domenica 29 novembre 2009

Report 25 novembre... il punto della situazione

Abbiamo raccolto tutti i termini che per il glossario abbiamo ricavato dalla presentazione degli oggetti e dalle letture dei report sulla presentazione degli oggetti di Mandana, Lola, Sonia e Adelaide. Sono tanti e dovremo poi riaggruparli e dargli un po' di sistematicitá, ma per il momento sono questi:

- Metodi anticoncezionali (anche come soddisfazione di desideri maschili)
- Emancipazione sessuale
- Aborto
- Riappropriazione e autodeterminazione del corpo femminile
- Mente/corpo
- Fertilità
- Maternità
- Malattia
- Corpo/centri di potere (medicina, mass media....)
- Sesso e sessualità
- Paura
- Incarnazione (come contrario di neutro e di dissociazione)
- Sacralitá del corpo
- Patriarcato/post patriarcato
- Relazione (reciprocitá/gratuitá)
- Identità
- Autenticità
- Senso di colpa
- Rapporto con la madre
- Rapporto con il padre
- Differenza/Uguaglianza


Como vedete sono tutti, forse troppi, ma sono quelli che hanno risuonato in ognuna di noi. Poi ci sará un lavoro di organizzazione e articolazione.



ODG per Mercoledì, 2 dicembre
Mariagrazia presenta il suo oggetto: una poesia di Pasolini sulla madre.


Buona domenica a tutte

mercoledì 25 novembre 2009

Oggetto Adelaide 11 novembre 2009

Presenti: Monica, Pina, Mandana, Lola, Teresa, Nora, una ragazza nuova di cui non so il nome :(

Adelaide dice di aver avuto una certa difficoltà a scegliere l’oggetto finché si è concentrata su ipotesi di tipo ‘filosofeggiante’. Poi ha deciso di presentarci qualcosa che la riguardasse profondamente - un’esperienza, un nodo - e, prima di parlarne, ci dice che comunque la sua narrazione non sarà fluida poiché ha difficoltà di ‘messa a fuoco’: si tratta infatti di far diventare parola un percorso in fieri, non chiuso, in gran parte ancora sommerso, comunque in corso di svolgimento, in fase di comprensione. Ha ritrovato una risonanza nella narrazione di Alessia Frontalini (‘Cera di cupra’) che, a sua volta, parte dalla famosa frase di Simone De Beauvoir «Donna non si nasce, si diventa» [chiederei ad Adelaide di copiare la citazione della Frontalini che ha letto, se le va].

Adelaide ci dice che il 75% delle donne, secondo l’indagine di Beauvoir, avrebbe voluto essere maschio perché per i maschi è molto più facile stare al mondo. Questa, ci spiega, è sempre stata anche la sua convinzione. Punto di partenza della riflessione è stata una recente conversazione in cui la mamma le ha detto che, quando era incinta di lei, il medico aveva previsto un maschietto. Adelaide dice che la convinzione dei genitori di aspettare un maschio (cosa peraltro appresa solo da pochissimo) ha orientato i loro comportamenti nei suoi confronti e lei è arrivata a disprezzare l’esser donna desiderando di essere un uomo. Pertanto, si è adeguata ad uno standard maschile assumendo comportamenti da uomo fra cui, in particolare, e mi sembra torni spesso su questo punto, l’aggressività: lei, come donna, si è ‘messa in disparte’. C’è nel suo racconto, così mi pare, l’equazione mascolinità=aggressività.

Legge una sua riflessione [che le chiederei di postare].

Adelaide individua alcuni punti:
- disconoscimento del proprio corpo;
- società patriarcale= la donna si sente inadeguata rispetto all’uomo;
- biografia: in casa il padre si è sempre rivolto a lei come se fosse un maschio, anche se da quando è diventata adulta lo fa meno. Le chiediamo cosa vuol dire che il padre si rivolge a lei come se fosse un maschio e lei risponde che parla con lei di politica, calcio, caccia... Adelaide dice che fin da piccola ha cercato di adeguarsi al contesto e alle sue contraddizioni, che si giocavano sul suo corpo: portava infatti capelli da maschiaccio, andava a pesca col padre e indossava vestiti da femmina (la mamma e la nonna infatti l’hanno sempre ‘vista’ femmina).

