Ciao a tutte, dopo essermi confrontata con Mandana e Mariagrazia, che seguiremo la rassegna cinematografica per i prossimi quattro mercoledì dalle 18-20, vi volevamo chiedere un piacere. Se fosse possibile per i prossimi quattro mercoledì, in via eccezionale, spostare di un'ora l'incontro: dalle 15 alle 17, in modo tale da non lasciare troppo tempo tra la conclusione dell'incontro e l'inizio del film. Non sappiamo ancora se l'aula F sia disponibile oppure se dobbiamo cercare un'altra aula per questo mese. Prima di chiedere eventualmente l'aula, volevamo sapere se siete d'accordo con questo nuovo orario e magari anche nuovo spazio. Quello che non vorremmo è incidere sulla presentazione degli oggetti, perciò chiediamo soprattutto a Elisa se per lei puó andare bene questo "spostamento di tempi e di luoghi".
Buona serata e fatevi vive!
domenica 28 febbraio 2010
mercoledì 24 febbraio 2010
Ci sono ancora....
Salve a tutte!
In questi ultimi mesi purtroppo non ho potuto partecipare, come invece avrei voluto, ai nostri incontri. Continuo a seguire il vostro splendido lavoro e le varie iniziative a cui state lavorando attraverso il blog.
Per me questo è un momento un po' strano; la ricerca a cui sto lavorando mi impegna molto e sono felice di poter lavorare a qualcosa che mi piace davvero e mi da soddisfazione. Allo stesso tempo però (sarà l'ansia terribile post laurea), sto cercando di capire cosa fare dopo....così è partita pure la ricerca di un lavoro....ovviamente con tutte le preoccupazioni del caso.
A parte questo, volevo semplicemente dirvi che vi penso spesso, mi mancate molto....anche se non sono presente fisicamente, continuo a sostenervi!
Vi abbraccio forte
Sonia
sabato 20 febbraio 2010
REPORT 17 FEBBRAIO -RASSEGNA CINEMATOGRAFICA- E ODG
Mandana ci dice che il CPO vorrebbe organizzare insieme a noi una rassegna cinematografica per l’8 marzo. In realtà, era già da un po’ che pensavamo alla possibilità di organizzare un ciclo di proiezioni su Donne e libertà e crediamo che questa potrebbe essere l’occasione per dare sbocco alle nostre idee. Ci soffermiamo quindi sulla rassegna, anche perché i tempi sono stretti. La scelta del titolo risponde almeno a un paio di ragioni. La prima, è la richiesta di Mandana di rendere omaggio a donne che, come l’iraniana Neda, sono morte lottando per la libertà dei loro popoli. La seconda ragione è più generale e riguarda il bisogno di alcune di noi di guardare e mostrare le donne anche nella loro grandezza, bellezza… nella loro libertà. Abbiamo buttato giù almeno quindici titoli di film (Mariagrazia ha tutto l’elenco) e alla fine abbiamo scelto i quattro film che appaiono nella locandina che Mandana ha preparato per noi e che ora vi segnalo. “Il Giardino dei limoni” (3 marzo) vuole essere un omaggio a donne libere che fanno politica in certi scenari cruenti come lo è il conflitto tra palestinesi e israeliani. “Juno” (10 marzo) rappresenta la libertà femminile nella maternità . “Lezioni di piano” (17 marzo), declina la libertà nella sessualità e identità sessuale. E, infine, con il musical “Mamma mia!” (24 marzo), la scelta più controversa e discussa di tutte e quattro, si vuole dare spazio alla leggerezza della libertà vissuta attraverso la gioia della musica e della danza. Si pensava a un film corale. Collegata a quest’ultima scelta ci viene in mente una frase da mettere nella locandina che, come ha detto Pina, rimanda allo spirito con cui abbiamo voluto questa rassegna: “Se non si può ballare, questa non è la mia rivoluzione” (Emma Goldman). Tutto qui. Rinvio alla locandina per i dettagli della rassegna che spero piaccia a tutte (se qualcuna volesse fare qualche suggerimento, modifica o puntualizzazione sarebbe il caso di farlo il prima possibile visto che il ciclo parte tra dieci giorni!). Pina ha prenotato l’aula cinema della Facoltà di Lettere per i quattro mercoledì indicati su dalle 18-20 (non era possibile prima).
Abbiamo occupato quasi tutte le due ore a organizzare questa iniziativa. Nei pochi minuti restanti abbiamo ripreso l’oggetto di Veronica -Manifesto di Rivolta Femminile, di Carla Lonzi- e abbiamo cominciato a parlarne. To be continued…
ODG per mercoledì 24: Elisa presenta il suo oggetto o si prosegue la rilettura dell’oggetto di Veronica. Elisa, ce la fai per mercoledì prossimo?
Buona domenica a tutte.
Abbiamo occupato quasi tutte le due ore a organizzare questa iniziativa. Nei pochi minuti restanti abbiamo ripreso l’oggetto di Veronica -Manifesto di Rivolta Femminile, di Carla Lonzi- e abbiamo cominciato a parlarne. To be continued…
ODG per mercoledì 24: Elisa presenta il suo oggetto o si prosegue la rilettura dell’oggetto di Veronica. Elisa, ce la fai per mercoledì prossimo?
Buona domenica a tutte.
