì 10 maggio 2011

Report 4 maggio


Report 4 Maggio 2011.

Presenti: Pina, Teresa, Elisa, Mandana, Federica, Carla, Rita Wilma, Ottavia e Massimiliano (cinematografico labo)

L’incontro di mercoledì si apre con la lettura di una recensione sulla prima proiezione della rassegna Prostituzioni reperibile sul blog “la rotta per Itaca” all’indirizzo: http://larottaperitaca.wordpress.com/2011/04/11/sventurata-la-terra-che-ha-bisogno-di-eroi-fabrizio-corona-o-il-naucrates-ductor/

In seguito sono riprese le fila del controverso dibattito sul tema della prostituzione, attraverso l’elaborato di Elisa  che mette in evidenza i punti più importanti emersi dai tre report precedenti.
La discussione inizia con l’immediato riferimento al concetto di alienazione: ALIENARE te stessa per denaro, per successo, per potere, quando nessuno ti ha insegnato che il
tuo CORPO non è una parte di te ma è tutta te, che il tuo desiderio vale quanto quello dell’altro e la soddisfazione del tuo piacere gioca un ruolo così importante nella costruzione della tua identità che rinunciarvi per farsi uno strumento di piacere per il cliente non solo ti oggettiva e ti trasforma in merce da comprare o da rubare ma ti trasforma in cosa e annulla la tua umanità.
Tale momento di alienazione sembra ulteriormente alimentato attraverso il meccanismo della metonimia. Si assiste infatti a due tipi di astrazione corporea: la prima che ritroviamo in espressioni come “che figa!”, utilizza un parte anatomica per parlare di un tutto, di una persona; la seconda evidenziata da frasi del tipo “vendere il proprio corpo” mette invece in luce una sorta di metonimia al contrario, ovvero in tale caso ci si riferisce alla totalità del corpo per parlare di una pratica che nella realtà delle cose coinvolge solo parte di esso. Da qui nasce dunque la domanda se sia possibile interpretare una pratica sessuale come l’astrazione di una parte del proprio corpo.
Snodo importante della discussione è la concezione, secondo la quale la donna viene identificata con la sessualità: espressioni come “si è venduta” avvalorano questo pensiero e ci portano a far coincidere il corpo e l’intimità con la percezione della propria integrità. Emerge dunque un concetto importante che si riflette anche nelle nostre pratiche quotidiane: un limite nell’esperienza sessuale oltre il quale non ci sentiamo di andare poiché temiamo vìoli l’integrità della nostra persona. Tale limite evidenzia il rapporto tra l’espressione sessuale del corpo e l’esperienza del sé, il cui legame ci rimanda al concetto di SACRALITA’. Espressioni come “il mio corpo come un tempio” confermano questa percezione secondo la quale la pratica sessuale diventa, l’accesso al sé più profondo.  Rivestendo la sessualità di tale valore si può dunque intendere la prostituzione come un momento di “desacralizzazione” del proprio sé attraverso la vendita di tale corpo.   Ci viene da chiederci se tale percezione sia esclusivamente femminile o coinvolga anche il maschile. Inoltre, quanto influisce la funzione riproduttiva rispetto alla rappresentazione che abbiamo della sessualità femminile? In tal senso non si sta forse riproducendo una visione patriarcale della sessualità femminile, assoggettata alla funzione riproduttiva e quindi strumentale nella sua sacralità al desiderio e al potere dell’altro? Quanto influiscono cattolicesimo e patriarcato nel processo di socializzazione che contribuisce a creare questa percezione di sacralità della corporeità/sessualità femminile?
Carla Corso applica una sorta di scissione tra il suo corpo/persona e la sua vagina. Ci viene da chiederci come sia possibile scindere tali elementi in considerazione anche delle nostre riflessioni sul sé come un “tutto incarnato”. Appare comunque problematico il fatto di investire la vagina di metafore connesse al sacro, comportamento che sembra più  complesso se relativo ad altri elementi corporei. Nella rappresentazione della sessualità femminile il piacere erotico è spesso connesso al piacere mistico, il che sembra alimentare quel tipo di asimmetria tra uomini e donne che non sempre vengono percepiti come due soggetti liberi che provano piacere nella stessa misura durante la pratica sessuale. Questo tipo di asimmetria si rende ancora più evidente quando si parla di monetarizzazione del sesso. In riferimento a ciò viene da chiedersi se sia solo il denaro che trasfigura la relazione che intercorre tra prostituta e cliente, o non vi sia anche un elemento più profondo che vede nel darsi all’altro un momento di condivisione del proprio sé, un vincolo stretto che unisce l’esperienza della sessualità all’integrità della propria persona incarnata. La vendita del corpo produce alienazione nella sex worker? E mi viene da chiedermi ora,  l’acquisto di un corpo altrui che si rende disponibile solo in virtù di un compenso economico che tipo di percezione della propria identità/persona produce nel cliente? È possibile anche in tal caso parlare di alienazione? In che cosa differisce?
Ci riserviamo di fare alcune di queste domande alla presenza della Covre la cui prospettiva può aiutarci a comprendere un’esperienza della quale non possiamo che intuire, ipotizzare e teorizzare la portata, senza però comprenderne del tutto meccanismi e sensazioni. È importante dunque dare voce al soggetto- donna coinvolto in questo ambito e riservarci alcune domande per il confronto diretto. Sicuramente sono emersi alcuni aspetti particolarmente importanti per la nostra percezione del fenomeno tra cui lo snodo riguardante la sessualità e l’integrità del sé; la vendita del corpo come possibile meccanismo di alienazione; la libertà (?) nello scegliere una professione di questo tipo; il ruolo esercitato dal sistema nel processo di socializzazione che ci induce a investire di sacralità la sfera sessuale; il ruolo del denaro come elemento che suggerisce un’idea asimmetrica del rapporto uomo-soggetto-acquirente – donna-oggetto-merce.
Altro elemento di grande interesse è quello riguardante il rapporto tra femminismo e prostituzione. Le problematiche a riguardo sono molteplici. La prostituzione si dimostra come la manifestazione di quel potere di stampo patriarcale atto a funzionalizzare l’altra ai propri bisogni e desideri, motivo per il quale sembra stridere profondamente con i principi e le visioni del femminismo anni Settanta. È pur vero però che il femminismo stesso non si può considerare come un movimento monolitico vista la sua eterogeneità, e questo può far pensare che, anche riguardo all’argomento della prostituzione, vi siano opinioni diversificate. Il femminismo ha, infatti, consentito la presa di parola di tutte le donne, ponendo le condizioni ideali per parlare di prostituzione. Ma è possibile parlare di prostituzione come espressione della propria libertà sessuale? Si può considerare questo tipo di scelta lavorativa come momento di autodeterminazione? Dalla discussione è emersa una differenza di visioni a volte connessa alle implicazioni di tipo generazionale. Come è stato giustamente messo a fuoco il retaggio di cui gli anni Ottanta si sono fatti portatori ha facilitato una deriva libertaria di sapore edonistico che induce, oggi,  le nuove generazioni a vedere diversamente il concetto di autodeterminazione sotteso alla scelta di prostituirsi.
Ultimo argomento trattato riguarda il modo attraverso cui le sex workers negoziano il sistema linguistico soggiacente al mondo della prostituzione. Infatti, partendo dal consueto presupposto secondo il quale il linguaggio crea e ridefinisce la realtà stessa, il dirsi e sapersi dichiarare diventa un ulteriore acquisizione di libertà, oltre a rappresentare un possibile superamento del meccanismo di alienazione relativo all’espropriazione corporale. Usare espressioni come “io vendo una performance” piuttosto che “io mi vendo” potrebbe in tal senso costituire anche un punto di inizio per affrontare con più facilità tematiche spesso ritenute scomode, soprattutto quanto riguarda la sfera della mercificazione corporale. Tale cambio di paradigma linguistico potrebbe costituire uno strumento ulteriore per affrontare il controverso dibattito che ruota intorno ai diritti civili e lavorativi delle sex workers?
Con queste domande ci diamo appuntamento a martedì 10 maggio per l’ultima proiezione della rassegna e l’incontro con Pia Covre, il cui intervento ci consentirà un ulteriore apertura di senso riguardo queste tematiche.