Nora: il fatto di avere una chiave di lettura del mondo ‘doppia’ è una fortuna! Adelaide risponde che sì, lo sarebbe perché può essere una ricchezza ma, visto che gli altri e le altre (e parla soprattutto di coetanei/e) non l’avevano, non la capivano, questo fatto la faceva, la fa ancora, soffrire.

Pina: rovescia la questione dell’ecografia: che sarebbe successo se fosse stato il contrario? Non avrei sofferto come ho sofferto, dice Adelaide...

Adelaide dice di aver avuto una doppia identità per tanto tempo che l’ha fatta soffrire molto: fuori un corpo di donna, dentro pensieri da maschio.

La mamma l’ha accettata perché era femmina; il papà riusciva ad avere un rapporto solo quando si rivolgeva a lei come a un maschio. Ha subito lo stereotipo dominante del padre che l’ha autorizzata a comportamenti¨come l’aggressività, il calcio, la caccia ecc. (mi viene in mente mentre scrivo che è come se fosse mancato il passaggio, e lo stesse facendo ora, dalla neutralità di ‘essere persona’ alla sessuazione).

Teresa: dice che ha avuto un’esperienza simile ma senza sofferenza per cui lei ha desiderato di essere un maschio e suo padre si è rassegnato. Riflessione: la cose che ci piace fare/ci impongono di fare contribuiscono a costrure la nostra identità.
Teresa bambina giocava con le coetanee al ruolo di quella che non si era sposata, lavorava ed era indipendente. Oggi le sono rimaste molte di queste cose. La sua, dice, è stata una scelta: quella di muoversi nell’altra ‘metà’ del mondo.

Adelaide: tentativo di mettere insieme le due identità, maschile e femminile.

Nora: il padre di Adelaide voleva trasmettere quel che per lui era importante e lei, la figlia, ha confrontato tale modello con quello sociale e lì è nato il ‘casino’.

Pina parla per Adelaide di possibile senso di colpa: lei si sentiva in colpa di non essere un maschio.

Teresa: necessità, invito ad armonizzare la parte maschile e femminile di cui parla Adelaide. E aggiunge, per sè, che il giorno più brutto della sua vita è stato quello in cui ha avuto le prime mestruazioni: pianti, vergogna...

Lola: rivedere il rapporto col padre e con la madre.

Adelaide: mestruazioni: furono il segnale che le fece capire che era una donna.

La conversazione si sposta sul rapporto di identificazione col padre che ha il potere: sembra che l’unico modello che le consentisse di sentirsi accettata fosse identificarsi col padre. La madre infatti si metteva in disparte, ‘assente’ come la nonna, e con nessuna delle due ha mai avuto un legame di confronto esplicito.

Si tirano un po’ di somme attorno ai nodi:
- prenderci il potere che ci viene dato dal padre;
- prenderci la responsabilità di correre il rischio di ‘avere le palle’ (discutiamo molto sull’opportunità di questa locuzione, che a me e ad Adelaide piace mentre alle altre no o piace poco);
- necessità, per Adelaide, di un percorso di posizionamento su sé che le consente di entrare in relazione con persone che accettano la sua differenza, la sua ‘mascolinità’ come ricchezza di un modello che le è stato fornito fin da piccola e che può essere entrato in conflitto con quello femminile (penso mentre scrivo a questa mamma e alla nonna sullo sfondo e le faccio risuonare con lei, che si dice aggressiva, e che giudica l’aggressività negativamente, come cifra mschile, in qualche modo da tener distante da sé... immagini, e ve le butto lì);
- armonizzazione: diventa un percorso di recupero di aentrambe le parti;

Adelaide dichiara la difficoltà a condividere questo percorso con altre e altri, cosa che comunque oggi nel gruppo è riuscita a fare: è la pratica di relazione la forza di Presenti, differenti.

Ci chiediamo: alla sua età è a un punto cui noi quarantenni non eravamo: cosa è ‘passato’?

Pina: la pratica delle relazioni ha origini femminili e diventa discorso politico. È nel ‘500 che si crea la pratica del distinguere, e la successiva cultura dell’oggettivazione [Pina, ti va di approfondire?].

Rivalità fra donne: strumento prezioso del patriarcato (credo fosse Teresa o Lola).