REPORT 17 FEBBRAIO -RASSEGNA CINEMATOGRAFICA- E ODG
Mandana ci dice che il CPO vorrebbe organizzare insieme a noi una rassegna cinematografica per l’8 marzo. In realtà, era già da un po’ che pensavamo alla possibilità di organizzare un ciclo di proiezioni su Donne e libertà e crediamo che questa potrebbe essere l’occasione per dare sbocco alle nostre idee. Ci soffermiamo quindi sulla rassegna, anche perché i tempi sono stretti. La scelta del titolo risponde almeno a un paio di ragioni. La prima, è la richiesta di Mandana di rendere omaggio a donne che, come l’iraniana Neda, sono morte lottando per la libertà dei loro popoli. La seconda ragione è più generale e riguarda il bisogno di alcune di noi di guardare e mostrare le donne anche nella loro grandezza, bellezza… nella loro libertà. Abbiamo buttato giù almeno quindici titoli di film (Mariagrazia ha tutto l’elenco) e alla fine abbiamo scelto i quattro film che appaiono nella locandina che Mandana ha preparato per noi e che ora vi segnalo. “Il Giardino dei limoni” (3 marzo) vuole essere un omaggio a donne libere che fanno politica in certi scenari cruenti come lo è il conflitto tra palestinesi e israeliani. “Juno” (10 marzo) rappresenta la libertà femminile nella maternità . “Lezioni di piano” (17 marzo), declina la libertà nella sessualità e identità sessuale. E, infine, con il musical “Mamma mia!” (24 marzo), la scelta più controversa e discussa di tutte e quattro, si vuole dare spazio alla leggerezza della libertà vissuta attraverso la gioia della musica e della danza. Si pensava a un film corale. Collegata a quest’ultima scelta ci viene in mente una frase da mettere nella locandina che, come ha detto Pina, rimanda allo spirito con cui abbiamo voluto questa rassegna: “Se non si può ballare, questa non è la mia rivoluzione” (Emma Goldman). Tutto qui. Rinvio alla locandina per i dettagli della rassegna che spero piaccia a tutte (se qualcuna volesse fare qualche suggerimento, modifica o puntualizzazione sarebbe il caso di farlo il prima possibile visto che il ciclo parte tra dieci giorni!). Pina ha prenotato l’aula cinema della Facoltà di Lettere per i quattro mercoledì indicati su dalle 18-20 (non era possibile prima).
Abbiamo occupato quasi tutte le due ore a organizzare questa iniziativa. Nei pochi minuti restanti abbiamo ripreso l’oggetto di Veronica -Manifesto di Rivolta Femminile, di Carla Lonzi- e abbiamo cominciato a parlarne. To be continued…
ODG per mercoledì 24 febbraio: Elisa presenta il suo oggetto o si prosegue la rilettura dell’oggetto di Veronica. Elisa, ce la fai per mercoledì prossimo?
Buona domenica a tutte.
locandina film 8 marzo.ppt
giovedì 18 febbraio 2010
My first post!
Care, con una certa emozione mi accingo a postare il primo commento all'interno del nostro blog. Purtroppo per impedimenti di svariata natura negli ultimi tempi mi trovo costretta a essere più assente che "presente". Tuttavia mi sembra che le tecnologie (se opportunamente sfruttate) ci possano consentire di portare avanti dei discorsi anche a distanza.
Ho letto tra i vari topic, di cui state discutendo, della possibilità di una collaborazione con il Movimento Pansessuale. Mi è capitato negli ultimi tempi di assistere a diverse attività che hanno organizzato e ho trovato i loro discorsi interessanti e adatti anche ai dibattiti che noi portiamo avanti. Entrambi i gruppi, a mio parere, nascono da una necessità e urgenza, di affermare la propria messa in situazione, attraverso il rapporto con l'altro. L'interpretazione della realtà da parte di ognuna di noi è fortemente condizionata dallo sguardo dell'altro che ci ri-guarda, dalla sua percezione di noi, che in un certo senso delimita il nostro essere. Il concetto stesso di autodeterminazione, penso, consista in un fragile equilibrio fra il mio essere percezione e percetto, che determina la mia messa al mondo.
Questo monologo interiore, solo per sottolineare l'importanza della relazione con l'altro, che è un discorso che riguarda noi quanto loro. Il concetto di alterità, e il confronto con ogni tipo di differenza, che sempre più spesso nel mondo di oggi genera paure e violenze, è secondo me, di fondamentale importanza per una risignificazione del simbolico basata sulla pratica della relazione, piuttosto che su gerarchie e giochi di potere.
Insomma penso potrebbe essere uno scambio interessante, per qualche occasione extra di associazione e dibattito (ovviamente senza togliere spazio ai nostri dibattiti del mercoledì :) ).
Una delle cose che proponevano era la possibilità di fare qualcosa insieme per l'otto marzo.. Che news ci sono in merito?
Insieme a questo post vi mando anche un bel video che ho trovato sul blog di femmismo a sud. A presto,
un abbraccio
f
martedì 16 febbraio 2010
Festival di Sanremo, al via lo spettacolo della realtà
Stasera inizia la 60° edizione del Festival di Sanremo, cruda e spietata testimonianza della nostra Italietta dei Boffo, dei Marrazo e dei Bertolaso... Cosa c'entra con questo blog? C'entra perché da una parte si grida allo scandalo per un cantante che ha ammesso di fare o di aver fatto uso di stupefacenti (sì, è un'operazione di marketing ma non è questo il punto) e dall'altra si accettano e si pubblicizzano "ospitate" come il patron di Playboy ultraottantenne con le conigliette al seguito e quest'anno (notizia appena sentita al Tg1) saremmo allietati dallo spogliarello in diretta di Dita Von Teese... Ciò che è accettato o non accettato sul piccolo schermo, secondo me, è ciò che è accettato o non accettato anche nella realtà; predomina la stessa visione maschilista e un tentativo di tenere la donna "al suo posto" al seguito di uomini potenti, mute, spettacolo fine a se stesso, da guardare più che da ascoltare oppure parlante ma solo se non disturba, se non è abbastanza provocante, la Clerici appunto, che non a caso ci viene proposta e riproposta, orma da qualche settimana, nel momento in cui inciampa o cade dalle scale. Dove sta il confine fra la realtà e lo spettacolo di questa realtà? Spegniamo pure la tv, lo spettacolo avrà inizio lo stesso.