sabato 30 aprile 2011

Report mercoledì 20 aprile 2011

Presenti: Teresa, Carla, Pina, Ottavia, Giulia, Serenella, Mandana

L’incontro si è aperto con la discussione sulla proiezione del film “Terra Promessa”di martedì 19 aprile. Le presenti si sono stupite che gli uomini partecipanti siano “scappati” in seguito a delle scene particolarmente forti (stupro/fellatio) e che quindi vi sia stata l’impossibilità di un confronto. Si è riflettuto sul perché di questo quasi sincronizzato abbandono della sala cinema, giungendo alla conclusione che possa essere avvenuto sia per un semplice senso del pudore, sia per il frequente atteggiamento da “affetto da mutismo” che gli uomini dimostrano di fronte a quei temi che concepiscono come strettamente femminili, che possono andare dalla prostituzione alla maternità. Da qui nasce il rifiuto da parte delle presenti di continuare a concepire la prostituzione come una questione unicamente femminile proprio per sfuggire dallo sclerotico e bigotto binomio buone/cattive veicolato e sfruttato dalla destra proprio in seguito al Ruby-gate.

Le questioni affrontate comunque sono state molteplici e cercherò di riportarle a mo’ di elenco:

1) 1- Se la prostituzione è una libera scelta, quanto questa è legata alla natura capitalistica della nostra economia/società? In tempi in cui possiamo vedere una regressiva aziendalizzazione di ciò che non è monetizzabile, come lo stesso diritto alla salute, la vendita del proprio apparato genitale può essere equiparata alla vendita delle proprie braccia in una fabbrica o delle cure di una casalinga o di una badante?

2) 2-In alcuni casi possiamo riconoscere alla prostituta un ruolo sociale, come unica possibilità per soggetti ritardati o handicappati per soddisfare i propri desideri naturali? Nei vecchi ospedali psichiatrici i soggetti maschi venivano fatti “sfogare” per evitare atti violenti mentre le femmine subivano sterilizzazioni o trattamenti farmacologici. Una realtà dunque che giustificava e legittimava l’istinto sessuale maschile mentre negava quello femminile. Tale passata concezione continua a riflettersi oggi nella concezione di un desiderio sessuale maschile incontenibile e incontrollabile e si materializza in alcune pratiche e valori tipici delle principali religioni monoteiste: la circoncisione e la verginità, “l’apertura” e “la chiusura”. Questo determinismo biologico che legittima i desideri del maschio porta a vedere come necessaria la nascita di una medicina di genere che non menta nei sintomi e soprattutto tenga conto dell’importante differenza strutturale.

