Ieri pomeriggio eravamo io e Lola in aula M.
Chiacchieriamo un po'. Io parlo di me e del libro che Lola sta leggendo. Sono le 16- Nessuno arriva.
Io comincio a preoccuparmi. Cerco il tecnico che naturalmente non c'è. Bene sono contenta.
Telefono a Pina, Ha avuto un incidente al lavoro. Mi dispiace...
Telefono a M. Giudice che gentilmente si offre di fare il tecnico e darmi una mano.
Ora non c'è neanche Lola. Che felicità.
Arriva M. Giudice, appena vede il cd subito mi dice che non funzionerà perchè deve essere attaccato al pc e roba del genere...molto complicata per la sottoscritta. Che fortuna.
Arrivano professor Squillacciotti e La signora che ringrazio tantissimo per la loro presenza. Grazie Mille...
Gli spiego, no, Giudice gli spiga dell'accaduto. Cosa fare?
Professore, Giudice e mia figlia Valentina vanno a spasso per la facoltà alla ricerca di un portatile.
Buona ricerca.
Io nel frattempo voglio mettermi a piangere. Che sfiga.
Arriva Lola e prende posto. Un sospiro di sollievo.
Le spiego come stanno le cose. Mi dispiace perchè mi dice che le sarebbe piaciuta di vedere questo film insieme a me.
Arrivano Valentina, Giudice e i Signori Squillacciotti a mani vuote. Si decide di andare al videoteca più vicino e noleggiare il film. Come e dove?
Il professore suggerisce di rimandare la proiezione. Pazienza!
Comunque se considerassimo anche Marco Giudice siamo stati in tutto 10 persone. Che figura!
Ma niente paura perchè io non mollo mai... fa parte del mio pessimo carattere...
mercoledì 10 giugno alle ore18 ci sarà la proiezione del film "Persepolis". Ho prenotato oggi di nuovo la sala cinema.
A proposito c'erano anche 5 tedesche che purtroppo le ho dovuto mandare via e siccome alcune di loro partivano oggi per la loro patria le auguro buon viaggio.
Ringrazio anche Francesca Balestra che mi aveva incoraggiato senza sapere cosa era successo.
Comunque Ragazze scherzi a parte siamo fortunate perchè abbiamo una bellissima opportunità.
Ringrazio anche chi ci ha dato quest'opportunità.
Basta mi sono stancata....
Mandana
p.s. scusate il mio italiano malandato. Il mio correttore ufficiale è fuori città.
giovedì 28 maggio 2009
lunedì 25 maggio 2009
la proiezione di mercoledi....
Buongiorno a tutte!
Questo mercoledì non potrò venire, ho avuto dei problemi a casa e purtroppo non posso muovermi!
Mi dispiace di non poter essere presente alla proiezione e per questo mi scuso con Mandana;
a questo punto, se non ricordo male, rimane da definire una persona che sia disponibile a presentare brevemente le tematiche della staffetta. Con Mandana, avevamo pensato di chiedere aiuto direttamente a chi ha seguito da vicino tutte le fasi e che di sicuro sarà in grado di offrire una sintesi dettagliata dell'evento!
Ci vediamo mercoledì prossimo
Sonia
Questo mercoledì non potrò venire, ho avuto dei problemi a casa e purtroppo non posso muovermi!
Mi dispiace di non poter essere presente alla proiezione e per questo mi scuso con Mandana;
a questo punto, se non ricordo male, rimane da definire una persona che sia disponibile a presentare brevemente le tematiche della staffetta. Con Mandana, avevamo pensato di chiedere aiuto direttamente a chi ha seguito da vicino tutte le fasi e che di sicuro sarà in grado di offrire una sintesi dettagliata dell'evento!
Ci vediamo mercoledì prossimo
Sonia
Oggetto di Veronica - report 20 maggio
UN CALDO DIBATTITO
Mercoledì scorso era una giornata calda.
Le signore arrivano con le bottiglie d’acqua in mano o nelle borse, sorseggiano ogni tanto per rinfrescare le idee e la gola. Anche gli abbigliamenti sono cambiati. Tutte indossiamo vestiti più leggeri e forse questo tipo di abbigliamento consente ai “nostri corpi” di muoversi più liberamente, ci induce a parlare anche più sciolte Che ci sia un nesso tra libertà di parola e abbigliamento ?
Le signore trentenni sono sedute davanti a me. Le ventenni sparse qua e là.
Parliamo della Staffetta e del modo di procedere. La CRAS qualcosa ci ha dato. Aspettiamo la generosità degli altri Enti . Ma ciò che riscalda di più l’aria nell’aula M è l’oggetto di Veronica.
Veronica comincia a leggere un saggio di Carla Lonzi (‘Manifesto di rivolta femminile’, 1970). Vi faccio un brevissimo riassunto, riportando alcune considerazione della stessa Lonzi.
“La civiltà ci ha definite inferiori […] chiediamo referenza di millenni di pensiero filosofico che ha teorizzato l’inferiorità della donna. […] noi consideriamo responsabili i sistematici del pensiero: Essi hanno mantenuto il principio della donna come essere aggiuntivo per la riproduzione della umanità, legame con divinità o soglia del mondo animale: sfera privata e pietas”.
Lonzi , dunque, prende distanza dall’ uomo-cultura e preferisce far parte di “un universo senza risposta”.
In che modo possiamo collegarci a quell’universo senza risposte per comprendere “chi siamo”? Ecco la domanda da porsi.
Finiamo di leggere e cominciamo a discutere. Veronica confessa di essere confusa e ha problemi di identità femminile. Anche Adelaide dice di guardarsi allo specchio e di non conoscersi.
Le signore trentenni sono più sicure delle giovani amiche. Considerano che l’identità culturale o biologica emerge strada facendo e che non bisogna sottovalutare le esperienze acquisite durante gli anni di crescita culturale con la conseguente maturazione e convinzione di certe idee.
La quarantene straniera, invece, nonostante che si agiti molto, è più tranquilla sull’ idea dell’essere donna e non ci sono moti di ribellione nel suo modo di fare. Il suo corpo è il suo amico, ma allo stesso tempo può rivolgersi contro e lei ha questa consapevolezza. Pensa che la cosa migliore sia usarlo per procreare e per amare “finchè c’è tempo”. Ha costruito, invece, la sua identità nelle avversità della vita e con drastici cambiamenti “culturali”.
E poi c’è l’intervento di Michela, che con le sue citazioni ci illumina e tranquillizza le nostre anime infuocate. Mi hanno colpito due concetti da lei espressi riguardanti l’autenticità. Il primo è “L’essere fedeli a se stessi” e il secondo “Piacere e Autenticità sono molto legati tra loro. Ma spesso non si riesce a capire cosa che veramente ci piace”.
Insomma, costruiamo passo per passo, giorno per giorno, la nostra identità di donna, cercando di rimanere fedeli a noi stesse e accettando che il nostro corpo possa dare e ricevere. Proprio in questo sta la bellezza di essere donna.
Sono le 16.00 e siamo alla fine della discussione. Dobbiamo lasciare l’aula. Ci fermiamo per strada. Guardo i volti accaldati delle mie amiche e sono sicura che nella loro mente frullano mille domande. Forse un giorno potremo trovare la collocazione giusta nello “universo senza risposte” della Lonzi, portando con noi anche gli “uomini” senza le umiliazioni, che, a suo parere, loro ci hanno afflitto, ma, a mio parere, con il dialogo e il confronto.
Report 20 maggio 2009
Mandana.
Mercoledì scorso era una giornata calda.
Le signore arrivano con le bottiglie d’acqua in mano o nelle borse, sorseggiano ogni tanto per rinfrescare le idee e la gola. Anche gli abbigliamenti sono cambiati. Tutte indossiamo vestiti più leggeri e forse questo tipo di abbigliamento consente ai “nostri corpi” di muoversi più liberamente, ci induce a parlare anche più sciolte Che ci sia un nesso tra libertà di parola e abbigliamento ?
Le signore trentenni sono sedute davanti a me. Le ventenni sparse qua e là.
Parliamo della Staffetta e del modo di procedere. La CRAS qualcosa ci ha dato. Aspettiamo la generosità degli altri Enti . Ma ciò che riscalda di più l’aria nell’aula M è l’oggetto di Veronica.
Veronica comincia a leggere un saggio di Carla Lonzi (‘Manifesto di rivolta femminile’, 1970). Vi faccio un brevissimo riassunto, riportando alcune considerazione della stessa Lonzi.
“La civiltà ci ha definite inferiori […] chiediamo referenza di millenni di pensiero filosofico che ha teorizzato l’inferiorità della donna. […] noi consideriamo responsabili i sistematici del pensiero: Essi hanno mantenuto il principio della donna come essere aggiuntivo per la riproduzione della umanità, legame con divinità o soglia del mondo animale: sfera privata e pietas”.
Lonzi , dunque, prende distanza dall’ uomo-cultura e preferisce far parte di “un universo senza risposta”.
In che modo possiamo collegarci a quell’universo senza risposte per comprendere “chi siamo”? Ecco la domanda da porsi.
Finiamo di leggere e cominciamo a discutere. Veronica confessa di essere confusa e ha problemi di identità femminile. Anche Adelaide dice di guardarsi allo specchio e di non conoscersi.
Le signore trentenni sono più sicure delle giovani amiche. Considerano che l’identità culturale o biologica emerge strada facendo e che non bisogna sottovalutare le esperienze acquisite durante gli anni di crescita culturale con la conseguente maturazione e convinzione di certe idee.
La quarantene straniera, invece, nonostante che si agiti molto, è più tranquilla sull’ idea dell’essere donna e non ci sono moti di ribellione nel suo modo di fare. Il suo corpo è il suo amico, ma allo stesso tempo può rivolgersi contro e lei ha questa consapevolezza. Pensa che la cosa migliore sia usarlo per procreare e per amare “finchè c’è tempo”. Ha costruito, invece, la sua identità nelle avversità della vita e con drastici cambiamenti “culturali”.
E poi c’è l’intervento di Michela, che con le sue citazioni ci illumina e tranquillizza le nostre anime infuocate. Mi hanno colpito due concetti da lei espressi riguardanti l’autenticità. Il primo è “L’essere fedeli a se stessi” e il secondo “Piacere e Autenticità sono molto legati tra loro. Ma spesso non si riesce a capire cosa che veramente ci piace”.
Insomma, costruiamo passo per passo, giorno per giorno, la nostra identità di donna, cercando di rimanere fedeli a noi stesse e accettando che il nostro corpo possa dare e ricevere. Proprio in questo sta la bellezza di essere donna.
Sono le 16.00 e siamo alla fine della discussione. Dobbiamo lasciare l’aula. Ci fermiamo per strada. Guardo i volti accaldati delle mie amiche e sono sicura che nella loro mente frullano mille domande. Forse un giorno potremo trovare la collocazione giusta nello “universo senza risposte” della Lonzi, portando con noi anche gli “uomini” senza le umiliazioni, che, a suo parere, loro ci hanno afflitto, ma, a mio parere, con il dialogo e il confronto.