ODG PER MERCOLEDÌ 17
Rilettura della pesentazione dell'oggetto di Veronica: "Manifesto di Rivolta Femminile", di Carla Lonzi del 1970.
Domani rileggiamo il report fatto da Mandana ma pubblicato da Monica il 25 maggio e che si trova, come ci ricordava Teresa, tra le "presentazioni oggetti per glossario" intitolato: Report (di Mandana) 20 maggio. Un dibatitto molto caldo.
In questo modo, domani sentiremo di nuovo la voce di Veronica insieme a noi. Ci manchi tanto!
A domani.
Rilettura della pesentazione dell'oggetto di Veronica: "Manifesto di Rivolta Femminile", di Carla Lonzi del 1970.
Domani rileggiamo il report fatto da Mandana ma pubblicato da Monica il 25 maggio e che si trova, come ci ricordava Teresa, tra le "presentazioni oggetti per glossario" intitolato: Report (di Mandana) 20 maggio. Un dibatitto molto caldo.
In questo modo, domani sentiremo di nuovo la voce di Veronica insieme a noi. Ci manchi tanto!
A domani.
sabato 13 febbraio 2010
sorry, non presento oggetto 17 febbraio
Care,
sono in black out telematico per via del cambio pc (sull'altro si era rovesciata della tisana...) e no ho ancora recuperato al rubrica, quindi ho chiesto a Pina di mandarvi una mail a mio nonme. CI hanno messo un cdf straordinario, a cui interverranno rettore e direttore amministrativo, per il 17 alle 15 e devo andare, anche per altre ragioni di cui vi dirò a voce. Non posso presentare l'oggetto, scalo al mercoledì successivo, che è il 24, ma con un piccolo margine di incertezza perché si tiene la due giorni di Università aperta alle superiori e io in quanto delegato all'orientamento e tutorato devo partecipare. Farò di tutto per liberarmi in quelle due ore, quindi mettetemi in programma per il 24. Mi dispiace ma oltre alla didattica, anche i miei impegni e incarichi istituzionali dentro l'università sono letteralmente raddoppiati dall'anno scorso, e non è facile conciliare tutto!
Baci baci
elisa
sono in black out telematico per via del cambio pc (sull'altro si era rovesciata della tisana...) e no ho ancora recuperato al rubrica, quindi ho chiesto a Pina di mandarvi una mail a mio nonme. CI hanno messo un cdf straordinario, a cui interverranno rettore e direttore amministrativo, per il 17 alle 15 e devo andare, anche per altre ragioni di cui vi dirò a voce. Non posso presentare l'oggetto, scalo al mercoledì successivo, che è il 24, ma con un piccolo margine di incertezza perché si tiene la due giorni di Università aperta alle superiori e io in quanto delegato all'orientamento e tutorato devo partecipare. Farò di tutto per liberarmi in quelle due ore, quindi mettetemi in programma per il 24. Mi dispiace ma oltre alla didattica, anche i miei impegni e incarichi istituzionali dentro l'università sono letteralmente raddoppiati dall'anno scorso, e non è facile conciliare tutto!
Baci baci
elisa
giovedì 11 febbraio 2010
L'Onu ci aiuti a difendere la libertà
SHIRIN EBADI
Gentile signora Pillay, sebbene io abbia più volte illustrato il deteriorarsi della situazione dei diritti umani in Iran, ritengo necessario attirare ancora una volta la sua attenzione sul tema, dato che lei il 15 febbraio esaminerà, nella sua funzione di rappresentante degli Stati membri dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti umani, il rapporto sulla Repubblica islamica dell’Iran.
I miei compatrioti hanno vissuto un periodo difficile. Le loro proteste pacifiche hanno avuto come risposta pallottole e prigioni. Fotografi e testimoni confermano la violenza del governo, in alcuni casi anche l’identità dei killer. Purtroppo però né la magistratura né i pubblici funzionari hanno mai fatto un passo per arrestare gli assassini o ridurre il livello di violenza.
Attivisti politici, civili e culturali sono stati arrestati sulla base di accuse senza fondamento. Alcuni di loro sono stati condannati a morte dopo processi sommari a porte chiuse. Due sono già stati giustiziati e altri 25 attendono la stessa sorte. I prigionieri politici sono così maltrattati che alcuni sono morti in carcere o sotto le torture, privi di quei diritti che la legge concede ai detenuti comuni e pericolosi. Quelli in condizioni molto gravi perché anziani o malati non ricevono cure e, vivendo in condizioni malsane, potrebbero morire da un momento all’altro. Ce ne sono almeno sessanta che avrebbero bisogno di un ricovero in ospedale.
L’Iran è diventato una gigantesca prigione per i giornalisti il cui unico crimine è quello di diffondere le informazioni. Attualmente in carcere ci sono 63 reporter e fotogiornalisti. Gli studenti alla minima critica vengono incarcerati o esclusi dall’istruzione. Le donne che chiedono la parità dei diritti sono accusate di cospirare per rovesciare la Repubblica islamica. Già più di cento sono state processate. Lavoratori e insegnanti sono stati accusati di sedizione perché erano iscritti ai sindacati e avevano protestato contro le paghe basse. Alcuni sono stati incarcerati, altri hanno perso il lavoro.