3) 3-Abbiamo concluso il nostro incontro con la riflessione propostaci da Teresa dopo la lettura del suo “oggetto”. Teresa ha letto un passo tratto dalla biografia di Carla Corso, “Ritratto a tinte forti”, nel quale la Corso sottolinea la sua assoluta lucidità nel scegliere la professione di prostituta, lo stereotipo-necessità di vedere tali donne come vittime, l’ostilità delle donne e di alcune delle femministe e le difficoltà incontrate nelle relazioni sociali. Dopo una testimonianza così forte e decisa abbiamo iniziato a riflettere sulla necessità di analizzare la posizione dell’uomo-cliente, rifiutando, come accennato all’inizio, di concepire la prostituzione come un argomento strettamente femminile e di cercare un confronto con l’opinione maschile. Qui appunto si inserisce la collaborazione con Maschile Plurale e l’iniziativa di proiettare no-stop il video “Da uomo a uomo” in una data ancora da decidere tra il 24-25 maggio o 7-8 giugno.

4) 4-Infine Pina ci ha letto la lettera di Michela.

lunedì 18 aprile 2011

Report 13 aprile 2011

Prostituzioni:
1) vista la recente e bella notizia che ci ha dato Tere sulla partecipazione della Covre, dovremmo iniziare a pensare alla Locandina ad hoc. Forse potrebbe essere simile a quella ‘generale’, cioè usare il modello di quella ma riportando solo la scritta del 10 maggio con il nome di lei in grande. Ovviamente già che ci siamo mettiamo il fondo bordeaux e non marrone, per il resto a me piaceva molto. Fede sei disponibile?

2) Io non potrò essere presente alla proiezione del 19, e mi mangio le mani. Purtroppo inizio aperdere i colpi: avevo fissato da tempo l’inizio della trasmissione radiofonica su ondarossa a roma, e non posso farla via collegamento telefonico (ho sondato). Verrò a siena per il cdf la mattina, ripartirò per roma, e tornerò di nuovo a siena la mattina dopo, spero di riuscire almeno a affacciarmi al gruppo ma dipende da quando finisce il consiglio didattico, che inizia alle 14.30. Uffa.

3) confermata idea di presentare oggetti. Prima dell’ultima proiezione (10) abbiam 3 mercoledì. Al gruppo di mercoledì scorso abbiamo pensato di invitare cinematografico labo per l’ultimo, il 4 maggio, in modo da avere tempo per confrontarci prima tra di noi. Si è pensato di fare così: Il 20 quelle che saranno presenti presenteranno un oggetto e consegneranno, in forma di report, gli elementi principali della riflessione, così la volta seguente si inizia da lì o comunque anche chi non c’è potrà avere ‘traccia’ del percorso seguito. E idem per le volte successive.

PROIEZIONE VIDEO MASCHILE PLURALE
-Pina propone di proiettarlo nel cortile di S. Galgano a ciclo continuo, durante un giorno normale. La sua idea è di coinvolgere le associazioni studentesche in modo da raggiungere molti studenti (i):
- gruppo Meds di medicina
- collettivo antropologia
- arci
- pansessuali
- le 3 sigle studentesche (link, reds, das)

Vorrebbe che non fosse accademico ma realizzato il più possibile da studenti.
In diverse abbiamo concordato che le parole che sono pronunciate e per come lo sono, sono nuove dette da maschi, e ciò fa si che il video abbia la capacità di sollecitare un confronto, che sia in qualche modo provocatorio. Dobbiamo pensare a come costruire la presentazione: sicuramente uno o due di MP, e poi pensavamo di coinvolgere appunto studenti/studentesse.
Sulla data, si era pensato il 25 maggio, ma c’è un convegno a lettere organizzato da Francavilla che coinvolge diversi docenti: io scriverò a lui e se scopro che finisce in mattinata, allora metterlo nel pomeriggio potrebbe essere perfetto.
L’unico problema secondo me è che si rischia di essere un po’ alle porte coi sassi: tenete presente che i prossimi 3 mercoledì saranno tutti per la discussione sulla prostituzione (ogni volta che iniziamo, ci rendiamo conto di quante siano le cose da dire) e poi tra il 10 e il 25 maggio ci sarebbe solo un mercoledì utile, posto che naturalmente potreemmo (e dovremmo, se si deve invitare esterni) procedere all’organizzazione anche via mail. In alternativa si potrebbe collocare entro la prima quindicina di giungo. Che dite?

Prima riflessione su 'Prostituzioni'

Qui di seguito riportiamo gli spunti principali emersi dalla prima discussione realizzata dal gruppo sul tema della prostituzione, in vista degli appuntamenti della rassegna cinematrografica 'Prostituzioni. Cinema tra necessità, libertà e relazioni di geenre', realizzata in collaborazione con Cinematografico.Labo e Comitato Pari opportunità.

LA RASSEGNA CINEMTAOGRAFICA E LA SELEZIONE DEI FILM

Il ciclo prevede tre proiezioni: Videocracy (martedì scorso),Terra Promessa (19 aprile) e Working girls (10 maggio). Nella scelta dei film appare già implicita la partitura della nostra riflessione strutturata intorno a 3 diverse declinazioni della Prostituzione.
In VIDEOCRACY viene sottolineata la strumentalizzazione del corpo delle donne e la sua mercificazione in quanto oggetto del desiderio maschile. Non solo alienazione del corpo e della sessualità ma aderenza al sistema di potere sfacciatamente patriarcale che regge le fila di questo nostro martoriato paese. Nel fenomeno del “velinismo” e delle politiche show-girls appare evidente un appiattimento della relazione tra i generi sulla dicotomia superiore/inferiore, dominante/dominato, soggetto/oggetto contro cui, nonostante i movimenti delle donne, dobbiamo ancora fare i conti.
In TERRA PROMESSA si focalizza la riduzione in schiavitù di queste donne, schiave, appunto, della perversione e della crudeltà di uomini senza scrupoli.
L’ultimo, WORKING GIRLS, ci mostra la prostituzione come “autodeterminazione e scelta”.