Report 20 maggio 2009
Mandana.
lunedì 18 maggio 2009
report 12 maggio
La riunione è stata abbastanza breve data la scarsa presenza e perchè mancava la presentazione dell'oggetto.
Le questioni organizzative sono state al centro dei discorsi:
La Professoressa Pereira ci ha presentato la lettera destinata al preside della facoltà per mantenere l'aula sino a luglio, e poi l'anno prossimo. Lettera che ha ricevuto elogi da parte di tutte perchè quasi lusingante, parla di un gruppo molto attivo e importante per l'intera comunità accademica..viene da chiedersi siamo proprio noi?! Scherzo, comunque penso di poter ringraziare, a nome di tutte, la professoressa per i complimenti e la fiducia che ripone in noi.
Abbiamo stilato un calendario per la presentazio degli oggetti: dato che Elisa non lo farà, mercoledì 20 maggio ci sarò io, Teresa il 27 maggio e Luisa il 3 giugno. Siamo tutte e tre un po' riluttanti ma cercheremo di uscire fuori dal guscio. Si è ribadito che per iniziare a fare il lavoro dl glossario, si preferisce aspettare che tutte abbiano portato il proprio oggetto, in maniera tale da non dover rimettere mano a ciò che si è prodotto varie volte inutilmente, individuando in maniera se non definitiv,a almeno non troppo provvisoria, le aree tematiche su cui poi articolare il lavoro. Il problema di metodo che era senza dubbio il più dibattuto, ha trovato, credo, nella biblografia e nei tesi forniteci da Valentina degli spunti interessanti e originali per approcciarsi ad un materiale così scottante e “scuro” allo stesso tempo. Mi sembra di poter dire che le autrici sciolgono dei nodi sia personali che di metodo, senza eliminare le polarità, le opposizioni, i dualismi che stanno alla base della nozione stessa di genere, senza voler definitivamente creare una gerarchia ma raccontandosi proprio in questa pendolarità tra stati d'animo e stili di scrittura pioneristici. Le autrici sono Piera Nobili, Lea Melandri, Maria Paola Patuelli e Silvia Golfera. Direi che sarebbe interessante parlare insieme di questi testi anche questo mercoledì.
Per chi non l'avesse letto, a questo proposito, consiglio Anais Nin “La casa dell'incesto”, di cui vi riporto una recensione che è, secondo me, esplicativa anche dell'atteggiamento che la Melandri adotta nei confronti della scrittura. "La casa dell'incesto" è la storia della dolorosa situazione di una donna divisa, incapace di trovare un collegamento tra il corpo e la propria vita emotiva. "Ho scritto le prime due pagine del mio nuovo libro in uno stile surrealista," annota nel suo diario la Nin nell'aprile del 1932. E in effetti si tratta di un testo audacemente sperimentale, sospeso tra il romanzo e la prosa lirica, che rappresenta il felice punto d'incontro tra i due momenti fondamentali dell'ispirazione di Anais Nin: da una parte, la ricerca di una totale e potente naturalezza nell'esprimere la vita e l'emozione dei sensi; dall'altra, il proposito di "procedere dal sogno per entrare nel dato sensibile", cioè di immergere l'esperienza onirica nel flusso della vita quotidiana, accostandosi alle ricerche del gruppo surrealista. Nasce così quello che è, forse, il libro letterariamente più elaborato e intenso della Nin: un racconto allucinato, "stratosferico", caratterizzato da una prosa sontuosa e musicale, da una ragnatela sottile ma fortissima di immagini e di suoni, "la mia stagione all'inferno", come ebbe a definirlo l'autrice stessa. "Tutto quello che so è contenuto in questo libro scritto senza testimoni, un edificio senza dimensioni, una città appesa al cielo."
Teresa ha fatto un breve report sullla staffetta e in particolare l'incontro al Mara Meoni. Ce ne parla come di una riunione tecnica, dove sono stati chiariti più che altro i fraintendimenti riguardo alla sovrapposizione nell'organizzazione dovuto alla presenza di più gruppi, tra cui Donna chiama Donna, UDI e noi. Si parla brevemente dei fondi, la situazione era ancora di stallo, ma mi sembra di aver capito che anche questa è una questione risolta, nel caso così non fosse si è parlato della possibilità di invitare artisti di strada e giovani studenti per accogliere la magica anfora. Ancora complimenti a coloro che si stanno impegnando.
Io vorrei fare però esprimere il mio sentire a questo proposito e in relazione all'odg di mercoledì. Penso che sia importante e sono interessata al procedere organizzativo della staffetta, lo si può sempre pensare come un incontro tra donne, che tra l'altro conosco, e il resto del mondo, che fa sempre un po' paura. Mi diverte osservare da vicino questi esperimenti antropologici, vorrei però che si tenessero presenti anche le altre attività, che non devono per forza esser codificate definitivamente. Anche solo il racconto di un episodio di vita quotidiana o una discussione su un film, per me con voi son sempre illuminanti, se però non lasciamo spazio allo “spontaneismo”, chiamiamolo ironicamente così, magari non perdiamo tempo, anche se bisognerebbe a questo punto essere d'accordo sui criteri, ma nello stesso tempo non ci prendiamo neanche il tempo per una riflessione. Quindi Ave all'anfora ma penso, forse sbaglio, che per le questioni organizzative si possa discuterne anche tramite mail, non così per il restante.
Anche l'altro giorno abbiamo perso un'occasione: parlare del “Il corpo delle donne”, di cui Valentina ci aveva informato in un post in riflessioni. E' un cortometraggio che parla dell'immagine della donna trasmessa dai media italiani da mane a sera disgustosa, come potrete immaginare. Io l'ho visto ed è veramente carino, ben montato, divertente a tratti, perchè ridicolzzante, e spaventoso allo stesso tempo. Inoltre apre le porte della condivisione dell'argomento femminismo anche con chi continua, ingiustamente ad avere terrore anche solo della parola femminismo. L'ho fatto vedere ai miei conquilini, ed è nata una discussione inteeressante, in cui abbiamo constatato che solo in maniera difficoltosa è possibile scindere gli aspetti socio.culturali da quelli politici, e soprattutto economici; anche se rimane come punto fermo che la discriminazione nei confronti della donna è per lo meno un leit motiv abbastanza diffuso, nel tempo e nello spazio. Anche questo può essere uno spunto di una discussione, ormai da tempo abbandonata, su cosa voglia dire essere femminista nelle nostre vite e quali ostacoli mentali e culturali ci siano nell'affrontare argomenti che per noi son scontati.
Riporto, infine, una bella citazione di S. Tommaso fatta da Ghezzi porpio nel presentare il cortometraggio di cui parlavo: “SE VI RICONOSCERETE. VI RICONOSCERANNO.”
Le questioni organizzative sono state al centro dei discorsi:
La Professoressa Pereira ci ha presentato la lettera destinata al preside della facoltà per mantenere l'aula sino a luglio, e poi l'anno prossimo. Lettera che ha ricevuto elogi da parte di tutte perchè quasi lusingante, parla di un gruppo molto attivo e importante per l'intera comunità accademica..viene da chiedersi siamo proprio noi?! Scherzo, comunque penso di poter ringraziare, a nome di tutte, la professoressa per i complimenti e la fiducia che ripone in noi.
Abbiamo stilato un calendario per la presentazio degli oggetti: dato che Elisa non lo farà, mercoledì 20 maggio ci sarò io, Teresa il 27 maggio e Luisa il 3 giugno. Siamo tutte e tre un po' riluttanti ma cercheremo di uscire fuori dal guscio. Si è ribadito che per iniziare a fare il lavoro dl glossario, si preferisce aspettare che tutte abbiano portato il proprio oggetto, in maniera tale da non dover rimettere mano a ciò che si è prodotto varie volte inutilmente, individuando in maniera se non definitiv,a almeno non troppo provvisoria, le aree tematiche su cui poi articolare il lavoro. Il problema di metodo che era senza dubbio il più dibattuto, ha trovato, credo, nella biblografia e nei tesi forniteci da Valentina degli spunti interessanti e originali per approcciarsi ad un materiale così scottante e “scuro” allo stesso tempo. Mi sembra di poter dire che le autrici sciolgono dei nodi sia personali che di metodo, senza eliminare le polarità, le opposizioni, i dualismi che stanno alla base della nozione stessa di genere, senza voler definitivamente creare una gerarchia ma raccontandosi proprio in questa pendolarità tra stati d'animo e stili di scrittura pioneristici. Le autrici sono Piera Nobili, Lea Melandri, Maria Paola Patuelli e Silvia Golfera. Direi che sarebbe interessante parlare insieme di questi testi anche questo mercoledì.
Per chi non l'avesse letto, a questo proposito, consiglio Anais Nin “La casa dell'incesto”, di cui vi riporto una recensione che è, secondo me, esplicativa anche dell'atteggiamento che la Melandri adotta nei confronti della scrittura. "La casa dell'incesto" è la storia della dolorosa situazione di una donna divisa, incapace di trovare un collegamento tra il corpo e la propria vita emotiva. "Ho scritto le prime due pagine del mio nuovo libro in uno stile surrealista," annota nel suo diario la Nin nell'aprile del 1932. E in effetti si tratta di un testo audacemente sperimentale, sospeso tra il romanzo e la prosa lirica, che rappresenta il felice punto d'incontro tra i due momenti fondamentali dell'ispirazione di Anais Nin: da una parte, la ricerca di una totale e potente naturalezza nell'esprimere la vita e l'emozione dei sensi; dall'altra, il proposito di "procedere dal sogno per entrare nel dato sensibile", cioè di immergere l'esperienza onirica nel flusso della vita quotidiana, accostandosi alle ricerche del gruppo surrealista. Nasce così quello che è, forse, il libro letterariamente più elaborato e intenso della Nin: un racconto allucinato, "stratosferico", caratterizzato da una prosa sontuosa e musicale, da una ragnatela sottile ma fortissima di immagini e di suoni, "la mia stagione all'inferno", come ebbe a definirlo l'autrice stessa. "Tutto quello che so è contenuto in questo libro scritto senza testimoni, un edificio senza dimensioni, una città appesa al cielo."
Teresa ha fatto un breve report sullla staffetta e in particolare l'incontro al Mara Meoni. Ce ne parla come di una riunione tecnica, dove sono stati chiariti più che altro i fraintendimenti riguardo alla sovrapposizione nell'organizzazione dovuto alla presenza di più gruppi, tra cui Donna chiama Donna, UDI e noi. Si parla brevemente dei fondi, la situazione era ancora di stallo, ma mi sembra di aver capito che anche questa è una questione risolta, nel caso così non fosse si è parlato della possibilità di invitare artisti di strada e giovani studenti per accogliere la magica anfora. Ancora complimenti a coloro che si stanno impegnando.