Non sono perseguitati solo i non-musulmani, come i seguaci della fede Baha’i, che non possono più studiare all’università. Nemmeno i seguaci della religione ufficiale, l’Islam sciita, sono stati immuni dalla repressione del governo. Un esempio sono i dervisci, che seguono la tradizione sufi dell’Islam. E adesso c’è un nuovo mezzo di pressione psicologica sugli attivisti politici e sociali: prendere in ostaggio uno dei loro parenti. E’ già stato fatto con otto famiglie.
Il risultato di tutto ciò è che quasi tutti gli attivisti noti o sono in carcere o sono costretti a nascondersi. In ogni caso, non possono andare all’estero. Pur in queste circostanze l’indifeso popolo iraniano continua a resistere e insistere nelle sue giuste richieste di democrazia e diritti umani, dimostrando la sua maturità politica attraverso proteste pacifiche.
Ora la mia domanda a lei, signora Pillay, è questa: per quanto tempo ancora pensate di poter costringere i giovani a restare calmi? La pazienza e la tolleranza degli iraniani, per quanto grande, non è infinita. Una replica degli eventi dei mesi scorsi, il perdurare delle politiche repressive e l’uccisione di gente inerme potrebbero portare a una catastrofe che minerebbe la pace e la sicurezza in Iran, se non in tutta la regione. Così io la esorto, ancora una volta, a usare tutti i mezzi possibili per convincere il governo della Repubblica Islamica dell’Iran a rispettare le risoluzioni adottate dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a permettere l’ingresso in Iran agli ispettori dei diritti umani, soprattutto a quelli che si occupano di arresti arbitrari, libertà di espressione, diritti delle donne e libertà di culto, e a collaborare con loro. La esorto anche a nominare un ispettore speciale per l’Iran, che tenga costantemente sotto controllo il comportamento del governo e, offrendo suggerimenti e consigli immediati, aiuti a mettere fine alla crisi politica e alla crescente repressione.
Onorevoli amici! Per favore, tenete a mente che siamo tutti responsabili davanti al tribunale della storia. Dio non voglia che ci dobbiamo vergognare davanti a una nazione inerme delle nostre complicità politiche.
Iraniana, avvocato, attivista per i diritti civili, Nobel per la pace 2003 ha scritto questa lettera aperta a Navanethem Pillay, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, resa pubblica dalla Cnn.
Carissime, Oggi 11 febbraio è il trentunesimo anniversario della rivoluzione "Islamica" in Iran e i miei connazionali che da mesi stanno lottando per i più elementari diritti umani sono stati uccisi o maltrattati. Tra loro sono state segnalate molte donne. Qui vi ho portatao la lettera di Shirin Ebadi all' Alto Commissario delle Nazioni Unite per ricordare che la libertà è un diritto di tutti e che richiesta dalle "donne" ha una valenza "differente".
Gentile signora Pillay, sebbene io abbia più volte illustrato il deteriorarsi della situazione dei diritti umani in Iran, ritengo necessario attirare ancora una volta la sua attenzione sul tema, dato che lei il 15 febbraio esaminerà, nella sua funzione di rappresentante degli Stati membri dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti umani, il rapporto sulla Repubblica islamica dell’Iran.
I miei compatrioti hanno vissuto un periodo difficile. Le loro proteste pacifiche hanno avuto come risposta pallottole e prigioni. Fotografi e testimoni confermano la violenza del governo, in alcuni casi anche l’identità dei killer. Purtroppo però né la magistratura né i pubblici funzionari hanno mai fatto un passo per arrestare gli assassini o ridurre il livello di violenza.
Attivisti politici, civili e culturali sono stati arrestati sulla base di accuse senza fondamento. Alcuni di loro sono stati condannati a morte dopo processi sommari a porte chiuse. Due sono già stati giustiziati e altri 25 attendono la stessa sorte. I prigionieri politici sono così maltrattati che alcuni sono morti in carcere o sotto le torture, privi di quei diritti che la legge concede ai detenuti comuni e pericolosi. Quelli in condizioni molto gravi perché anziani o malati non ricevono cure e, vivendo in condizioni malsane, potrebbero morire da un momento all’altro. Ce ne sono almeno sessanta che avrebbero bisogno di un ricovero in ospedale.
L’Iran è diventato una gigantesca prigione per i giornalisti il cui unico crimine è quello di diffondere le informazioni. Attualmente in carcere ci sono 63 reporter e fotogiornalisti. Gli studenti alla minima critica vengono incarcerati o esclusi dall’istruzione. Le donne che chiedono la parità dei diritti sono accusate di cospirare per rovesciare la Repubblica islamica. Già più di cento sono state processate. Lavoratori e insegnanti sono stati accusati di sedizione perché erano iscritti ai sindacati e avevano protestato contro le paghe basse. Alcuni sono stati incarcerati, altri hanno perso il lavoro.
Non sono perseguitati solo i non-musulmani, come i seguaci della fede Baha’i, che non possono più studiare all’università. Nemmeno i seguaci della religione ufficiale, l’Islam sciita, sono stati immuni dalla repressione del governo. Un esempio sono i dervisci, che seguono la tradizione sufi dell’Islam. E adesso c’è un nuovo mezzo di pressione psicologica sugli attivisti politici e sociali: prendere in ostaggio uno dei loro parenti. E’ già stato fatto con otto famiglie.