ALCUNI DEI NOSTRI (MOLTI) INTERROGATIVI E QUALCHE RISPOSTA

E' proprio sulla prostituzione come libera scelta che le domande si pongono e il problema appare in un’ampia gamma di sfumature. Si può parlare di scelta? Si può parlare di libertà? Quanto c’è di nmoralistico nel pensare che la prostituzione sia poco dignitosa? Quanto influisce l’educazione religiosa nell’attribuzione di valore alla prostituzione? In che modo lo scambio di denaro può essere considerato la cartina al tornasole del fenomeno? Esiste una differenza tra le escort dei palazzi del potere e le lucciole di “basso bordo”?

Parlando di prostituzione è facile incorrere nella CONSUETUDINE PATRIARCALE dell’opposizione buono/cattivo, senza praticamente rendercene conto abbiamo talmente introiettato la distinzione tra le buone e le cattive che, quando meno te lo aspetti, salta fuori come parametro del discorso. E ancora una volta la nostra spia d’allarme è il linguaggio, sono le parole che usiamo per dire le cose.
Avvertire il termine “prostituta” come un’offesa, accompagnarlo con un “nonostante” o reagire con un “per carità” all’idea di fare questa scelta, denunciano una valutazione negativa di fondo che rischia subdolamente di inficiare ogni ragionamento. Quindi, un’avvertenza, prestiamo attenzione alle PAROLE che usiamo cercando di evitare equivoci e di andare oltre.

PRIMA QUESTIONE: una donna magari giovane e magari bella che sceglie di usare il proprio corpo come strumento di mestiere agisce la LIBERTA'di disporre del proprio corpo come meglio crede? Si può scegliere di fare la prostituta come si sceglie un mestiere qualunque? Sul piano teorico la prostituzione non è mai una scelta ma una conseguenza del sistema, essa si dà come una implicazione del patriarcato e della sua visione delle donne. In una reale CULTURA DELLA DIFFERENZA la soggettivazione delle donne comporta l’impossibilità dell’alienazione e della compravendita di corpi per soddisfare il desiderio del soggetto.
Ci sarebbero due desideri che si incontrano e il riconoscimento del piacere dell’altro/a, non la soddisfazione di un desiderio che domina e possiede l’altro/a. Verrebbero meno le sovrastrutture che il patriarcato ha costruito intorno alla sessualità (sovrastrutture funzionali all’esercizio del potere) e si consentirebbe l’espressione di una società liberata sessualmente in cui non c’è spazio per la prostituzione perché il sesso, non più tabù, discrimine tra il buono e il cattivo, non potrebbe più fare da merce nel mercato. Non ci sarebbe più OFFERTA se le donne (o gli uomini o i queer) assumessero in pieno il loro essere uniche e irripetibili, autrici della propria storia. E non ci sarebbe più RICHIESTA se ci fosse una società davvero aperta, plurale, rispettosa delle differenze e dell’esigenze di ognuna/o, una società libera in cui sia davvero possibile scegliere. Ovviamente semplifico un discorso ben più complesso ma su cui, credo, siamo tutte d’accordo.

Fatta questa premessa la SECONDA QUESTIONE che si pone è: come si può asserire che una donna, inserita in un contesto sociale in cui ancora oggi vale in quanto corpo da possedere, scelga liberamente di fare la prostituta? Secondo le nostre premesse teoriche questa donna non è messa in condizione di scegliere. Apparentemente sceglie di disporre liberamente del proprio corpo ma, chiediamoci, che ruolo giocano in questa scelta gli squilibri sociali, economici, politici che caratterizzano ad oggi le relazioni umane? È, in qualche modo, una riflessione analoga a quella che si impone parlando del velo islamico.
Anche in questo caso di primo acchito verrebbe da dire che è una scelta libera e, d’altronde, sono molte le donne musulmane che portano il velo con convinzione, sinceramente convinte che sia una loro scelta. Che dire? Senza nulla togliere alla libertà di ognuna ci si può chiedere, però, quanto possa essere una scelta se vivi in un mondo che ti indica così rigidamente cos’è giusto e cosa è sbagliato da convincerti che è vero. E tanto vale per la prostituzione. Come può essere una scelta ALIENARE te stessa per denaro, per successo, per potere, quando nessuno ti hai insegnato che il tuo CORPO non è una parte di te ma è tutta te, che il tuo desiderio vale quanto quello dell’altr e la soddisfazione del tuo piacere gioca un ruolo così importante nella costruzione della tua identità che rinunciarvi per farsi uno strumento di piacere per il cliente non solo ti oggettiva e ti trasforma in merce da comprare o da rubare ma ti trasforma in cosa e annulla la tua umanità.
D’altra parte, però, se non una scelta la prostituzione appare come un “esercizio di volontà”. A parte le donne costrette da protettori brutali quelle che decidono, senza imposizioni, per i motivi più vari, di “entrare nel giro” agiscono volontariamente e, soprattutto nel caso del velinismo, RIVENDICANO con lucidità e fermezza la loro decisione. In questo senso si deve, perciò, tener conto della possibilità che ognuna stabilisca i confini della propria dignità e si AUTODETERMINI per il valore che autonomamente dà alle sue azioni. Cosa replicare a chi rivendica l’uso del proprio corpo come meglio crede? Che la sua illusione di essere la conduttrice del rapporto nasconde una realtà che la vede e la vuole vittima? Ma nella realtà questa stessa donna non decide autonomamente che il fine vale ogni mezzo e che è più conveniente una notte da puttana che un mese da commessa?