Io vorrei fare però esprimere il mio sentire a questo proposito e in relazione all'odg di mercoledì. Penso che sia importante e sono interessata al procedere organizzativo della staffetta, lo si può sempre pensare come un incontro tra donne, che tra l'altro conosco, e il resto del mondo, che fa sempre un po' paura. Mi diverte osservare da vicino questi esperimenti antropologici, vorrei però che si tenessero presenti anche le altre attività, che non devono per forza esser codificate definitivamente. Anche solo il racconto di un episodio di vita quotidiana o una discussione su un film, per me con voi son sempre illuminanti, se però non lasciamo spazio allo “spontaneismo”, chiamiamolo ironicamente così, magari non perdiamo tempo, anche se bisognerebbe a questo punto essere d'accordo sui criteri, ma nello stesso tempo non ci prendiamo neanche il tempo per una riflessione. Quindi Ave all'anfora ma penso, forse sbaglio, che per le questioni organizzative si possa discuterne anche tramite mail, non così per il restante.
Anche l'altro giorno abbiamo perso un'occasione: parlare del “Il corpo delle donne”, di cui Valentina ci aveva informato in un post in riflessioni. E' un cortometraggio che parla dell'immagine della donna trasmessa dai media italiani da mane a sera disgustosa, come potrete immaginare. Io l'ho visto ed è veramente carino, ben montato, divertente a tratti, perchè ridicolzzante, e spaventoso allo stesso tempo. Inoltre apre le porte della condivisione dell'argomento femminismo anche con chi continua, ingiustamente ad avere terrore anche solo della parola femminismo. L'ho fatto vedere ai miei conquilini, ed è nata una discussione inteeressante, in cui abbiamo constatato che solo in maniera difficoltosa è possibile scindere gli aspetti socio.culturali da quelli politici, e soprattutto economici; anche se rimane come punto fermo che la discriminazione nei confronti della donna è per lo meno un leit motiv abbastanza diffuso, nel tempo e nello spazio. Anche questo può essere uno spunto di una discussione, ormai da tempo abbandonata, su cosa voglia dire essere femminista nelle nostre vite e quali ostacoli mentali e culturali ci siano nell'affrontare argomenti che per noi son scontati.
Riporto, infine, una bella citazione di S. Tommaso fatta da Ghezzi porpio nel presentare il cortometraggio di cui parlavo: “SE VI RICONOSCERETE. VI RICONOSCERANNO.”
giovedì 14 maggio 2009
... dintorni
Ragazze,
dopo l'estetista sono al computer invece che con voi, e mi dispiace molto...
Rispetto all'intenso scambio di stamani, che a leggerlo me ne nutro quanto dello stare un'oretta insieme, volevo sottolineare che condivido tutto quello che avete detto e che da ciascuna 'lettera' ho ripreso un pezzetto di me e risistemato un po' di cose che in questo periodo di varie et eventuali sia rispetto a me che al gruppo si stava congelando sotto i colpi della fatica e della disoccupazione coatta.
Quello che mi preme dirvi, a proposito del discorso ultimo che fa Valentina sul 'glossario', è che mai come in questi giorni di staffettamento pervasivo ho sentito la presenza, e la differenza, rispetto alle altre donne. E soprattutto rispetto a certi tipi di femminile in cui (non) mi riconosco e la (non) riconoscibilità sta nella parola, nel modo in cui è data o presa, nell'agire sul e nel mondo. E dunque ho sperimentato profondamente, una volta ancora, quanto, come disse Pina l'8 marzo, 'l'esser donna non sia di per sé un valore'. E come la 'pendolarità'(grazie, Michela, per quest'immagine bellissima...) sia di fatto il mio modo di stare al mondo e non solo il mio, ma non quello di tutte. E questo percorso con voi sta tutto nella narrazione di Elisa e appena finito di leggere dico ad alta voce sorridendo commossa 'cazzo!!', sì, proprio così, 'cazzo!!' ad alta voce, come si fa esclamando forte sorpresa e gioia perché ci si è riconosciute, bellissime (oddio... il linguaggio... di nuovo... ma femminilizzare la parola non è lo stesso... a meno che non si adotti la locuzione lucana 'e fess'!', che al Sud è la fessura femminile: strana società, quella lucana... sempre che non abbia voluto capir male io...). Ma tornando al dunque: nel glossario, nel nostro glossario, aprirei una riflessione sul femminile, sul... femminismo? Come doveva essere all'inizio ma, perlomeno per me, all'epoca era un categoria poco afferrabile non avendone fatto esperienza diretta o, meglio, non avendo ben messo a fuoco gli strumenti per significarla. Oggi, alla luce del mio scambio con voi e con altre donne per la Staffetta mi rendo conto una volta in più, e una volta in più ad un livello più profondo, di quanto complessa sia questa transizione femminile-femminismo, e di quanto complessa sia la separazione-identificazione rispetto a certi modelli che agiscono nel pubblico e nel privato e per me è diventato, ed ecco perché ritorno al glossario, urgente riprendere le fila non (più) dalla mia genealogia ma da come grazie ad essa mi sono posizionata rispetto alle altre donne e al loro essere nel mondo, presente a me, biostoricamente presente a me, differente dalle altre, e questa differenza (e questo è il nodo che vi chiedo di aiutarmi a sciogliere) a volte non solo non mi appartiene ma nemmeno mi piace (o, forse, mi appartiene e per questo non mi piace?).
Ecco, non so se sono stata chiara ma la cosa è difficile pure per me, prendete queste parole come una specie di memo per future, se vi va, discussioni...
Un bacio, Monica
dopo l'estetista sono al computer invece che con voi, e mi dispiace molto...
Rispetto all'intenso scambio di stamani, che a leggerlo me ne nutro quanto dello stare un'oretta insieme, volevo sottolineare che condivido tutto quello che avete detto e che da ciascuna 'lettera' ho ripreso un pezzetto di me e risistemato un po' di cose che in questo periodo di varie et eventuali sia rispetto a me che al gruppo si stava congelando sotto i colpi della fatica e della disoccupazione coatta.
Quello che mi preme dirvi, a proposito del discorso ultimo che fa Valentina sul 'glossario', è che mai come in questi giorni di staffettamento pervasivo ho sentito la presenza, e la differenza, rispetto alle altre donne. E soprattutto rispetto a certi tipi di femminile in cui (non) mi riconosco e la (non) riconoscibilità sta nella parola, nel modo in cui è data o presa, nell'agire sul e nel mondo. E dunque ho sperimentato profondamente, una volta ancora, quanto, come disse Pina l'8 marzo, 'l'esser donna non sia di per sé un valore'. E come la 'pendolarità'(grazie, Michela, per quest'immagine bellissima...) sia di fatto il mio modo di stare al mondo e non solo il mio, ma non quello di tutte. E questo percorso con voi sta tutto nella narrazione di Elisa e appena finito di leggere dico ad alta voce sorridendo commossa 'cazzo!!', sì, proprio così, 'cazzo!!' ad alta voce, come si fa esclamando forte sorpresa e gioia perché ci si è riconosciute, bellissime (oddio... il linguaggio... di nuovo... ma femminilizzare la parola non è lo stesso... a meno che non si adotti la locuzione lucana 'e fess'!', che al Sud è la fessura femminile: strana società, quella lucana... sempre che non abbia voluto capir male io...). Ma tornando al dunque: nel glossario, nel nostro glossario, aprirei una riflessione sul femminile, sul... femminismo? Come doveva essere all'inizio ma, perlomeno per me, all'epoca era un categoria poco afferrabile non avendone fatto esperienza diretta o, meglio, non avendo ben messo a fuoco gli strumenti per significarla. Oggi, alla luce del mio scambio con voi e con altre donne per la Staffetta mi rendo conto una volta in più, e una volta in più ad un livello più profondo, di quanto complessa sia questa transizione femminile-femminismo, e di quanto complessa sia la separazione-identificazione rispetto a certi modelli che agiscono nel pubblico e nel privato e per me è diventato, ed ecco perché ritorno al glossario, urgente riprendere le fila non (più) dalla mia genealogia ma da come grazie ad essa mi sono posizionata rispetto alle altre donne e al loro essere nel mondo, presente a me, biostoricamente presente a me, differente dalle altre, e questa differenza (e questo è il nodo che vi chiedo di aiutarmi a sciogliere) a volte non solo non mi appartiene ma nemmeno mi piace (o, forse, mi appartiene e per questo non mi piace?).
Ecco, non so se sono stata chiara ma la cosa è difficile pure per me, prendete queste parole come una specie di memo per future, se vi va, discussioni...
Un bacio, Monica
mercoledì 13 maggio 2009
Sul funzionmento del gruppo: pendolarismo e dintorni
Riporto in questa sezione i miei commenti su questo tema, quelle che hanno proseguito la conversazione via mail oggi, se hanno voglia, possono postare le loro mail. Così, perché queste riflessioni non vadano perdute...
Personalmente non credo che ci sia una nostra più spiccata attitudine a seguire progetti concreti piuttosto che sviluppare attività teoriche: semplicemente, questa faccenda della Staffetta si è rivelata molto più macchinosa e complessa di quanto immaginavamo, e richiede uno sforzo organizzativo imponente per quelle che sono le nostre forze (senza contare che tra tutte siamo tremende: ogni volta che vi sento vi è venuta un'idea nuova, un progetto nuovo da realizzare...mannaggia a voi!).
Per quanto mi riguarda vi confesso che mi manca moltissimo l'atmosfera del gruppo e la componente di riflessione, vorrei potermi dedicare alla presentzione del mio oggetto e partecipare a quella delle altre, ma devo accettare che di qui a luglio mi sarà difficile per via della concomitanza tra i compiti gestionali legati alla Staffetta, l'organizzazione della tavola rotonda che curo io e l'impostazione della ricerca su media e violenza femminile, a cui partecipano con le loro tesi alcune delle studentesse del gruppo e che deve poter produrre risultati presentabili anche ai fini della tavola rotonda, appunto. Oh, cielo.
Io me la racconto così: per questo mese e mezzo che ci separa dalla staffetta, almeno per quanto mi riguarda, gli aspetti pratici avranno la prevalenza su quelli teorici, poi dalla riapertura dell'anno accademico recupererò le dimensioni che mi sto perdendo. Nel frattempo, se mi guardo alle spalle, mi pare che abbiamo fatto passi da gigante...non avrei mai, mai pensato, la prima volta che ci siamo riunite, che delle perfette sconosciute sarebbero divetate così importanti per me, che nonostante le vite incasinatissime e pendolarissime che facciamo, avremmo mantenuto un incontro a settimana da ottobre a maggio senza sgarrarne uno, che avremmo creato un blog, che avremmo realizzato un progetto come quello della staffetta, e che avremmo intessuto rapporti con altri associazioni e gruppi,locali non, nonché ottenuto riconoscimenti istituzionali importanti, dai quali sicuramente si apriranno altri spazi e altre opportunità per il futuro...