Il risultato di tutto ciò è che quasi tutti gli attivisti noti o sono in carcere o sono costretti a nascondersi. In ogni caso, non possono andare all’estero. Pur in queste circostanze l’indifeso popolo iraniano continua a resistere e insistere nelle sue giuste richieste di democrazia e diritti umani, dimostrando la sua maturità politica attraverso proteste pacifiche.
Ora la mia domanda a lei, signora Pillay, è questa: per quanto tempo ancora pensate di poter costringere i giovani a restare calmi? La pazienza e la tolleranza degli iraniani, per quanto grande, non è infinita. Una replica degli eventi dei mesi scorsi, il perdurare delle politiche repressive e l’uccisione di gente inerme potrebbero portare a una catastrofe che minerebbe la pace e la sicurezza in Iran, se non in tutta la regione. Così io la esorto, ancora una volta, a usare tutti i mezzi possibili per convincere il governo della Repubblica Islamica dell’Iran a rispettare le risoluzioni adottate dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a permettere l’ingresso in Iran agli ispettori dei diritti umani, soprattutto a quelli che si occupano di arresti arbitrari, libertà di espressione, diritti delle donne e libertà di culto, e a collaborare con loro. La esorto anche a nominare un ispettore speciale per l’Iran, che tenga costantemente sotto controllo il comportamento del governo e, offrendo suggerimenti e consigli immediati, aiuti a mettere fine alla crisi politica e alla crescente repressione.
Onorevoli amici! Per favore, tenete a mente che siamo tutti responsabili davanti al tribunale della storia. Dio non voglia che ci dobbiamo vergognare davanti a una nazione inerme delle nostre complicità politiche.
Iraniana, avvocato, attivista per i diritti civili, Nobel per la pace 2003 ha scritto questa lettera aperta a Navanethem Pillay, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, resa pubblica dalla Cnn.
Carissime, Oggi 11 febbraio è il trentunesimo anniversario della rivoluzione "Islamica" in Iran e i miei connazionali che da mesi stanno lottando per i più elementari diritti umani sono stati uccisi o maltrattati. Tra loro sono state segnalate molte donne. Qui vi ho portatao la lettera di Shirin Ebadi all' Alto Commissario delle Nazioni Unite per ricordare che la libertà è un diritto di tutti e che richiesta dalle "donne" ha una valenza "differente".
sabato 6 febbraio 2010
Oggetto Pina - report 3 febbraio '10
Pina, visibilmente emozionata, prende posto. Intorno a lei Mandana, Lola, Mari, Michela ed io.
Pina ha 20 anni quando l’incontro con una donna, Giulia Calvi, docente di Storia nella nostra università, provoca nella sua vita un “cortocircuito” che si innesta su una sua crisi personale che l’accompagnerà per circa dieci anni.
Secondo anno dell’università. Pina si iscrive a Storia per “motivi politici” e non ha particolare interesse per la storia moderna. Fino alla prima lezione della prof.ssa Calvi, che teneva un corso di Storia delle donne sulle Streghe. Il coinvolgimento fu tale che già in quella prima lezione Pina decide di laurearsi con lei, un coinvolgimento intellettuale ma anche affettivo, emotivo, fatto di
stima, riconoscenza e, alla fine, un po’ di amarezza.
Lo studio della storia delle donne, ci dice Pina, “ha fatto emergere il mio mondo infantile, fa emergere la mia genealogia femminile”. Pina cresce in una famiglia allargata composta (fatta eccezione per il padre) esclusivamente di donne: la mamma, una zia (figura centrale nella sua vita) che, rimasta vedova ha sempre rifiutato di risposarsi, una cugina e la nonna paterna che Pina definisce “un repertorio umano di canti contadini”. Pina non si spiega l’emersione del suo mondo femminile in correlazione ai suoi studi, la considera una regressione rispetto alla scelta “politica” di studiare storia. Pina racconta la fatica del lungo percorso che l’ha portata a capire il senso di quello che emergeva dal suo profondo. Riconosce subito la forza che le figure femminili della sua famiglia, coinvolte in scelte difficili, si trascinano dietro nell’emergere dal profondo oscuro in cui Pina, intanto, scivola. I suoi nervi cedono sotto il peso di una relazione sentimentale sbagliata, della delusione legata alla scoperta che l’università non era quella fabbrica di pensiero critico che si aspettava, e sotto il peso di un disagio “in emersione” nel rapporto con la madre.
Perché l’incontro con questa donna ha scatenato tutto questo? Perché attraverso lei e le sue lezioni, ci dice Pina, si è resa conto che il modello femminile che la storia le metteva davanti e nel quale si muoveva, non aveva nulla a che fare con la sua storia personale e familiare. La rigida suddivisione dei ruoli, la sopraffazione dell’uomo sulla donna, non trova corrispondenza nella storia della sua famiglia. Secondo la sua esperienza le donne sono forza, energia, entusiasmo (soprattutto la nonna). Grazie agli studi fatti con Giulia Calvi, Pina scopre (proprio guardando alla sua famiglia) la “sacralità della vita”, riassunta nella procreazione, in opposizione ai modelli culturali storicamente dominanti. Lo studio della Storia delle donne porta alla rottura degli schemi, “quando mi sono autorizzata”, ci dice Pina, “a significare il mio senso politico a partire dalla rottura degli schemi, mi si è aperta una nuova visione del mondo”.