TERZA QUESTIONE: Il DENARO è un nodo centrale nella prostituzione, almeno in due modi diversi:
1) la circolazione di denaro nella relazione cliente/prostituta è indice dello squilibrio nel rapporto per cui chi paga compra una merce a suo uso e consumo e questa merce è una persona. Il rapporto mediato dal denaro mette in relazione un venditore e un acquirente che scambiano merce con soldi. Nella prostituzione non solo c’è l’evidente squilibrio che mette sullo stesso piano una persona e il denaro ma il rapporto appare complicato dal fatto che la stessa persona che, da un lato, contratta da pari la transazione, dall’altro si sottopone al cliente come merce.
2) Il valore della persona si annulla di fronte allo strapotere del denaro e vendere il proprio corpo diventa una “furbata” perché permette introiti considerevoli.
Molte donne, è vero, si prostituiscono per disperazione ma tante, oggi soprattutto, usano la prostituzione come la chiave che apre tutte le porte. la mia sensazione è che stiamo assistendo ad una diversificazione del fenomeno prostituzione. Da un lato le donne, non necessariamente belle e non necessariamente giovani, che lo fanno come mestiere per vivere, per sostenere la famiglia, per mille motivi, e dall’altro delle giovani e bellissime donne che sfruttano (o credono) a loro vantaggio la perversione di uomini ricchi e potenti, usando esse per prime la loro giovinezza e la loro bellezza per entrare nelle stanze dei bottoni.
Cosa c’è dietro alle une e cosa dietro alle altre? Da una parte probabilmente miseria, disperazione, NECESSITA' di arrivare a fine mese, di barcamenarsi in un mondo difficile. Dall’altra sete di successo, fame di POTERE, voglia di salire sul carro dei dominanti.

Le due prospettive mostrano delle reali differenze? Gli spunti sono molti e la riflessione è aperta, mi fermo qui sperando di non aver intrecciato troppo il mio pensiero a quello di tutte e scusandomi per le tante cose che ho sicuramente tralasciato.