Non so, vi sembrerà strano data la sensazione di "affogamento" che in molte proviamo in questo momento, ma fino a ora la mia personale valutazione dell'esperienza di "presenti, differenti" è questa: una pura vittoria.
Insieme riusciremo a migliorare quello che non funziona, e a questo proposito brava Vale, il documento che hai scritto è ottimo! Scalda la penna e sorprendici ancora che tra poco si parte con la fase di promozione e lancio stampa...
un abbraccio a tutte
elisa
Personalmente non credo che ci sia una nostra più spiccata attitudine a seguire progetti concreti piuttosto che sviluppare attività teoriche: semplicemente, questa faccenda della Staffetta si è rivelata molto più macchinosa e complessa di quanto immaginavamo, e richiede uno sforzo organizzativo imponente per quelle che sono le nostre forze (senza contare che tra tutte siamo tremende: ogni volta che vi sento vi è venuta un'idea nuova, un progetto nuovo da realizzare...mannaggia a voi!).
Per quanto mi riguarda vi confesso che mi manca moltissimo l'atmosfera del gruppo e la componente di riflessione, vorrei potermi dedicare alla presentzione del mio oggetto e partecipare a quella delle altre, ma devo accettare che di qui a luglio mi sarà difficile per via della concomitanza tra i compiti gestionali legati alla Staffetta, l'organizzazione della tavola rotonda che curo io e l'impostazione della ricerca su media e violenza femminile, a cui partecipano con le loro tesi alcune delle studentesse del gruppo e che deve poter produrre risultati presentabili anche ai fini della tavola rotonda, appunto. Oh, cielo.
Io me la racconto così: per questo mese e mezzo che ci separa dalla staffetta, almeno per quanto mi riguarda, gli aspetti pratici avranno la prevalenza su quelli teorici, poi dalla riapertura dell'anno accademico recupererò le dimensioni che mi sto perdendo. Nel frattempo, se mi guardo alle spalle, mi pare che abbiamo fatto passi da gigante...non avrei mai, mai pensato, la prima volta che ci siamo riunite, che delle perfette sconosciute sarebbero divetate così importanti per me, che nonostante le vite incasinatissime e pendolarissime che facciamo, avremmo mantenuto un incontro a settimana da ottobre a maggio senza sgarrarne uno, che avremmo creato un blog, che avremmo realizzato un progetto come quello della staffetta, e che avremmo intessuto rapporti con altri associazioni e gruppi,locali non, nonché ottenuto riconoscimenti istituzionali importanti, dai quali sicuramente si apriranno altri spazi e altre opportunità per il futuro...
Non so, vi sembrerà strano data la sensazione di "affogamento" che in molte proviamo in questo momento, ma fino a ora la mia personale valutazione dell'esperienza di "presenti, differenti" è questa: una pura vittoria.
Insieme riusciremo a migliorare quello che non funziona, e a questo proposito brava Vale, il documento che hai scritto è ottimo! Scalda la penna e sorprendici ancora che tra poco si parte con la fase di promozione e lancio stampa...
un abbraccio a tutte
elisa
martedì 12 maggio 2009
Il corpo delle donne
Buongiorno,
Tanto per iniziare bene la giornata, vi invio il link al blog di Lorella Zanardo, dove potrete trovare anche il documentario "Il corpo delle donne", oggetto di dibattito durante l'ultima puntata dell'Infedele.
A domani!
http://www.ilcorpodelledonne.blogspot.com
Tanto per iniziare bene la giornata, vi invio il link al blog di Lorella Zanardo, dove potrete trovare anche il documentario "Il corpo delle donne", oggetto di dibattito durante l'ultima puntata dell'Infedele.
A domani!
http://www.ilcorpodelledonne.blogspot.com
lunedì 11 maggio 2009
Incontro del 6 maggio
E' molto complicato per me scrivere il report dell'incontro scorso, dopo aver letto la bellissima descrizione dell'oggetto di Mandana fatta da Teresa e i commenti fattine da Lola e da Mandana stessa... nonostante spesso sembriamo perdere le fila del nostro discorso, i nostri sforzi organizzativi latitino, l'energia del gruppo sembri inabissarsi, queste voci piene di densità restituiscono un senso che è molto vicino all'anima luminosa, o oscura, ma è lo stesso, della vita.
Dopo tanto pieno, l'incontro di mercoledi ha riproposto un semivuoto- è fisiologico!
- Michela ha rimarcato come il coordinamento del gruppo Questionario sia da rivedere, perché nei fatti i moduletti dei test non sono stati più distribuiti, e le scatole di raccolta, in portineria di San Galgano, e sembra, anche quelle di San Niccolò, siano state destinate ad altro uso... Forza ragazze!
- In seconda battuta, è stato definito il calendario per la proiezione dei film a cura di Mandana, con la necessità di far presentare ognuno da un esperto/a (apettiamo tutte la Marazzi per l'ultimo):
27 maggio: Persepolis
17 giugno: Il Colore Viola
24 giugno: Vogliamo anche le rose
- Siamo passate poi al tema di oggi: la discussione sul GLOSSARIO.
E' emersa una difficoltà a intervenire sull'Oggetto, e ci siamo interrogate su questo: una sorta di timore ad affrontare un'esperienza che era stata pensata molto semplicemente come escamotage per riflettere e raccontare pezzi della propria vita.
Mandana propone l'idea di invitare donne più anziane che, secondo lei, hanno subito più di noi il 'maschilismo': in coro abbiamo reagito con l'affermazione che diversa era comunque la coscienza di se'. L'idea non è male, ma poco ha a che fare con il lavoro che stiamo facendo in questa fase: potrebbe costituire un progetto per l'anno prossimo quello di prevedere una serie di incontri con donne esterne al gruppo e di generazione più lontana.
Altre esprimono una difficoltà a focalizzare il proprio oggetto, altre la timidezza ad esporsi.
Valentina propone uno schema di lavoro diviso in tre fasi:
1. Presentazione degli oggetti
2. Cercare i "nodi" per ridiscuterne
3. Tema per tema emersi, lavorarci sopra sulla scorta della "Scrittura dell'esperienza" di Lea Melandri, un metodo di lavoro che ci ha brevemente illustrato, e che rimando a lei per una definizione più precisa.
Mercoledi prossimo, chi presenta l'oggetto? Non avendolo definito, e non ricordando se Elisa si era prenotata per il 13 appunto, giro la domanda a tutte.
Chi scrive non potrà esserci per due mercoledi successivi. Me ne scuso, ma soprattutto, mi mancherete moltissimo.
Domani sera ci sarà una riunione al Donna chiama Donna per discutere sull'urgente questione dei finanziamenti della staffetta. Penso che mercoledi le partecipanti -Teresa, Elisa, Monica (?) ci vorranno relazionare.
Besos a tutte
con affetto infinito
Pina
Dopo tanto pieno, l'incontro di mercoledi ha riproposto un semivuoto- è fisiologico!
- Michela ha rimarcato come il coordinamento del gruppo Questionario sia da rivedere, perché nei fatti i moduletti dei test non sono stati più distribuiti, e le scatole di raccolta, in portineria di San Galgano, e sembra, anche quelle di San Niccolò, siano state destinate ad altro uso... Forza ragazze!
- In seconda battuta, è stato definito il calendario per la proiezione dei film a cura di Mandana, con la necessità di far presentare ognuno da un esperto/a (apettiamo tutte la Marazzi per l'ultimo):
27 maggio: Persepolis
17 giugno: Il Colore Viola
24 giugno: Vogliamo anche le rose
- Siamo passate poi al tema di oggi: la discussione sul GLOSSARIO.
E' emersa una difficoltà a intervenire sull'Oggetto, e ci siamo interrogate su questo: una sorta di timore ad affrontare un'esperienza che era stata pensata molto semplicemente come escamotage per riflettere e raccontare pezzi della propria vita.
Mandana propone l'idea di invitare donne più anziane che, secondo lei, hanno subito più di noi il 'maschilismo': in coro abbiamo reagito con l'affermazione che diversa era comunque la coscienza di se'. L'idea non è male, ma poco ha a che fare con il lavoro che stiamo facendo in questa fase: potrebbe costituire un progetto per l'anno prossimo quello di prevedere una serie di incontri con donne esterne al gruppo e di generazione più lontana.
Altre esprimono una difficoltà a focalizzare il proprio oggetto, altre la timidezza ad esporsi.
Valentina propone uno schema di lavoro diviso in tre fasi:
1. Presentazione degli oggetti
2. Cercare i "nodi" per ridiscuterne
3. Tema per tema emersi, lavorarci sopra sulla scorta della "Scrittura dell'esperienza" di Lea Melandri, un metodo di lavoro che ci ha brevemente illustrato, e che rimando a lei per una definizione più precisa.
Mercoledi prossimo, chi presenta l'oggetto? Non avendolo definito, e non ricordando se Elisa si era prenotata per il 13 appunto, giro la domanda a tutte.
Chi scrive non potrà esserci per due mercoledi successivi. Me ne scuso, ma soprattutto, mi mancherete moltissimo.
Domani sera ci sarà una riunione al Donna chiama Donna per discutere sull'urgente questione dei finanziamenti della staffetta. Penso che mercoledi le partecipanti -Teresa, Elisa, Monica (?) ci vorranno relazionare.
Besos a tutte
con affetto infinito
Pina
martedì 5 maggio 2009
Oggetto Mandana - report 29 aprile
Devo ammettere che è con estrema difficoltà che mi accingo a raccontare la presentazione fatta da Mandana, un racconto che, nell’ascolto del gruppo, si è fatto via via rabbia, commozione, partecipazione ad un’esperienza del corpo che passa attraverso la malattia, la sofferenza, la cura, e la paura di dover ricominciare tutto daccapo.. Mandana dà un titolo al suo racconto, un titolo che pone l’accento su una specificità del funzionamento del corpo femminile che diventa non solo il luogo della differenza tra gli uomini e le donne, ma anche il luogo in cui le donne “soffrono” la ricerca di identità.
Il titolo è: “Corpo di donna”.
Mandana apre la sua presentazione partendo dalla considerazione che, fino a non molto tempo fa, parlare e, ancora di più, scrivere del corpo femminile era tabù. Il primo tentativo di superare questo tabù (io aggiungo, in epoca moderna) si deve a Virginia Woolf, che nel 1922 scrive a proposito di menopausa attivando, ovviamente, la censura maschilista.
Ma da dove nasce questa difficoltà/impossibilità di parlare del corpo delle donne? Perché per le donne è così difficile dare voce alla nostra corporeità?