Un momento topico in questa ricerca di identità è stata per Pina la lettura di “Una donna” di Sibilla Aleramo, di cui ci legge un piccolo ma significativo brano. Ne cito solo alcune frasi: “Perché nella maternità adoriamo il sacrificio? (…) Se una buona volta la fatale catena si spezzasse, e una madre non sopprimesse in sé la donna, e un figlio apprendesse dalla vita di lei un esempio di dignità?”.
La lettura di queste pagine accompagnano lo svelamento del sacrificio della madre e l’appiattimento dell’identità femminile e, quindi, del corpo, sulla funzione procreativa. Altra lettura importante nel percorso di Pina sono i saggi di Luisa Accati sul rapporto madre/figlia e sul ruolo della chiesa (secondo la storica il celibato ecclesiastico così come la verginità di Maria sono da legarsi ad una equivalenza tra separazione/lontananza dal corpo e il potere). Brevemente Pina ci parla della lettura della Accati secondo la quale la religione del Figlio, de-sacralizzando il corpo, mette in secondo piano l’identità femminile (che si trova ad essere subalterna al Figlio), e qui si può leggere la costruzione di un mondo, ci dice ancora Pina, “con tutto quel che ne consegue, legge sulla procreazione assistita, atteggiamento del papa rispetto agli stupri delle suore in Bosnia, …”
Dal racconto delle sue fonti intellettuali Pina passa, poi, al racconto del suo rapporto con la mamma, della difficoltà di comprenderne le scelte e di come, riconciliarsi con lei le abbia permesso di riconciliarsi con se stessa, dopo un decennio di dolore e silenzi. Il racconto della costruzione di questo rapporto ha suscitato le voci delle presenti che via via cominciano ad intervenire.
Lola si dice a disagio per una frase usata da Pina nel suo racconto: “le donne che vivono rispettando i ruoli ma sono felici”. Pina le risponde che non è tanto questione di felicità, è un andare avanti con dolore, con fatica, ma anche con forza, con amore per la vita, un amore luminoso, più forte di tutti.
Mari fa notare la forza che entra in gioco nella rottura dei ruoli, la forza di questa mamma che non corrisponde al modello.
Mandana prende la parola e racconta di sua mamma impoverita dal rapporto con un marito spesso assente, freddo, noncurante e a cui rimprovera di non aver avuto la forza di amare un altro uomo, sperando che questo amore avrebbe potuto farle amare meglio le sue figlie. Una mamma che si è negata l’amore e non ha saputo/potuto insegnarlo alle sue figlie.
Lola insiste che bisogna smettere di parlare di modelli. Dov’è finita, si chiede, la libertà femminile? Mari e Pina concordano che, tuttavia, è necessario confrontarsi con un modello, anche per poterlo rompere. Michela interviene con una domanda a Pina: “hai detto che dopo il chiarimento che avete avuto con tua mamma non può più esserci niente che non sia limpido, in che senso? Perché siete sullo stesso piano o ancora come madre/figlia?” Nel senso, risponde Pina, che “non può più agire su di me il ruolo materno”.
Mari: “si è spezzata una catena. Rispetto alla mamma ti senti in difetto per il sacrificio che lei ha fatto, solo quando sei a tua volta madre puoi davvero sentirti alla pari. Si riconosce la maternità ma non la femminilità”, e qui cita Paolo che chiama la donna “vas electionis” e consiglia la lettura di “Eunuchi nel regno dei cieli” di una teologa danese (sorry, non ho segnato il nome).
Il rapporto madre/figlia è il tema dei temi, fa notare Michela, che ritorna sul rapporto con la prof.ssa Calvi e su come colpisca il modo in cui questo intreccio tra lei e il materiale di studio si pongano come tramite per uno scoperchiamento delle tematiche. Pina riconosce la maternità intellettuale della Calvi ma ne lamenta una mancanza di continuità.
Mari: “il problema dei rapporti tra le donne passa per una codifica maschilista”. Pina suggerisce che forse è la sacralità della conoscenza che spinge verso il riferimento alla madre. Lola si chiede, allora, se si tratti di sacralità o di potere, e Pina risponde che si tratta di sacralità perché nell’ambiente universitario ha costruito relazioni che le hanno permesso di superare le gerarchie e il potere. La conversazione a questo punto si sposta sul diverso valore che il “legame scientifico” con una donna assume rispetto a quello con un uomo che è più difficile e non può vantare la sacralità della relazione che ha, invece, tra donne.
Intanto si è fatto tardi e con un po’ di fatica sciogliamo l’assemblea conservando l’emozione di questo pomeriggio e ringraziando Pina per averci donato un po’ di sé, e per averci, così, permesso di fare un po’ più di luce sulle nostre vite.
Pina ha 20 anni quando l’incontro con una donna, Giulia Calvi, docente di Storia nella nostra università, provoca nella sua vita un “cortocircuito” che si innesta su una sua crisi personale che l’accompagnerà per circa dieci anni.
Secondo anno dell’università. Pina si iscrive a Storia per “motivi politici” e non ha particolare interesse per la storia moderna. Fino alla prima lezione della prof.ssa Calvi, che teneva un corso di Storia delle donne sulle Streghe. Il coinvolgimento fu tale che già in quella prima lezione Pina decide di laurearsi con lei, un coinvolgimento intellettuale ma anche affettivo, emotivo, fatto di
stima, riconoscenza e, alla fine, un po’ di amarezza.