Le relazioni fra uomini sono ‘a pagamento’, quelle fra donne sono costruite sulla gratuità e sulla reciprocità dello scambio (Pina e Teresa, se non ricordo male).

Questi i miei appunti di quando non intervenivo... imprecisi giacché ho saltato molti passaggi essendo appunto impegnata a viverli col gruppo: chiedo venia ma, soprattutto, la disponibilità di chi c'era a integrare correggere perché nodi ne sono venuti fuori tanti, e densi, e c'è un sacco di roba per il glossario ma, soprattutto, per nutrirci noi. Grazie Adelaide :)

domenica 22 novembre 2009

Report 18 novembre 2009 ...fondazione!!!

Questo mercoledi abbiamo finalmente fatto quella che con un po’ di ironia ho chiamato la “rifondazione” del gruppo: un bilancio delle attività dell’anno scorso per ripartire quest’anno con chiarezza ed energia.
Dalla prima idea di porci le stesse domande che un anno fa hanno posto le fondamenta del nostro gruppo: perché mi va di prendere parte a questo seminario – che cosa mi aspetto- che contributo penso di poter dare, la discussione si è svolta con maggiore libertà e senza troppe ingessature.
Mandana ha espresso la sua esigenza di passare all’azione, in una direzione verso l’esterno che porti nel contempo stimoli alla discussione teorica.
Adelaide ha immediatamente riportato la sua visione del gruppo in una dimensione più interna: l’impegno per l’organizzazione della Staffetta ha portato via molto tempo (prezioso?) ai progetti su cui il gruppo stava lavorando: il glossario e il questionario. Quest’ultimo si è addirittura bloccato. Qualsiasi tipo di ‘altre’ attività deve portarci via meno tempo.
Teresa esprime il bisogno di far chiarezza su che cosa ci aspettiamo dal gruppo, su quali siano i nostri obiettivi. Il tempo del mercoledì è lo spazio per riflettere tra noi, per riflettere in ultima analisi sul glossario.
Per Lola non esiste antitesi tra pratica del dentro/fuori. La necessità è quella di selezionare le attività più funzionali alla formazione del glossario.
‘Trovare un equilibrio’ sono le parole di Sonia. Il lavoro per la Staffetta ha strappato troppo spazio alla riflessione teorica, di cui ha sentito la mancanza: i saperi di ognuna di noi sono tanti, ma è come se non riuscissero ad esprimersi con libertà e pienezza di energia. Avverte il contrasto tra la necessità di selezionare gli stimoli perché la riflessione sia più organizzata e il timore che l’imposizione di un fare più ordinato riduca la spontaneità e la libertà del dire: “ho proprio voglia di venire qua e discutere!”.
“Sono venuta qui per potere avere la parola nel mondo. Da quando sono qui sento che ho più parola fuori. Voglio costruirmi come soggetto differente attraverso voi”: per Lola stare nel gruppo ed ‘essere’ del gruppo è ricerca e scambio di identità e di competenze.
La tensione fra diadi come dentro/fuori, dovere/volere rotola tra parole che si fanno sempre più appassionate e scomposte: Mandana che al gruppo chiede la conoscenza del mondo occidentale chiede anche più disciplina… se iniziamo un discorso dobbiamo portarlo a termine… “Metodo!”rimanda Teresa, “quanto ci sentiamo realmente gruppo? A quel punto ci si avvia…”
Il grembo quieto e saggio di Michela accoglie la matassa, e la dipana… ‘Pazienza’ occorre alle tumultuanti noi tutte e la semplicità disarmante del ‘fare una cosa per volta’ placa gli animi stra-lunati.
Ed ecco il programma per quest’anno: ci diamo un tempo (gennaio) per finire l’attività di presentazione/riflessione degli oggetti per il glossario, dopodiché riprendiamo in mano il lavoro per il questionario, troppo prezioso perché vada perduto. A quel punto individueremo una parola chiave ricorrente, più risuonante, per farne il perno il più possibile fermo delle nostre riflessioni di quest’anno.

E a proposito di programmi, ecco i compitini per mercoledi prossimo:
- rifiniamo le riflessioni sull’oggetto di Adelaide, su cui Monica dovrebbe fare il report;
- ognuna di noi riorganizzi il materiale sparso dei termini individuati fino ad ora sui vari oggetti, in modo da fare il punto della situazione.