Teresa per Presenti, Differenti

lunedì 11 aprile 2011

Report 6 aprile 2011

Presenti: Michela, Alessia, una nuova amica di cui (scusate) non ricordo il nome, Rita, Elisa, Giulia, Mandana, Teresa, Pina. L’incontro si è aperto con le valutazioni sulla prima proiezione del ciclo Prostituzioni e ci ha viste impegnate nel dibattito/confronto sul tema che proverò a riassumere in seguito. Nell’incontro si è deciso di contattare Pia Covre per invitarla alla proiezione del 10 maggio, la quale si è detta disponibile a partecipare ma attendiamo conferma. All’incontro ha partecipato anche Carla Fronteddu del Donna chiama donna che ci ha chiesto di collaborare alla costruzione della Giornata della Pia prevista per giugno. Il tema della Giornata, scelto da Aurore, è la condivisione del lavoro di cura tra donne e uomini e la conciliazione. Di questo segue le fila Pina che parteciperà all’incontro fissato per giovedì prossimo con DCD e Mara Meoni per discutere il da farsi. A proposito di Prostituzioni provo ora a riassumere i nodi venuti fuori dalla discussione di mercoledì a mò di promemoria per i prossimi incontri. Il ciclo prevede tre proiezioni: Videocracy (martedì scorso),Terra Promessa (19 aprile) e Working girls (10 maggio). Nella scelta dei film appare già implicita la partitura della nostra riflessione strutturata intorno a 3 diverse declinazioni della Prostituzione. In Videocracy viene sottolineata la strumentalizzazione del corpo delle donne e la sua mercificazione in quanto oggetto del desiderio maschile. Non solo alienazione del corpo e della sessualità ma aderenza al sistema di potere sfacciatamente patriarcale che regge le fila di questo nostro martoriato paese. Nel fenomeno del “velinismo” e delle politiche show-girls appare evidente un appiattimento della relazione tra i generi sulla dicotomia superiore/inferiore, dominante/dominato, soggetto/oggetto contro cui, nonostante i movimenti delle donne, dobbiamo ancora fare i conti. In Terra Promessa si focalizza la riduzione in schiavitù di queste donne, schiave, appunto, della perversione e della crudeltà di uomini senza scrupoli. L’ultimo, infine, ci mostra la prostituzione come “autodeterminazione e scelta”. Ed è proprio sulla prostituzione come libera scelta che le domande si pongono e il problema appare in un’ampia gamma di sfumature. Si può parlare di scelta? Si può parlare di libertà? Quanto c’è di moralistico nel pensare che la prostituzione sia poco dignitosa? Quanto influisce l’educazione religiosa nell’attribuzione di valore alla prostituzione? In che modo lo scambio di denaro può essere considerato la cartina al tornasole del fenomeno? Esiste una differenza tra le escort dei palazzi del potere e le lucciole di “basso bordo”? Parlando di prostituzione è facile incorrere nella consuetudine patriarcale dell’opposizione buono/cattivo, senza praticamente rendercene conto abbiamo talmente introiettato la distinzione tra le buone e le cattive che, quando meno te lo aspetti, salta fuori come parametro del discorso. E ancora una volta la nostra spia d’allarme è il linguaggio, sono le parole che usiamo per dire le cose. Avvertire il termine “prostituta” come un’offesa, accompagnarlo con un “nonostante” o reagire con un “per carità” all’idea di fare questa scelta, denunciano una valutazione negativa di fondo che rischia subdolamente di inficiare ogni ragionamento. Quindi, un’avvertenza, prestiamo attenzione alle parole che usiamo cercando di evitare equivoci e di andare oltre. Prima questione: una donna magari giovane e magari bella che sceglie di usare il proprio corpo come strumento di mestiere agisce la libertà di disporre del proprio corpo come meglio crede? Si può scegliere di fare la prostituta come si sceglie un mestiere qualunque? Sul piano teorico la prostituzione non è mai una scelta ma una conseguenza del sistema, essa si dà come una implicazione del patriarcato e della sua visione delle donne. In una reale cultura della differenza la soggettivazione delle donne comporta l’impossibilità dell’alienazione e della compravendita di corpi per soddisfare il desiderio del soggetto. Ci sarebbero due desideri che si incontrano e il riconoscimento del piacere dell’altro/a, non la soddisfazione di un desiderio che domina e possiede l’altro/a. Verrebbero meno le sovrastrutture che il patriarcato ha costruito intorno alla sessualità (sovrastrutture funzionali all’esercizio del potere) e si consentirebbe l’espressione di una società liberata sessualmente in cui non c’è spazio per la prostituzione perché il sesso, non più tabù, discrimine tra il buono e il cattivo, non potrebbe più fare da merce nel mercato. Non ci sarebbe più offerta se le donne (o gli uomini o i queer) assumessero in pieno il loro essere uniche e irripetibili, autrici della propria storia. E non ci sarebbe più richiesta se ci fosse una società davvero aperta, plurale, rispettosa delle differenze e dell’esigenze di ognuna/o, una società libera in cui sia davvero possibile scegliere. Ovviamente semplifico un discorso ben più complesso ma su cui, credo, siamo tutte d’accordo. Fatta questa premessa la prima questione che si pone è: come si può asserire che una donna, inserita in un contesto sociale in cui ancora oggi vale in quanto corpo da possedere, scelga liberamente di fare la prostituta? Secondo le nostre premesse teoriche questa donna non è messa in condizione di scegliere. Apparentemente sceglie di disporre liberamente del proprio corpo ma, chiediamoci, che ruolo giocano in questa scelta gli squilibri sociali, economici, politici che caratterizzano ad oggi le relazioni umane? È, in qualche modo, una riflessione analoga a quella che si impone parlando del velo islamico. Anche in questo caso di primo acchito verrebbe da dire che è una scelta libera e, d’altronde, sono molte le donne musulmane che portano il velo con convinzione, sinceramente convinte che sia una loro scelta. Che dire? Senza nulla togliere alla libertà di ognuna ci si può chiedere, però, quanto possa essere una scelta se vivi in un mondo che ti indica così rigidamente cos’è giusto e cosa è sbagliato da convincerti che è vero. E tanto vale per la prostituzione. Come può essere una scelta alienare te stessa per denaro, per successo, per potere, quando nessuno ti hai insegnato che il tuo corpo non è una parte di te ma è tutta te, che il tuo desiderio vale quanto quello dell’altr e la soddisfazione del tuo piacere gioca un ruolo così importante nella costruzione della tua identità che rinunciarvi per farsi uno strumento di piacere per il cliente non solo ti oggettiva e ti trasforma in merce da comprare o da rubare ma ti trasforma in cosa e annulla la tua umanità. D’altra parte, però, se non una scelta la prostituzione appare come un “esercizio di volontà”. A parte le donne costrette da protettori brutali quelle che decidono, senza imposizioni, per i motivi più vari, di “entrare nel giro” agiscono volontariamente e, soprattutto nel caso del velinismo, rivendicano con lucidità e fermezza la loro decisione. In questo senso si deve, perciò, tener conto della possibilità che ognuna stabilisca i confini della propria dignità e si autodetermini per il valore che autonomamente dà alle sue azioni. Cosa replicare a chi rivendica l’uso del proprio corpo come meglio crede? Che la sua illusione di essere la conduttrice del rapporto nasconde una realtà che la vede e la vuole vittima? Ma nella realtà questa stessa donna non decide autonomamente che il fine vale ogni mezzo e che è più conveniente una notte da puttana che un mese da commessa? Il denaro è un nodo centrale nella prostituzione, almeno in due modi diversi: 1) la circolazione di denaro nella relazione cliente/prostituta è indice dello squilibrio nel rapporto per cui chi paga compra una merce a suo uso e consumo e questa merce è una persona. Il rapporto mediato dal denaro mette in relazione un venditore e un acquirente che scambiano merce con soldi. Nella prostituzione non solo c’è l’evidente squilibrio che mette sullo stesso piano una persona e il denaro ma il rapporto appare complicato dal fatto che la stessa persona che, da un lato, contratta da pari la transazione, dall’altro si sottopone al cliente come merce. 2) Il valore della persona si annulla di fronte allo strapotere del denaro e vendere il proprio corpo diventa una “furbata” perché permette introiti considerevoli. Molte donne, è vero, si prostituiscono per disperazione ma tante, oggi soprattutto, usano la prostituzione come la chiave che apre tutte le porte. La mia sensazione è che stiamo assistendo ad una diversificazione del fenomeno prostituzione. Da un lato le donne, non necessariamente belle e non necessariamente giovani, che lo fanno come mestiere per vivere, per sostenere la famiglia, per mille motivi, e dall’altro delle giovani e bellissime donne che sfruttano (o credono) a loro vantaggio la perversione di uomini ricchi e potenti, usando esse per prime la loro giovinezza e la loro bellezza per entrare nelle stanze dei bottoni. Cosa c’è dietro alle une e cosa dietro alle altre? Da una parte probabilmente miseria, disperazione, necessità di arrivare a fine mese, di barcamenarsi in un mondo difficile. Dall’altra sete di successo, fame di potere, voglia di salire sul carro dei dominanti. Le due prospettive mostrano delle reali differenze? Gli spunti sono molti e la riflessione è aperta, mi fermo qui sperando di non aver intrecciato troppo il mio pensiero a quello di tutte e scusandomi per le tante cose che ho sicuramente tralasciato.