Lo studio della storia delle donne, ci dice Pina, “ha fatto emergere il mio mondo infantile, fa emergere la mia genealogia femminile”. Pina cresce in una famiglia allargata composta (fatta eccezione per il padre) esclusivamente di donne: la mamma, una zia (figura centrale nella sua vita) che, rimasta vedova ha sempre rifiutato di risposarsi, una cugina e la nonna paterna che Pina definisce “un repertorio umano di canti contadini”. Pina non si spiega l’emersione del suo mondo femminile in correlazione ai suoi studi, la considera una regressione rispetto alla scelta “politica” di studiare storia. Pina racconta la fatica del lungo percorso che l’ha portata a capire il senso di quello che emergeva dal suo profondo. Riconosce subito la forza che le figure femminili della sua famiglia, coinvolte in scelte difficili, si trascinano dietro nell’emergere dal profondo oscuro in cui Pina, intanto, scivola. I suoi nervi cedono sotto il peso di una relazione sentimentale sbagliata, della delusione legata alla scoperta che l’università non era quella fabbrica di pensiero critico che si aspettava, e sotto il peso di un disagio “in emersione” nel rapporto con la madre.
Perché l’incontro con questa donna ha scatenato tutto questo? Perché attraverso lei e le sue lezioni, ci dice Pina, si è resa conto che il modello femminile che la storia le metteva davanti e nel quale si muoveva, non aveva nulla a che fare con la sua storia personale e familiare. La rigida suddivisione dei ruoli, la sopraffazione dell’uomo sulla donna, non trova corrispondenza nella storia della sua famiglia. Secondo la sua esperienza le donne sono forza, energia, entusiasmo (soprattutto la nonna). Grazie agli studi fatti con Giulia Calvi, Pina scopre (proprio guardando alla sua famiglia) la “sacralità della vita”, riassunta nella procreazione, in opposizione ai modelli culturali storicamente dominanti. Lo studio della Storia delle donne porta alla rottura degli schemi, “quando mi sono autorizzata”, ci dice Pina, “a significare il mio senso politico a partire dalla rottura degli schemi, mi si è aperta una nuova visione del mondo”.
Un momento topico in questa ricerca di identità è stata per Pina la lettura di “Una donna” di Sibilla Aleramo, di cui ci legge un piccolo ma significativo brano. Ne cito solo alcune frasi: “Perché nella maternità adoriamo il sacrificio? (…) Se una buona volta la fatale catena si spezzasse, e una madre non sopprimesse in sé la donna, e un figlio apprendesse dalla vita di lei un esempio di dignità?”.
La lettura di queste pagine accompagnano lo svelamento del sacrificio della madre e l’appiattimento dell’identità femminile e, quindi, del corpo, sulla funzione procreativa. Altra lettura importante nel percorso di Pina sono i saggi di Luisa Accati sul rapporto madre/figlia e sul ruolo della chiesa (secondo la storica il celibato ecclesiastico così come la verginità di Maria sono da legarsi ad una equivalenza tra separazione/lontananza dal corpo e il potere). Brevemente Pina ci parla della lettura della Accati secondo la quale la religione del Figlio, de-sacralizzando il corpo, mette in secondo piano l’identità femminile (che si trova ad essere subalterna al Figlio), e qui si può leggere la costruzione di un mondo, ci dice ancora Pina, “con tutto quel che ne consegue, legge sulla procreazione assistita, atteggiamento del papa rispetto agli stupri delle suore in Bosnia, …”
Dal racconto delle sue fonti intellettuali Pina passa, poi, al racconto del suo rapporto con la mamma, della difficoltà di comprenderne le scelte e di come, riconciliarsi con lei le abbia permesso di riconciliarsi con se stessa, dopo un decennio di dolore e silenzi. Il racconto della costruzione di questo rapporto ha suscitato le voci delle presenti che via via cominciano ad intervenire.
Lola si dice a disagio per una frase usata da Pina nel suo racconto: “le donne che vivono rispettando i ruoli ma sono felici”. Pina le risponde che non è tanto questione di felicità, è un andare avanti con dolore, con fatica, ma anche con forza, con amore per la vita, un amore luminoso, più forte di tutti.
Mari fa notare la forza che entra in gioco nella rottura dei ruoli, la forza di questa mamma che non corrisponde al modello.
Mandana prende la parola e racconta di sua mamma impoverita dal rapporto con un marito spesso assente, freddo, noncurante e a cui rimprovera di non aver avuto la forza di amare un altro uomo, sperando che questo amore avrebbe potuto farle amare meglio le sue figlie. Una mamma che si è negata l’amore e non ha saputo/potuto insegnarlo alle sue figlie.
Lola insiste che bisogna smettere di parlare di modelli. Dov’è finita, si chiede, la libertà femminile? Mari e Pina concordano che, tuttavia, è necessario confrontarsi con un modello, anche per poterlo rompere. Michela interviene con una domanda a Pina: “hai detto che dopo il chiarimento che avete avuto con tua mamma non può più esserci niente che non sia limpido, in che senso? Perché siete sullo stesso piano o ancora come madre/figlia?” Nel senso, risponde Pina, che “non può più agire su di me il ruolo materno”.
Mari: “si è spezzata una catena. Rispetto alla mamma ti senti in difetto per il sacrificio che lei ha fatto, solo quando sei a tua volta madre puoi davvero sentirti alla pari. Si riconosce la maternità ma non la femminilità”, e qui cita Paolo che chiama la donna “vas electionis” e consiglia la lettura di “Eunuchi nel regno dei cieli” di una teologa danese (sorry, non ho segnato il nome).