A mercoledi prossimo, 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, in aula alle 14.00, e in sala cinema alle 17.00 per la proiezione del Canto di Paloma!!!
…a proposito di canti e di palommelle... lunedi scorso è nata la piccola Olga... un bacio a Valentina!
Pina

lunedì 9 novembre 2009

Report del 4 Novembre

Prima di dedicarci alle riflessioni sull'oggetto della settimana, il film di Ettore Scola, "Una giornata particolare", abbiamo parlato degli innumerevoli eventi previsti per questo denso mese di novembre:
- 14 Novembre: mostra dell'archivio storico dell'UDI
- 18 Novembre: la prof. Balestra organizza un incontro sulla questione di genere. Elisa farà un intervento sul documentario "Il corpo delle donne". Per chi non lo avesse ancora visto, questo è il link: http://www.ilcorpodelledonne.net/.
- 25 Novembre: il gruppo deve ancora definire nello specifico i termini della proiezione del film "Una giornata particolare"; l'idea era di coinvolgere anche il movimento pansessuale di Siena.
-28 Novembre: manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne a Roma .
-Elisa ha parlato poi di tutta una serie di iniziative che si svolgeranno a Roma, sempre in questo periodo, come ad esempio la notte rosa; purtroppo non mi sono appuntata le date, magari la prossima volta Elisa ci fa un riassunto veloce.
Abbiamo parlato ancora dell'idea, lanciata da Pina, ma condivisa con entusiasmo dalle presenti agli ultimi incontri, di ospitare a Siena (o presso la Facoltà di Lettere oppure nell'atrio del Comune), la mostra fotografica "Ma-donne" di Roberta Torre (la regista di "Tano da morire"), esposta fino a qualche tempo fa a Palermo. Gli scatti che abbiamo visto sono davvero originali e rileggono con ironia alcuni degli stereotipi più comuni; questo è un link con alcune foto: http://trovacinema.repubblica.it/multimedia/copertina/colorate-e-barocche-le-ma-donne-di-roberta-torre/5321604.
L'idea è quella di capire innanzitutto se Roberta Torre sia eventualmente disponibile a organizzare a Siena la mostra; poi dovremmo ancora una volta affrontare la questione "soldi"; chi può finanziare l'evento? L'Università certamente no, ma forse il Comune può essere interessato. La mostra sarebbe il punto di partenza per strutturare una riflessione più articolata, che coinvolga Michela, per quanto riguarda la dimensione filosofica del concetto di Madonne, ma anche l'associazione Marco Dinoi, per ragionare sull'estetica dell'immagine e quindi sulla sua costruzione. Il progetto è ambizioso; nonostante il nostro entusiasmo, la paura è quella di imbarcarci nuovamente in un'avventura faticosa (un po' come è stato per la staffetta), non solo per l'aspetto puramente organizzativo, ma anche per la ricerca di finanziamenti. La questione sarà comunque affrontata nei prossimi incontri; nel frattempo Pina sta cercando di contattare Roberta Torre.
Ma veniamo al glossario; una riflessione postata da Teresa sul film ha innescato una discussione molto importante sul concetto di relazione, che ha riaperto alcuni nodi, che non sono ancora stati del tutto interiorizzati. Ma facciamo un passo indietro; nel film si sviluppa una relazione particolare tra due persone appartenenti a mondi diversi: da un lato Antonietta, casalinga devota alla famiglia e al duce, passiva, assolutamente integrata nel ruolo che la società maschilista del tempo le ha sapientemente ritagliato addosso, e Gabriele, radiocronista omosessuale, epurato dal regime, proprio per il suo orientamento sessuale. I due si incontrano un po' per caso, si conoscono, cominciano a condividere qualcosa di profondo, che cresce durante tutto il film, per poi scoppiare alla fine.
Teresa riflette dunque sulle modalità di relazione che le donne riescono a costruire, con fatica, ma anche con coraggio, come accade ad Antonietta. Una donna che, cresciuta in un contesto politico e culturale votato al conformismo, accetta l'incontro/scontro con l'altro, per mettere in discussione se stessa e quindi la propria storia personale. L'oggetto è dunque la relazione che supera la dimensione puramente conoscitiva, per diventare pratica politica, generatirice di effetti direttamente incidenti nella società.
A questo punto è Lola ad interrogarsi sulla "qualità" delle relazioni interne al nostro gruppo. Tema che ci riporta ad affrontare il rapporto dovere/potere. Che tipo di relazione costruiamo nel gruppo? Quali sono i presupposti relazionali fondamentali, affinchè il gruppo tenga?
Lola ha riscontrato la difficoltà personale di esprimere apertamente alcune questioni, avvertite come problematiche, per non compromettere l'equilibrio del gruppo, caratterizzato da una certa fragilità nei rapporti. Lola usa la parola pudore, per indicare questa inacapacità di costruire un confronto/scontro reale, anche per la presenza di molti "non detti". Questa debolezza nei rapporti finisce per tradursi in una mancanza di partecipazione concreta e di condivisione del gruppo alle iniziative che vengono organizzate.
Pina prende la parola e descrive il proprio rapporto con il gruppo: "Mi sono affidata al gruppo sentendolo come spazio vivo di discussione e di libertà". Pina mette in luce l'importanza del riconoscimento ricevuto dal gruppo e del suo sentirsi libera di esprimere ciò che è, senza il bisogno di ricorerre a delle maschere.
Il tema della libertà ci porta a riflettere sul concetto di partecipazione; Elisa descrive il gruppo come una sorta di "aria di ristoro", di benessere, una zona di rielaborazione dell'esperienza privata e pubblica che la aiuta anche ad uscire dalle dinamiche di potere che si sviluppano nella sfera lavorativa.
In questo contesto c'è la difficoltà di ognuna delle presenti di delineare con chiarezza le zone di azione esercitate rispettivamente dal potere (cioè ciò che ognuna di noi può fare in relazione al proprio tempo, ai propri impegni, alle proprie aspettative...) e dal dovere (dimensione che riguarda l'impegno concreto, la capacità dei singoli di "prendersi sul serio", la volontà di sostenere le iniziative del gruppo).