domenica 3 aprile 2011

PROSTITUZIONI - Cinema tra necessità, libertà e relazioni di genere




















I gruppi "Presenti,Differenti" e "Cinematografico.labo" presentano la rassegna cinematografica:

PROSTITUZIONI
Cinema tra necessità, libertà e relazioni di genere

5 APRILE h 21.30
"VIDEOCRACY"
( Erik Gandini, 2009, Svezia)
Aula Cinema - Facoltà di lettere e filosofia
via Roma, 47- Siena


19 APRILE h 17.30
"TERRA PROMESSA"
( Amos Gitai, 2004, Israele/Francia)
Aula Cinema - Facoltà di lettere e filosofia
via Roma, 47- Siena


10 MAGGIO h 21.30
"WORKING GIRLS"
( Lizzie Borden, 1986, Stati Uniti)
Associazione Corte dei Miracoli- Centro Culture Contemporanee
via Roma 56
a seguire rinfresco e musica

domenica 20 marzo 2011

Femminismo per tutti








La settimana dell’8 marzo è stata importante per il nostro gruppo perché abbiamo avuto conferma degli obbiettivi ai quali miravamo da tanto tempo.

Tutto è cominciato alla riunione in Provincia. Pina ha proposto al Comitato Organizzatore, come nostro programma, la proiezione del video di Elisa “ Se questa è una donna…”. La proposta è piaciuta tanto che il video di Elisa è rientrato nel programma della Provincia ed ha trovato collocazione in un luogo meraviglioso, l’Enoteca Nazionale.

Una volta che ci siamo tranquillizzate con il nostro primo passo verso l’8 marzo, abbiamo cominciato a pensare al secondo obiettivo del gruppo: organizzare una mostra fotografica che rispecchiasse al meglio il ruolo in cui le donne in questi ultimi tempi sono state identificate; ruolo poco edificante che ha dato alle stesse donne la forza per riprendere la lotta con un slogan tutto tondo “ Adesso basta”.

Il primo passo è stato la scelta del luogo e alle ragazze piaceva soprattutto il Cortile del Podestà, che è il cuore della città. Andando avanti e indietro per più di un mese e mezzo per organizzarla e correndo dietro alle griglie, che a momenti c’erano e non c’erano, siamo riuscite a mettere su la mostra per giovedì 10 marzo.

Entrambi gli eventi, a mio parere, sono stati un successo. Sia per la collaborazione all’interno del gruppo, in questi giorni molto unito, sia per le tematiche affrontate, molto attuali, quali la mercificazione del corpo delle donne e non solo…

Ciò che mi ha colpito durante entrambi gli eventi è stata la partecipazione degli uomini e la loro voglia di mettersi in discussione, non tanto per confermare che le donne sono le vittime storiche ma quanto per interrogare loro stessi, in modo direi “impacciato”, sul proprio ruolo all’interno di una società che anche sul maschio ha costruito un cliché immorale.

E come direbbe Pina serve “Il maschile plurale” per aiutare l’altra metà del cielo a trovare una nuova strada e una nuova identità per poter definirsi.

Ed io, anche dopo aver osservato tutto ciò, ribadisco la necessità di un confronto tra entrambi i sessi per trovare una strada comune per costruire una società in cui le forze non sono più prestabilite ma ricostruite strada facendo.

Vorrei chiudere il report riportando un estratto dell’intervista di Luisa Muraro a La Repubblica del 4 marzo, in occasione dell’uscita del suo ultimo libro ‘ Non è da tutti. L’indicibile fortuna di nascere donna’, 2011:

“ (…) C’è un enorme avanzamento delle donne, (…) Pensi, all’autonomia personale, alla capacità delle donne di muoversi da sole per i loro progetti. Pensi alla non dipendenza dagli uomini rispetto ai loro destini (…) Una condizione molto faticosa ma anche bella. Nella nostra civiltà che non è contemplativa l’intensità delle cose da fare, la rapidità del movimento, la molteplicità delle ispirazioni non è sogno di felicità, ma ricchezza. Sono d’accordo che debbono essere nuove soluzioni. Dalle donne viene richiesta una tensione estrema però è anche ammirevole. (…) Ho sentito uomini dell’industria e della cultura elogiare la loro bravura (…)”.
E io aggiungerei che le donne vere non sono a “pezzi anatomici” come si dimostra nei messaggi pubblicitari. Bisogna insistere nel saper dire “ Adesso Basta”; la manifestazione del 13 febbraio e gli eventi della settimana dell’ 8 marzo ne sono state la conferma.

giovedì 10 marzo 2011

MOSTRA FOTOGRAFICA "DOLLS"


DOLLS

"Saprò vivere sola e fissare negli occhi ogni volto che passa e restare la stessa." C.Pavese

"Rita sovrappone in questa serie di fotografie due immagini stereotipe del femminile: il gioco con le bambole in età infantile e la donna-manichino in età adulta. Nonostante si tratti di due stereotipi legati entrambi a una visione tradizionale del femminile, in queste foto la loro combinazione dà luogo a una “reazione chimica” di carattere sovversivo a causa dell'ambiguità delle associazioni che si scatenano.