Il rapporto madre/figlia è il tema dei temi, fa notare Michela, che ritorna sul rapporto con la prof.ssa Calvi e su come colpisca il modo in cui questo intreccio tra lei e il materiale di studio si pongano come tramite per uno scoperchiamento delle tematiche. Pina riconosce la maternità intellettuale della Calvi ma ne lamenta una mancanza di continuità.
Mari: “il problema dei rapporti tra le donne passa per una codifica maschilista”. Pina suggerisce che forse è la sacralità della conoscenza che spinge verso il riferimento alla madre. Lola si chiede, allora, se si tratti di sacralità o di potere, e Pina risponde che si tratta di sacralità perché nell’ambiente universitario ha costruito relazioni che le hanno permesso di superare le gerarchie e il potere. La conversazione a questo punto si sposta sul diverso valore che il “legame scientifico” con una donna assume rispetto a quello con un uomo che è più difficile e non può vantare la sacralità della relazione che ha, invece, tra donne.
Intanto si è fatto tardi e con un po’ di fatica sciogliamo l’assemblea conservando l’emozione di questo pomeriggio e ringraziando Pina per averci donato un po’ di sé, e per averci, così, permesso di fare un po’ più di luce sulle nostre vite.
Report 3 febbraio
Presenti: Pina, Mandana, Lola, Michela, Mari, Teresa.
Nell’incontro di oggi si è discussa la possibilità di organizzare, congiuntamente al Mara Meoni, un’iniziativa che ruoterebbe intorno ad un video riguardo alle donne nella formazione. Il video, “L’amore che non scordo”, che ci è stato consigliato da L. Muraro durante il pomeriggio senese di dicembre, è stato reperito da Pina a Firenze e Lola lo porterà all’incontro di mercoledì prossimo. Poiché nessuna di noi ha visto il video rimandiamo ogni decisione a dopo la sua visione che si terrà uno dei prossimi mercoledì durante l’incontro, presumibilmente in aula M. Per il resto, l’appuntamento di oggi ha ruotato intorno alla presentazione dell’oggetto di Pina, per la quale rimando alla sezione Glossario.
Odg per mercoledì 10: presentazione oggetto di Elisa oppure
Proiezione video “L’amore che non scordo”.
Prego Elisa di confermare la sua disponibilità per mercoledì, perché bisogna richiedere l’aula per la proiezione (se ne occupa Pina).
Nell’incontro di oggi si è discussa la possibilità di organizzare, congiuntamente al Mara Meoni, un’iniziativa che ruoterebbe intorno ad un video riguardo alle donne nella formazione. Il video, “L’amore che non scordo”, che ci è stato consigliato da L. Muraro durante il pomeriggio senese di dicembre, è stato reperito da Pina a Firenze e Lola lo porterà all’incontro di mercoledì prossimo. Poiché nessuna di noi ha visto il video rimandiamo ogni decisione a dopo la sua visione che si terrà uno dei prossimi mercoledì durante l’incontro, presumibilmente in aula M. Per il resto, l’appuntamento di oggi ha ruotato intorno alla presentazione dell’oggetto di Pina, per la quale rimando alla sezione Glossario.
Odg per mercoledì 10: presentazione oggetto di Elisa oppure
Proiezione video “L’amore che non scordo”.
Prego Elisa di confermare la sua disponibilità per mercoledì, perché bisogna richiedere l’aula per la proiezione (se ne occupa Pina).
lunedì 1 febbraio 2010
LA PRIMA COSA BELLA di Paolo Virzì
Ieri sono andata a vedere l’ultimo film di Virzì “La prima cosa bella” e ho sentito subito un disagio: il personaggio femminile della mamma mi rimuove qualcosa. Cosa mi da fastidio? Siamo di nuovo agli stereotipi: troppo bella ma troppo inconsistente? Troppo inconsapevole della questione femminile? Il fatto che canti insieme ai bambini quando il marito la prende a botte per alleggerire il suo cuore? O che ruba il fidanzato alla sorella? L’immagine di “mamma coraggio”? Il rapporto morboso con il figlio? La sua misera ribellione? E la conseguente punizione con un cancro?
Vi domando: c’è della libertà femminile? io la intravedo, ci sono alcuni gesti (la sua lotta per andare avanti con i due bambini, il rapporto con la figlia, il matrimonio in fin di vita…) ma non mi convince, non la capisco fino in fondo….. Perché? C’è qualcosa che non ho colto? Perché mi rimanda un’idea del femminile che mi porta alla miseria stereotipata della donna e non riesco a dare un senso alla sua vita e quindi in qualche modo neanche alla mia (l’appartenenza a un sesso)? Ma perché mi da fastidio? Per il fatto che è un uomo (Virzì) a raccontarcela? Oppure non riesco a riconoscere l’autorità femminile?
È in ballo la difficoltà di riconoscimento di autorità e differenze femminili.
A mercoledì.
Vi domando: c’è della libertà femminile? io la intravedo, ci sono alcuni gesti (la sua lotta per andare avanti con i due bambini, il rapporto con la figlia, il matrimonio in fin di vita…) ma non mi convince, non la capisco fino in fondo….. Perché? C’è qualcosa che non ho colto? Perché mi rimanda un’idea del femminile che mi porta alla miseria stereotipata della donna e non riesco a dare un senso alla sua vita e quindi in qualche modo neanche alla mia (l’appartenenza a un sesso)? Ma perché mi da fastidio? Per il fatto che è un uomo (Virzì) a raccontarcela? Oppure non riesco a riconoscere l’autorità femminile?
È in ballo la difficoltà di riconoscimento di autorità e differenze femminili.
A mercoledì.
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