Perché il corpo femminile è più “esposto”, suggerisce Mandana; e perché (e qui il coro è stato unanime) le donne attraversano il corpo alla ricerca della loro identità, nel senso che, laddove per gli uomini il corpo è oggetto (di desiderio), per le donne esso permane nella sfera del soggetto.
Culturalmente e storicamente si è cominciato a scrivere le donne a partire dal corpo. In alcuni casi, soprattutto nelle culture orientali, parlare del corpo diventa per le donne uno strumento di ribellione, il modo per scardinare un tabù che, ancora oggi dopo secoli di storia, continua ad essere vitale.
Negli ultimi anni, in occidente, il discorso sul corpo femminile si è infittito e sembrerebbe aver scardinato i pregiudizievoli orpelli di cui era stato rivestito: così è abbastanza facile oggi sentir parlare, anche in tv, di ciclo, maternità, allattamento, al punto che specie tra i ragazzi più giovani l’argomento “ciclo”, ad esempio, non è più un tabù. Ma che cosa significa, ancora oggi, parlare del corpo delle donne? A che cosa viene riferita l’esperienza della corporeità al femminile?
Nonostante sia passato quasi un secolo dai primi tentativi della Woolf, e malgrado le battaglie e gli sforzi di tante donne che ci hanno preceduto per uscire da questo cliché, sembra che (e forse per noi donne per prime) la dimensione del corpo in riferimento alla femminilità non sappia prescindere dalla sua funzionalità riproduttiva. Ecco, allora, che il corpo femminile si riduce all’altalena di ormoni che si produce in relazione alla possibilità di partorire, il corpo delle donne non è che un utero, e l’utero non è che un vaso, un contenitore, una forma che si presta ad accogliere una sostanza che non è mai femmina. La femminilità non è sostanziale. E questo spiega la ritrosia a parlare di “menopausa”, il momento in cui, non potendo più assolvere alla sua funzione, la donna-vaso non ha più una precisa collocazione sociale e culturale. Si pensi che in alcune tribù arabe la donna in menopausa acquista in qualche modo una connotazione maschile, “diventa un uomo” e, per questo, entra nella sfera del potere ponendosi a capo delle donne dell’harem.
La perdita della fertilità disorienta gli uomini che si trovano a dover relazionarsi con un essere (la donna in menopausa) di cui non riconoscono più la funzione, ma ancora di più disorienta le donne che, culturalmente attaccate all’idea di sé in quanto madri, vivono l’ingresso in questa fase non più fertile con vergogna, timore, senso di colpa. E, soprattutto, nel silenzio e, fin dove è possibile, nell’oblio. Non a caso, infatti, mentre l’inizio del periodo fertile è salutato da riti individuali se non sociali (ad es. in Iran la prima mestruazione è salutata con una festa dalle donne della famiglia), così come la maternità è festeggiata e simboleggiata con fiocchi e buffet; non ci sono esempi festosi di rituali che accompagnano l’ingresso della donna in questa terza fase dell’esistenza. E si, perché la vita corporea delle donne si può riassumere in tre fasi: ciclo, maternità, menopausa, a ribadire, ancora una volta, come le donne in passato si siano pensate e continuino a pensarsi nel presente in rapporto al loro essere necessarie alla riproduzione. Strumento di riproduzione, dunque, non solo per gli uomini, ma (ed è questa l’impasse da cui è così difficile uscire) prima ancora per le donne.
Esiste una simbologia legata alla menopausa?
A questo punto Mandana introduce un saggio di un’autrice americana, Star Coulbrooke, dal titolo “Le dee dell’isterectomia”, in cui viene affrontato il tema dei riti di passaggio nelle donne di mezz’età. In questo saggio l’autrice racconta l’esperienza devastante di una menopausa indotta farmacologicamente a fronte di una malattia che si risolve nella necessità di sottoporsi ad isterectomia. In assenza di simboli a cui aggrapparsi e di riti a cui affidare un’esperienza di consolazione, la Coulbrooke si affida alla propria capacità creativa e inventa un rituale, assolutamente personale, attraverso cui esorcizzare la paura dell’intervento. Crea una maschera a cui attaccare oggetti di vario tipo (è solo un caso se uno dei primi oggetti scelti è un tampax?), che diventa il simbolo privato e personale della lotta contro la malattia, la paura e il senso di colpa che l’accompagna.
Questo saggio serve a Mandana per introdurre la sua vicenda personale, la sua esperienza della malattia, un cancro al seno contro cui combatte da più di un anno e che, ancora oggi che è guarita, la vede costretta a sottoporsi a cure e controlli. Di cui, come molte donne nelle sue condizioni, non si libererà mai più.
È difficile per me dar conto della sofferenza che questo vissuto si porta dietro, dell’imbarazzo e del dolore che serpeggiava tra noi che ascoltavamo partecipi. È difficile scrivere gli occhi lucidi e le lacrime palesi di qualcuna, il senso di impotenza che ci ha pervaso, la rabbia che ci ha devastato.
È difficile raccontare la gratitudine di tutte nei confronti di Mandana che si è messa a nudo parlandoci della sua malattia, delle implicazioni emotive e psicologiche di una menopausa indotta, della depressione che si fa strada e si impone a seguito della terapia.
È, prima di tutto, un invito alla prevenzione quello che ci fa Mandana, invito a non lasciarsi sopraffare dalla paura e a prendersi cura in maniera consapevole del proprio corpo; perché solo rimanendo in contatto con il proprio corpo le donne possono sottrarsi alla concezione del “corpo-contenitore” di matrice maschilista. Ed è un invito ad imparare a chiedere aiuto, a servirsi di quelle associazioni (come l’associazione Serena che opera a Siena) che possono aiutare le donne a farsi carico e a metabolizzare un’esperienza tragica che, tuttavia, la solitudine rischia di incancrenire ancora di più.
Mandana ci ha parlato ancora del sentimento di frustrazione della femminilità che si vive in questi casi, dell’esperienza della diversità a cui il cambiamento del corpo costringe, quel corpo che, una volta vissuto come una benedizione, diventa ora un nemico che avvelena l’anima. È un’esperienza devastante, ci dice Mandana, per la quale si rende necessaria la complicità maschile (almeno per riuscire a fronteggiare la sensazione di colpevolezza che l’accompagna).
“C’è differenza nel modo di affrontare la malattia tra gli uomini e le donne?”, chiede Sonia.
“Gli uomini muoiono in seguito a malattie in percentuale maggiore delle donne, ma affrontano la malattia con una maggiore dignità, sebbene abbiano più difficoltà delle donne a parlarne”, è la risposta di Mandana.
Ancora Sonia si chiede se i controlli preventivi possano aiutare anche da un punto di vista psicologico permettendo di intervenire per tempo, ma Mandana sottolinea quanto sia difficile trovare consolazioni di fronte al pensiero devastante della morte.
A questo punto Pina ci presta la sua voce per chiedere a Mandana in che modo questa sua esperienza si configura come “oggetto” di queste nostre presentazioni, in che modo quest’esperienza ha costituito per lei un momento fondante del suo percorso di costruzione di un’identità di genere.
“Perché quest’esperienza ha cambiato la mia vita, per rabbia rifiutavo l’idea di farmi curare, sentivo di aver messo in pericolo la vita di mia figlia e di mia nipote. Ed è solo pensando a mia figlia che ho accettato di farmi curare”, è la risposta di Mandana.
Quello che emerge dalle considerazioni fatte nel contesto di questa presentazione è che con la malattia si produce una dissociazione tra la mente e il corpo, dissociazione favorita dal sistema medico che si prende cura solo del corpo-oggetto; dissociazione prodotta dalla medicina patriarcale che, come suggerisce Lola, non solo non aiuta le donne, ma diventa strumento di violenza non tenendo in nessuna considerazione le implicazioni psicologiche che trasformano la malattia in menomazione. È probabilmente vero quanto suggerisce Pina, e cioè che scavando a fondo tutta la questione femminile/maschile si risolve nella fisiologica impossibilità dei maschi di mettere al mondo figli; ed è probabilmente vero che, seguendo ancora i pensieri di Pina, il linguaggio di un corpo che si modifica (pensando alla menopausa) acquisisce una violenza che sovrasta la mente; ma è altrettanto vero (come sostiene Lola) che si rende necessario per le donne emanciparsi da quella colpevolezza atavica che fa delle donne a cui è preclusa o che si precludono la maternità, delle donne mancate.
So di non essere stata esaustiva e me ne scuso, ma la mia preoccupazione è stata quella di trovare le parole per non essere indelicata, pur cercando di dare un’idea di quanto in profondità il condividere l’esperienza di Mandana ci abbia portato.
È stato un gesto di coraggio di cui, noi tutte, cara Mandana, ti ringraziamo..
Il titolo è: “Corpo di donna”.
Mandana apre la sua presentazione partendo dalla considerazione che, fino a non molto tempo fa, parlare e, ancora di più, scrivere del corpo femminile era tabù. Il primo tentativo di superare questo tabù (io aggiungo, in epoca moderna) si deve a Virginia Woolf, che nel 1922 scrive a proposito di menopausa attivando, ovviamente, la censura maschilista.
Ma da dove nasce questa difficoltà/impossibilità di parlare del corpo delle donne? Perché per le donne è così difficile dare voce alla nostra corporeità?
Perché il corpo femminile è più “esposto”, suggerisce Mandana; e perché (e qui il coro è stato unanime) le donne attraversano il corpo alla ricerca della loro identità, nel senso che, laddove per gli uomini il corpo è oggetto (di desiderio), per le donne esso permane nella sfera del soggetto.
Culturalmente e storicamente si è cominciato a scrivere le donne a partire dal corpo. In alcuni casi, soprattutto nelle culture orientali, parlare del corpo diventa per le donne uno strumento di ribellione, il modo per scardinare un tabù che, ancora oggi dopo secoli di storia, continua ad essere vitale.
Negli ultimi anni, in occidente, il discorso sul corpo femminile si è infittito e sembrerebbe aver scardinato i pregiudizievoli orpelli di cui era stato rivestito: così è abbastanza facile oggi sentir parlare, anche in tv, di ciclo, maternità, allattamento, al punto che specie tra i ragazzi più giovani l’argomento “ciclo”, ad esempio, non è più un tabù. Ma che cosa significa, ancora oggi, parlare del corpo delle donne? A che cosa viene riferita l’esperienza della corporeità al femminile?
Nonostante sia passato quasi un secolo dai primi tentativi della Woolf, e malgrado le battaglie e gli sforzi di tante donne che ci hanno preceduto per uscire da questo cliché, sembra che (e forse per noi donne per prime) la dimensione del corpo in riferimento alla femminilità non sappia prescindere dalla sua funzionalità riproduttiva. Ecco, allora, che il corpo femminile si riduce all’altalena di ormoni che si produce in relazione alla possibilità di partorire, il corpo delle donne non è che un utero, e l’utero non è che un vaso, un contenitore, una forma che si presta ad accogliere una sostanza che non è mai femmina. La femminilità non è sostanziale. E questo spiega la ritrosia a parlare di “menopausa”, il momento in cui, non potendo più assolvere alla sua funzione, la donna-vaso non ha più una precisa collocazione sociale e culturale. Si pensi che in alcune tribù arabe la donna in menopausa acquista in qualche modo una connotazione maschile, “diventa un uomo” e, per questo, entra nella sfera del potere ponendosi a capo delle donne dell’harem.