Da una parte la bambola come oggetto inanimato è paragonata alla modella come oggetto dello sguardo. Dall'altra la bambola come supporto di emozioni infantili, ingenuità, tenerezza, leggerezza, rifugio, che rimanda alla modella come a una donna, che fu bambina e che ora è, in quanto persona dotata di emozioni, qualcosa di inspiegabile, di nascosto e sconosciuto. La modella in un certo senso è sia la bambola (il corpo oggettificato), sia la bambina che gioca con la bambola (il soggetto). O meglio, la ex-bambina che però non trova un corrispettivo adulto per esprimere il proprio mondo emotivo e diventa lei stessa bambola priva di vita.

Con le sue foto Rita ci svela la tragedia della donna dietro al manichino della foto di moda, il soggetto femminile ricco di emozioni e desideri che rimane occultato dietro le quinte e rimosso nello spettacolo di fiction messo in atto dal sistema di produzione commerciale."


Rossella Bargiacchi-Kort, Esperta di arti visive, Tilburg (NL)
info@rossellab.eu


La mostra è a cura di Rita Pilia, Gruppo Presenti,differenti.

Cortile del Podestà, Piazza del Campo, Siena.
Dal 10 al 17 Marzo 2011

martedì 1 marzo 2011

8 marzo 2011








"In un mondo sordo continuiamo a farci sentire"

9 marzo, ore 17:30 - Siena
Enoteca Nazionale
"Se questo è una donna. Il corpo femminile nei messaggi pubblicitari"

di E. Giomi e D. Pitti

10-17 marzo , Siena
Palazzo Pubblico, Cortile del Podestà
Mostra Fotografica "Dolls"

di Rita Pilia
a cura di 'Presenti, Differenti'

martedì 15 febbraio 2011

Quelle come me



...è come una goccia d’acqua nel deserto ciondolante.
Quelle come me sono capaci di grandi amori e grandi collere, grandi litigi e grandi pianti grandi perdoni.
Quelle come me non tradiscono mai, quelle come me hanno valori che sono incastrati nella testa come se fossero pezzi di un puzzle, dove ogni singolo pezzo ha il suo incastro e lì deve andare.
Niente per loro è sottotono, niente è superficiale o scontato, non le amiche, non i figli, non la famiglia, non gli amori che hanno voluto, che hanno cercato, e difeso e sopportato.
Quelle come me regalano sogni, anche a costo di rimanerne prive...
Quelle come me donano l'anima, perchè un'anima da sola, è come una goccia d’acqua nel deserto.
Quelle come me regalano sogni, anche a costo di rimanerne prive.
Quelle come me donano l'anima, perchè un'anima, da sola,
è come una goccia d'acqua nel deserto ciondolante.
Quelle come me sono capaci di grandi amori e grandi collere,
grandi litigi, grandi pianti e grandi perdoni.

Alda Merini

Domenica 13 febbraio 2011 "quelle come me" c'erano tante...

giovedì 3 febbraio 2011

Non mi pento di niente

Dalla donna che sono
mi succede a volte di osservare
nelle altre donne che potevo essere;
donne garbate
esempio di virtù
laboriose brave mogli,
come mia madre avrebbe voluto.

Non so perché
tutta la vita ho trascorso a ribellarmi
a loro.

Odio le loro minacce sul mio corpo
la colpa che le loro vite impeccabili,
per strano maleficio
mi ispirano;
mi ribello contro le loro buone azioni,
contro i pianti notturni sotto il cuscino
di nascosto dal marito
contro la loro vergogna della nudità sotto
la biancheria intima
stirata e inamidata.

Queste donne, tuttavia,
mi guardano dal fondo dei loro specchi;
alzano un dito accusatore
e, a volte, cedo al loro sguardo di biasimo
e vorrei guadagnarmi il consenso universale,
essere la “brava bambina”, “la donna perbene”
la gioconda irreprensibile,
prendere dieci in condotta
dal partito, dallo Stato, dagli amici,
dalla famiglia, dai figli e da tutti gli altri esseri
che popolano abbondantemente questo mondo.

In questa contraddizione inevitabile
tra quel che doveva essere e quel che è,
ho combattuto numerose battaglie mortali,
battaglie inutili, loro contro di me
- loro contro di me che sono me stessa –.

Con la “psiche dolorante”, scarmigliata,
trasgredendo progetti ancestrali
lacero le donne che vivono in me
che, fin dall’infanzia, mi guardano torvo
perché non rientro nello stampo perfetto
dei loro sogni
perché oso essere quella folle, inattendibile,
tenera e vulnerabile,
che si innamora come una triste puttana
di cause giuste, di uomini belli e di parole giocose

perché, da adulta, ho osato vivere l’infanzia proibita
e ho fatto l’amore sulle scrivanie nelle ore d’ufficio
e ho rotto vincoli inviolabili e ho osato godere
del corpo sano e sinuoso di cui i geni
di tutti i miei avi mi hanno dotata.

Non incolpo nessuno. Anzi, li ringrazio dei doni.

Non mi pento di niente, come disse Edith Piaf.

Ma nei pozzi oscuri in cui sprofondo;
al mattino, appena apro gli occhi
sento le lacrime che premono,
nonostante la felicità
che ho finalmente conquistato
rompendo cappe e strati di roccia terziaria e quaternaria,
vedo le altre donne che sono in me, sedute nel vestibolo
che mi guardano con occhi dolenti
e brandiscono condanne contro la mia felicità.
Imperterrite brave bambine
mi circondano e danzano musiche infantili
contro di me;
contro questa donna
fatta
piena
la donna dal seno sodo
e i fianchi larghi
che, per mia madre e contro di lei,
mi piace essere.

Gioconda Belli ( da “L’occhio della donna”)
-