sabato 7 novembre 2009

A proposito di violenza...

Andai solo una volta alle riunioni del gruppo di appoggio per donne maltrattate (…)
Le storie che ascoltai erano spaventosamente simili alla mia. Uomini che bevevano molto, che negavano categoricamente le loro aggressioni utilizzando ogni trucco per smontare l’evidenza e far sì che la loro compagna finisse per pensare di essere lei la pazza; uomini che attribuivano alle compagne la responsabilità della loro condotta; uomini che non ascoltavano mai, che non rendevano conto di niente, non rispondevano alle domande, manipolavano le parole della partner e le usavano contro di lei, sbattendogliele in faccia nelle discussioni come boomerang; uomini che non esprimevano i loro sentimenti e non rispettavano quelli degli altri; uomini che non offrivano mai appoggio in momenti di crisi; uomini che nei conflitti ricorrevano a frasi offensive, a insulti, allo scherno o all’umiliazione; uomini con cui qualsiasi scambio di opinione degenerava in una lite furibonda perché non permettevano a nessuno di contraddirli; uomini che insistevano nel considerare sempre la compagna una squilibrata, una stupida o un’incapace, per poi ribaltare la cosa quando lei stava per lasciarli, momento in cui sembravano dimenticare tutta la loro disistima; uomini che un giorno guardavano le loro donne con disprezzo e le incolpavano di tutti i loro guai e il giorno dopo le consideravano la loro unica ragione di vita, e poi, daccapo, adorandole e detestandole in modo alterno, in un continuo saliscendi emotivo che le lasciava sconcertate e indifese, incapaci di reagire agli insulti e alle minacce; uomini sempre gelosi, che non davano mai spiegazioni delle proprie azioni, che in pubblico facevano le vittime spiegando che erano le loro donne a essere gelose, possessive, aggressive, isteriche; uomini il cui controllo era sempre giustificato dalle buone intenzioni, e donne che finivano sempre per giustificarli e assicuravano che, malgrado tutto, continuavano ad amarli. Proprio come me. Eppure io non ero mai stata maltrattata, nessuno mi aveva mai picchiata, non avevo mai subito violenza.

L. Extebarría, Una donna in bilico .