La perdita della fertilità disorienta gli uomini che si trovano a dover relazionarsi con un essere (la donna in menopausa) di cui non riconoscono più la funzione, ma ancora di più disorienta le donne che, culturalmente attaccate all’idea di sé in quanto madri, vivono l’ingresso in questa fase non più fertile con vergogna, timore, senso di colpa. E, soprattutto, nel silenzio e, fin dove è possibile, nell’oblio. Non a caso, infatti, mentre l’inizio del periodo fertile è salutato da riti individuali se non sociali (ad es. in Iran la prima mestruazione è salutata con una festa dalle donne della famiglia), così come la maternità è festeggiata e simboleggiata con fiocchi e buffet; non ci sono esempi festosi di rituali che accompagnano l’ingresso della donna in questa terza fase dell’esistenza. E si, perché la vita corporea delle donne si può riassumere in tre fasi: ciclo, maternità, menopausa, a ribadire, ancora una volta, come le donne in passato si siano pensate e continuino a pensarsi nel presente in rapporto al loro essere necessarie alla riproduzione. Strumento di riproduzione, dunque, non solo per gli uomini, ma (ed è questa l’impasse da cui è così difficile uscire) prima ancora per le donne.
Esiste una simbologia legata alla menopausa?
A questo punto Mandana introduce un saggio di un’autrice americana, Star Coulbrooke, dal titolo “Le dee dell’isterectomia”, in cui viene affrontato il tema dei riti di passaggio nelle donne di mezz’età. In questo saggio l’autrice racconta l’esperienza devastante di una menopausa indotta farmacologicamente a fronte di una malattia che si risolve nella necessità di sottoporsi ad isterectomia. In assenza di simboli a cui aggrapparsi e di riti a cui affidare un’esperienza di consolazione, la Coulbrooke si affida alla propria capacità creativa e inventa un rituale, assolutamente personale, attraverso cui esorcizzare la paura dell’intervento. Crea una maschera a cui attaccare oggetti di vario tipo (è solo un caso se uno dei primi oggetti scelti è un tampax?), che diventa il simbolo privato e personale della lotta contro la malattia, la paura e il senso di colpa che l’accompagna.
Questo saggio serve a Mandana per introdurre la sua vicenda personale, la sua esperienza della malattia, un cancro al seno contro cui combatte da più di un anno e che, ancora oggi che è guarita, la vede costretta a sottoporsi a cure e controlli. Di cui, come molte donne nelle sue condizioni, non si libererà mai più.
È difficile per me dar conto della sofferenza che questo vissuto si porta dietro, dell’imbarazzo e del dolore che serpeggiava tra noi che ascoltavamo partecipi. È difficile scrivere gli occhi lucidi e le lacrime palesi di qualcuna, il senso di impotenza che ci ha pervaso, la rabbia che ci ha devastato.
È difficile raccontare la gratitudine di tutte nei confronti di Mandana che si è messa a nudo parlandoci della sua malattia, delle implicazioni emotive e psicologiche di una menopausa indotta, della depressione che si fa strada e si impone a seguito della terapia.
È, prima di tutto, un invito alla prevenzione quello che ci fa Mandana, invito a non lasciarsi sopraffare dalla paura e a prendersi cura in maniera consapevole del proprio corpo; perché solo rimanendo in contatto con il proprio corpo le donne possono sottrarsi alla concezione del “corpo-contenitore” di matrice maschilista. Ed è un invito ad imparare a chiedere aiuto, a servirsi di quelle associazioni (come l’associazione Serena che opera a Siena) che possono aiutare le donne a farsi carico e a metabolizzare un’esperienza tragica che, tuttavia, la solitudine rischia di incancrenire ancora di più.
Mandana ci ha parlato ancora del sentimento di frustrazione della femminilità che si vive in questi casi, dell’esperienza della diversità a cui il cambiamento del corpo costringe, quel corpo che, una volta vissuto come una benedizione, diventa ora un nemico che avvelena l’anima. È un’esperienza devastante, ci dice Mandana, per la quale si rende necessaria la complicità maschile (almeno per riuscire a fronteggiare la sensazione di colpevolezza che l’accompagna).
“C’è differenza nel modo di affrontare la malattia tra gli uomini e le donne?”, chiede Sonia.
“Gli uomini muoiono in seguito a malattie in percentuale maggiore delle donne, ma affrontano la malattia con una maggiore dignità, sebbene abbiano più difficoltà delle donne a parlarne”, è la risposta di Mandana.
Ancora Sonia si chiede se i controlli preventivi possano aiutare anche da un punto di vista psicologico permettendo di intervenire per tempo, ma Mandana sottolinea quanto sia difficile trovare consolazioni di fronte al pensiero devastante della morte.
A questo punto Pina ci presta la sua voce per chiedere a Mandana in che modo questa sua esperienza si configura come “oggetto” di queste nostre presentazioni, in che modo quest’esperienza ha costituito per lei un momento fondante del suo percorso di costruzione di un’identità di genere.
“Perché quest’esperienza ha cambiato la mia vita, per rabbia rifiutavo l’idea di farmi curare, sentivo di aver messo in pericolo la vita di mia figlia e di mia nipote. Ed è solo pensando a mia figlia che ho accettato di farmi curare”, è la risposta di Mandana.
Quello che emerge dalle considerazioni fatte nel contesto di questa presentazione è che con la malattia si produce una dissociazione tra la mente e il corpo, dissociazione favorita dal sistema medico che si prende cura solo del corpo-oggetto; dissociazione prodotta dalla medicina patriarcale che, come suggerisce Lola, non solo non aiuta le donne, ma diventa strumento di violenza non tenendo in nessuna considerazione le implicazioni psicologiche che trasformano la malattia in menomazione. È probabilmente vero quanto suggerisce Pina, e cioè che scavando a fondo tutta la questione femminile/maschile si risolve nella fisiologica impossibilità dei maschi di mettere al mondo figli; ed è probabilmente vero che, seguendo ancora i pensieri di Pina, il linguaggio di un corpo che si modifica (pensando alla menopausa) acquisisce una violenza che sovrasta la mente; ma è altrettanto vero (come sostiene Lola) che si rende necessario per le donne emanciparsi da quella colpevolezza atavica che fa delle donne a cui è preclusa o che si precludono la maternità, delle donne mancate.
So di non essere stata esaustiva e me ne scuso, ma la mia preoccupazione è stata quella di trovare le parole per non essere indelicata, pur cercando di dare un’idea di quanto in profondità il condividere l’esperienza di Mandana ci abbia portato.
È stato un gesto di coraggio di cui, noi tutte, cara Mandana, ti ringraziamo..
lunedì 4 maggio 2009
Report 29 aprile
All’incontro di oggi eravamo presenti in undici, tra le quali una ritrovata Valentina, una neo-laureata Sonia a cui abbiamo doverosamente tributato un brindisi a fine incontro, e una studentessa che si è affacciata per la prima volta e di cui, me ne scuso, non ricordo il nome.
Si è trattato, per tutte noi, di una giornata emotivamente difficile, due ore che sono volate via in un turbinio di emozioni diverse e contrastanti. Gioia per alcuni versi e commozione fino alle lacrime per altri.
Si è trattato, per tutte noi, di una giornata emotivamente difficile, due ore che sono volate via in un turbinio di emozioni diverse e contrastanti. Gioia per alcuni versi e commozione fino alle lacrime per altri.
1 ora
La prima ora è stata dedicata, per lo più, all’iniziativa che coinvolge Mandana e Sonia nella costruzione del percorso cinematografico “aspettando la staffetta”, una rassegna di tre film (abbiamo recuperato l’idea dell’iniziale tri-ciclo) da proiettare in aula cinema con scadenza bi-mensile per maggio e unica per giugno. Date e modalità da definire.
Abbiamo pensato tre titoli possibili:
Persepolis, Il colore viola - da proiettarsi nel mese di maggio;
Vogliamo anche le rose - da proiettarsi a giugno.
L’idea è quella di coinvolgere per ognuna delle due proiezioni di maggio un’esperta che introduca il film insieme ad una volontaria del gruppo. Per Persepolis Sonia suggerisce di coinvolgere una esperta di nuovi linguaggi da affiancare a Mandana nella presentazione.
Per Il colore viola l’idea era quella di affidarsi alla Balestra o altra/o americanista più una volontaria (adesioni aperte).
Mentre per il film di giugno l’idea sarebbe quella di coinvolgere la regista, se fosse disponibile (Michela può contattare Alina Marazzi e chiedere se può rendersi disponibile a giugno?)
La presenza dell’esperto ha sollevato dubbi nel gruppo, la questione rimane da definire.
Da decidere è anche il titolo della rassegna,
potrebbe essere opportuno sottolineare “Aspettando la staffetta…” (su suggerimento di Lola o Pina, non ricordo) nella presentazione del ciclo.
Per le questioni pratiche (richiesta aula cinema, reperimento film, contatti eventuali con gli “esperti”, creazione di una locandina) si rimanda alle organizzatrici, per ora Sonia e Mandana.
OdG per mercoledì 5 maggio:
Non è prevista alcuna presentazione, perciò a meno che qualcuna non voglia prenotarsi si è pensato di destinare l’incontro interamente (salvo ragguagli staffetta, cinema, questionario e comunicazioni di servizio) al lavoro sul Glossario, visto che il gruppo glossario fa fatica a ritagliarsi un momento di incontro.
2 ora
“Presentazione oggetto”:
Mandana - "Corpo di donna", per la quale rimando alla sezione gruppo di lavoro glossario.
sabato 2 maggio 2009
Programma
LA STAFFETTA A SIENA: I GIORNI DELLA PIA
Mercoledì 8 luglio
Ore 18.00
- Accoglienza dell’anfora in Piazza Tolomei da parte delle Associazioni cittadine alla presenza di un gruppo musicale
- Corteo festoso fino all’Orto dei Pecci – Via di Porta Giustizia 39 (Tendone ASL 7) per la presentazione della Staffetta
- Conferenza stampa
Ore 20.00
Cena
Ore 22.00
Corte dei Miracoli – Via Roma 56
La Pia de’ Tolomei
Cantata in ottava rima
di e con Chiara Riondino
Giovedì 9 luglio
Ore 10.00-13.00
Complesso Museale Santa Maria della Scala – Saletta San Galgano, Piazza del Duomo 2
Tavola Rotonda Violenza di genere nel territorio
Ore 17.00-20.00
Giardino della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Siena - Via Roma 47
(in caso di pioggia il reading si terrà presso la Corte di San Galgano)
Contro la violenza, la forza delle parole
Pomeriggio di letture sul tema della violenza, a partecipazione libera.
Ore 20.00
Cena
Ore 22.00
Corte dei Miracoli – Via Roma 56
Zona Franca: umorismi e follie di donne in cerca di libertà
“Laboratorio teatrale delle donne”, Progetto della Comunità Montana Amiata Val d’Orcia, regia di Antonella Rossi
Venerdì 10 luglio
Ore 10.00-13.00
Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell'Università di Siena – Via Roma 56
Tavola rotonda La violenza sulle donne nel discorso pubblico tra stereotipi mediali e strumentalizzazioni politiche
Ore 17.00-20.00
Auditorium dell’Università per Stranieri di Siena – Piazza Rosselli 27
Parole diverse, violenze comuni
Incontro con Norma Berti, letture di testi e musica.
Ore 21,30
Giardino di Villa Rubini Manenti – Via degli Umiliati 12
(in caso di pioggia lo spettacolo si terrà presso la Limonaia)
Trittico femminile
Sequenza orante
Intermezzo – Poesie d’amore di Anne Sexton
Penelope
di e con Rosaria Lo Russo
Sabato 11 luglio
Ore 10.00-13.00
Complesso Museale Santa Maria della Scala – Saletta San Galgano, Piazza del Duomo 2
Workshop La competenza del desiderio: l’identità femminile fra sviluppo personale e sviluppo professionale
Ore 18.00-20.00
Piazza Postierla/Piazza del Duomo 2 – Complesso Museale Santa Maria della Scala
La danza di Farah, ballerina palestinese, e di una danzatrice della sua compagnia, conduce l’anfora verso il Santa Maria della Scala, dove
Paola Lambardi interpreta
Padri e figlie
di Donatella Contini
Mercoledì 8 luglio
Ore 18.00
- Accoglienza dell’anfora in Piazza Tolomei da parte delle Associazioni cittadine alla presenza di un gruppo musicale
- Corteo festoso fino all’Orto dei Pecci – Via di Porta Giustizia 39 (Tendone ASL 7) per la presentazione della Staffetta
- Conferenza stampa
Ore 20.00
Cena
Ore 22.00
Corte dei Miracoli – Via Roma 56
La Pia de’ Tolomei
Cantata in ottava rima
di e con Chiara Riondino
Giovedì 9 luglio
Ore 10.00-13.00
Complesso Museale Santa Maria della Scala – Saletta San Galgano, Piazza del Duomo 2
Tavola Rotonda Violenza di genere nel territorio
Ore 17.00-20.00
Giardino della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Siena - Via Roma 47
(in caso di pioggia il reading si terrà presso la Corte di San Galgano)
Contro la violenza, la forza delle parole
Pomeriggio di letture sul tema della violenza, a partecipazione libera.
Ore 20.00
Cena
Ore 22.00
Corte dei Miracoli – Via Roma 56
Zona Franca: umorismi e follie di donne in cerca di libertà
“Laboratorio teatrale delle donne”, Progetto della Comunità Montana Amiata Val d’Orcia, regia di Antonella Rossi
Venerdì 10 luglio
Ore 10.00-13.00
Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell'Università di Siena – Via Roma 56
Tavola rotonda La violenza sulle donne nel discorso pubblico tra stereotipi mediali e strumentalizzazioni politiche
Ore 17.00-20.00
Auditorium dell’Università per Stranieri di Siena – Piazza Rosselli 27
Parole diverse, violenze comuni
Incontro con Norma Berti, letture di testi e musica.
Ore 21,30
Giardino di Villa Rubini Manenti – Via degli Umiliati 12
(in caso di pioggia lo spettacolo si terrà presso la Limonaia)
Trittico femminile
Sequenza orante
Intermezzo – Poesie d’amore di Anne Sexton
Penelope
di e con Rosaria Lo Russo
Sabato 11 luglio
Ore 10.00-13.00
Complesso Museale Santa Maria della Scala – Saletta San Galgano, Piazza del Duomo 2
Workshop La competenza del desiderio: l’identità femminile fra sviluppo personale e sviluppo professionale
Ore 18.00-20.00
Piazza Postierla/Piazza del Duomo 2 – Complesso Museale Santa Maria della Scala
La danza di Farah, ballerina palestinese, e di una danzatrice della sua compagnia, conduce l’anfora verso il Santa Maria della Scala, dove
Paola Lambardi interpreta
Padri e figlie
di Donatella Contini
La competenza del desiderio: l’identità femminile fra sviluppo personale e sviluppo professionale
Ci sono donne che hanno fatto del proprio lavoro una scelta di libertà e di autonomia. Così facendo, hanno reso il lavoro espressione della sessualità e della creatività, hanno messo in scena il desiderio utilizzandolo come energia in grado di cambiare se stesse e il mondo.
Il workshop mira a riconoscere e valorizzare, dai punti di vista storico, sociologico e politico, le scelte delle donne che hanno fatto questi passaggi, restituendo così una biografia femminile in grado di muoversi dentro modelli non tradizionali. L’obiettivo è quello di disegnare un’identità di donna in grado di conciliare, a partire da sé, la zona affettiva e familiare con quella dell’organizzazione del lavoro, un’identità che possa essere consegnata alle nuove generazioni come modello cui ispirarsi per rendere azione sociale e trasformativa la parte più autentica e profonda di sé.
Presupposti
Se l’assenza di un punto forte di identità rende le donne più fragili e diventa una zona possibile di violenza, una maggiore valorizzazione delle competenze femminili nel mondo del lavoro dà alle donne una maggiore centratura su sé, fortificandole: il lavoro e la valorizzazione delle competenze delle donne possono dunque rafforzare l’identità femminile e prevenire la violenza.
L'idea sarebbe quella di aprire una riflessione collettiva sulle ragioni profonde per cui il lavoro è una possibile risposta alla violenza di genere, e può esserlo per davvero quando si fonda sulla capacità delle donne di significare responsabilmente la propria vita, il che permette loro di dare risposte non stereotipate e di proporre modelli nuovi. Per le donne infatti i modelli di riferimento familiari e di organizazione del lavoro sono ancora quelli di tipo tradizionale ed essi sono spesso 'sposati' in maniera inconsapevole e danno l'illusione della libertà e dell'autonomia ma propongono in realtà modelli di dipendenza e, dunque, contro-stereotipi. E se c'è dipendenza, c'è l'impossibilità di esprimere le proprie creatività e sessualità che vengono così uccise e questo processo comporta di per sé violenza di genere.
Temi
Si vorrebbe dare una lettura del lavoro femminile come capacità esplorativa di una parte di sé: pertanto, il lavoro verrebbe letto come un valore non meramente legato all'autonomia economica ma in grado di rappresentare ed esprimere una zona autentica di sé che entra come parte attiva nella dialettica sociale e che diventa dunque espressione della sessualità e della creatività femminili che permettono ad una donna di vivere la 'significazione del mondo'. Il lavoro inteso dunque come significazione del desiderio profondo che le donne attivano in risposta agli stereotipi e che, trascendendo la dimensione economica, si trasforma in un'azione capace di produrre un'energia significante in grado di definire appartenenze e identità. In altre parole, il lavoro inteso come scelta di libertà e di autonomia non perché coi soldi guadagnati ci svincoliamo dalla dipendenza del maschile e dunque magari lasciamo il marito che ci picchia, ma perché quel lavoro ci permette di rendere azione sociale e trasformativa una parte autentica e profonda di noi, ci permette di mettere in scena il desiderio e di utilizzarlo come energia in grado di cambiare noi stesse e il mondo.
Obiettivi
Riconoscere il disegno di un’identità femminile non stereotipata partendo dalla valorizzazione di modelli che si sono prodotti negli ultimi 40 anni giacché le donne hanno, seppure spesso in maniera slegata e scarsamente consapevole, fatto dei passaggi proponendo scelte di vita e identità e, di conseguenza, comportamenti sociali, non legati a stereotipi come ‘le donne in carriera sono uguali agli uomini e dunque sono tutte stronze’ o ‘donne=casalinghe’ o ‘donne=moglie’... Detti modelli rischiano però di rimanere sommersi e di non diventare buona pratica per le altre donne. L’idea del WS è quella di fare il punto della situazione e codificare un modello di identità femminile da consegnare alle nuove generazioni di donne affinché esse possano contribuire a consolidare certe prassi facendo emergere un comportamento che è già diventato comportamento sociale aggiungendo, alle visioni stereotipate del femminile tradizionale, un nuovo modello di identità di genere prodotto dalle altre donne nella pratica della loro biografia e della loro esperienza di vita, un modello utile da avere come sponda, o come bussola, comunque come un’alternativa sperimentata da altre, nel momento in cui ci troviamo a doverci confrontare con certe zone delle nostre identità dove ci sentiamo, e forse davvero siamo, l’altra, lo scarto, la vittima.
Perché un WS
Si vorrebbe creare, a conclusione di Staffetta, un momento di confronto aperto e guidato che fornisca, a fronte di un'assenza di modelli alternativi storicamente identificabili e riguardanti la famiglia e l'organizzazione del lavoro e come essi si conciliano nelle biografie femminili, uno spaccato della ricchezza che le donne sono nonostante tutto state in grado di produrre: tali modelli in questa giornata verranno coralmente illustrati, riconosciuti e capitalizzati, in una parola storicizzati, con l'obiettivo di definire un modello di riferimento che non abbiamo nella nostra linea genelogica ma che altre donne, spesso in solitudine, hanno proposto e sperimentato e che in questa sede verrà proposto affinché possiamo codificare un nuovo modello, stavolta di genere.
Le esperte che sto contattando sono:
Fiorenza Anatrini: Assessora Provinciale (uscente) alle Pari Opportunità.
Marcella Chiesi: sociologa del lavoro; direttore generale di Studio D.U.O. s.r.l. – Donne e Uomini nelle Organizzazioni: la società s occupa di consulenza e servizi alle imprese; consulente aziendale nell’ottica della differenza di genere.
Roberta Guerri: Comitato d’Ente del Comune di Siena
- da definire la sua partecipazione.
Claudia Musolesi: consulente in sviluppo risorse umane e organizzazione del lavoro nell’ottica della differenza di genere.
Se siete d'accordo, mi piacerebbe tanto coordinare questo WS!.
Il workshop mira a riconoscere e valorizzare, dai punti di vista storico, sociologico e politico, le scelte delle donne che hanno fatto questi passaggi, restituendo così una biografia femminile in grado di muoversi dentro modelli non tradizionali. L’obiettivo è quello di disegnare un’identità di donna in grado di conciliare, a partire da sé, la zona affettiva e familiare con quella dell’organizzazione del lavoro, un’identità che possa essere consegnata alle nuove generazioni come modello cui ispirarsi per rendere azione sociale e trasformativa la parte più autentica e profonda di sé.
Presupposti
Se l’assenza di un punto forte di identità rende le donne più fragili e diventa una zona possibile di violenza, una maggiore valorizzazione delle competenze femminili nel mondo del lavoro dà alle donne una maggiore centratura su sé, fortificandole: il lavoro e la valorizzazione delle competenze delle donne possono dunque rafforzare l’identità femminile e prevenire la violenza.
L'idea sarebbe quella di aprire una riflessione collettiva sulle ragioni profonde per cui il lavoro è una possibile risposta alla violenza di genere, e può esserlo per davvero quando si fonda sulla capacità delle donne di significare responsabilmente la propria vita, il che permette loro di dare risposte non stereotipate e di proporre modelli nuovi. Per le donne infatti i modelli di riferimento familiari e di organizazione del lavoro sono ancora quelli di tipo tradizionale ed essi sono spesso 'sposati' in maniera inconsapevole e danno l'illusione della libertà e dell'autonomia ma propongono in realtà modelli di dipendenza e, dunque, contro-stereotipi. E se c'è dipendenza, c'è l'impossibilità di esprimere le proprie creatività e sessualità che vengono così uccise e questo processo comporta di per sé violenza di genere.
Temi
Si vorrebbe dare una lettura del lavoro femminile come capacità esplorativa di una parte di sé: pertanto, il lavoro verrebbe letto come un valore non meramente legato all'autonomia economica ma in grado di rappresentare ed esprimere una zona autentica di sé che entra come parte attiva nella dialettica sociale e che diventa dunque espressione della sessualità e della creatività femminili che permettono ad una donna di vivere la 'significazione del mondo'. Il lavoro inteso dunque come significazione del desiderio profondo che le donne attivano in risposta agli stereotipi e che, trascendendo la dimensione economica, si trasforma in un'azione capace di produrre un'energia significante in grado di definire appartenenze e identità. In altre parole, il lavoro inteso come scelta di libertà e di autonomia non perché coi soldi guadagnati ci svincoliamo dalla dipendenza del maschile e dunque magari lasciamo il marito che ci picchia, ma perché quel lavoro ci permette di rendere azione sociale e trasformativa una parte autentica e profonda di noi, ci permette di mettere in scena il desiderio e di utilizzarlo come energia in grado di cambiare noi stesse e il mondo.
Obiettivi
Riconoscere il disegno di un’identità femminile non stereotipata partendo dalla valorizzazione di modelli che si sono prodotti negli ultimi 40 anni giacché le donne hanno, seppure spesso in maniera slegata e scarsamente consapevole, fatto dei passaggi proponendo scelte di vita e identità e, di conseguenza, comportamenti sociali, non legati a stereotipi come ‘le donne in carriera sono uguali agli uomini e dunque sono tutte stronze’ o ‘donne=casalinghe’ o ‘donne=moglie’... Detti modelli rischiano però di rimanere sommersi e di non diventare buona pratica per le altre donne. L’idea del WS è quella di fare il punto della situazione e codificare un modello di identità femminile da consegnare alle nuove generazioni di donne affinché esse possano contribuire a consolidare certe prassi facendo emergere un comportamento che è già diventato comportamento sociale aggiungendo, alle visioni stereotipate del femminile tradizionale, un nuovo modello di identità di genere prodotto dalle altre donne nella pratica della loro biografia e della loro esperienza di vita, un modello utile da avere come sponda, o come bussola, comunque come un’alternativa sperimentata da altre, nel momento in cui ci troviamo a doverci confrontare con certe zone delle nostre identità dove ci sentiamo, e forse davvero siamo, l’altra, lo scarto, la vittima.
Perché un WS
Si vorrebbe creare, a conclusione di Staffetta, un momento di confronto aperto e guidato che fornisca, a fronte di un'assenza di modelli alternativi storicamente identificabili e riguardanti la famiglia e l'organizzazione del lavoro e come essi si conciliano nelle biografie femminili, uno spaccato della ricchezza che le donne sono nonostante tutto state in grado di produrre: tali modelli in questa giornata verranno coralmente illustrati, riconosciuti e capitalizzati, in una parola storicizzati, con l'obiettivo di definire un modello di riferimento che non abbiamo nella nostra linea genelogica ma che altre donne, spesso in solitudine, hanno proposto e sperimentato e che in questa sede verrà proposto affinché possiamo codificare un nuovo modello, stavolta di genere.
Le esperte che sto contattando sono:
Fiorenza Anatrini: Assessora Provinciale (uscente) alle Pari Opportunità.
Marcella Chiesi: sociologa del lavoro; direttore generale di Studio D.U.O. s.r.l. – Donne e Uomini nelle Organizzazioni: la società s occupa di consulenza e servizi alle imprese; consulente aziendale nell’ottica della differenza di genere.
Roberta Guerri: Comitato d’Ente del Comune di Siena
- da definire la sua partecipazione.
Claudia Musolesi: consulente in sviluppo risorse umane e organizzazione del lavoro nell’ottica della differenza di genere.
Se siete d'accordo, mi piacerebbe tanto coordinare questo WS!.
La violenza sulle donne nel discorso pubblico tra stereotipi mediali e strumentalizzazioni politiche
Introduzione ai temi della tavola rotonda
Nell'emergenza securitaria che ha dominato l'agenda politica e mediale degli ultimi tempi, la visibilità accordata alla violenza contro le donne ha giocato un ruolo di primo piano, ma tale fenomeno è stato oggetto di strumentalizzazioni e misrappresentazioni le più diverse. Il discorso, tradizionalmente femminista, della tutela delle donne è stato infatti appropriato da forze politiche di estrazione diversa e utilizzato in funzione della costruzione di altri discorsi, di cui quello sulla difesa dell'ordine pubblico - che sarebbe minacciato dalla crescente presenza di stranieri - è il più pervasivo ma non l'unico.
Diverse sono le cause invocate da giornalisti e commentatori a spiegazione degli episodi di violenza fisica o sessuale contro le donne, che variano a seconda della tipologia del carnefice e della vittima, ma presentao bias comuni: se l'autore è uno straniero, la costruzione discorsiva messa in campo è spesso quella dello “scontro tra civiltà” (lo straniero stupra e uccide perché è portatore di una cultura “altra”, diversa dalla nostra, più feroce, tribale, patriarcale); se l'autore o gli autori sono italiani e magari giovani, come accade ad esempio negli “stupri di branco”, si grida allora al “bullismo”, alla violenza crescente nella società, al disagio giovanile, alla “crisi dei valori”, al consumo di stupefacenti...in tutti i casi, raramente si ricorda che – come confermano i dati Istat – la maggioranza dei reati contro le donne matura entro il nucleo familiare o entro relazioni intime. D'altronde, il trattamento di questi ultimi casi offre evidenza di altro tipo di strumentalizzazioni: se le vittime preferenziali rimangono le donne, non sfuggirà come gli abusi fisici e sessuali ai danni di mogli, sorelle, conviventi vengano spesso costruiti come storie di ordinaria follia, momenti di improvvisa interruzione di esistenze apparentemente normali, e, soprattutto, come fenomeni di devianza individuale. Il grande assente sul banco degli imputati è ancora l'asimmetria di genere, e l'ordine sociale e culturale che nutre tale asimmetria.
Lo stupro di una donna, infatti, è sempre un atto di sopraffazione maschile, un atto di “violenza di genere”, prima che di rappresaglia etnica, e in quanto tale non conosce confini, né geografici né domestici: affonda le radici in un'asimmetria di potere fra sessi e in una cultura imbevuta di una concezione predatoria della donna (oggetto, feticcio, bersaglio), da cui l'illuminata società italiana e occidentale non è affatto esente.
Obiettivi della tavola rotonda
La tavola rotonda mira ad approfondire le modalità di rappresentazione del fenomeno della violenza contro le donne entro il discorso pubblico italiano e le implicazioni ideologiche che a questa rappresentazione si associano. Mettendo a confronto il punto di vista di professionisti dei media, studiosi della comunicazione e studiosi di altri settori - che possano fornire al fenomeno un inquadramento sociale, giuridico e filosofico più ampio – si intende in particolare fare il punto sulla sistematica “degenderizzazione” della violenza sulle donne operata dai racconti dei media, per tentare di smontarne i meccanismi di funzionamento e individuarne le cause. Si intende così utilizzare la violenza “di genere” come categoria di lettura della complessità, in grado di illuminare le diverse forze e interessi che si scontrano attorno al corpo femminile, ma anche le asimmetrie, le problematiche e i conflitti della vita privata e pubblica sistematicamente occultati a favore di una facile quanto strumentale retorica securitaria che trova nella difesa di questo corpo non il suo fine, ma il suo mezzo.
Gli esperti e le esperte che Elisa sta contattando sono:
Tamar Pitch, professore ordinario di Filosofia e Sociologia del diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Perugia
Barbara Spinelli, laureata in Giurisprudenza e praticante avvocato, responsabile del gruppo di ricerca “Generi e famiglie” dell'Associazione nazionale giuristi democratici
Fabrizio Tonello, docente di Scienze dell'opinione pubblica presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Padova
Laura Eduati, giornalista di “Liberazione”
Matilde D’Errico, autrice, sceneggiatrice, produttrice televisiva, creatrice della serie “Amore criminale” (Raitre), dedicata alla ricostruzione di omicidi di donne commessi da partner o ex partner
Inoltre (copio un pezzo della mail di Elisa):
trattandosi non di convengo ma di tavola rotonda, io penso che se la nostra ricerca procede, potrebbe essere utile presentarne i primi risultati, come quadro introduttivo generale:
presenteremmo i dati relativi alla violenza sulle donne in Italia, che già abbiamo, e i primi risultati sull'analisi delle forme discorsive della rappresentazione di questo fenomeno nei media. In questo caso partecipiamo io e le studentesse che partecipano alla tavola rotonda.
Nell'emergenza securitaria che ha dominato l'agenda politica e mediale degli ultimi tempi, la visibilità accordata alla violenza contro le donne ha giocato un ruolo di primo piano, ma tale fenomeno è stato oggetto di strumentalizzazioni e misrappresentazioni le più diverse. Il discorso, tradizionalmente femminista, della tutela delle donne è stato infatti appropriato da forze politiche di estrazione diversa e utilizzato in funzione della costruzione di altri discorsi, di cui quello sulla difesa dell'ordine pubblico - che sarebbe minacciato dalla crescente presenza di stranieri - è il più pervasivo ma non l'unico.
Diverse sono le cause invocate da giornalisti e commentatori a spiegazione degli episodi di violenza fisica o sessuale contro le donne, che variano a seconda della tipologia del carnefice e della vittima, ma presentao bias comuni: se l'autore è uno straniero, la costruzione discorsiva messa in campo è spesso quella dello “scontro tra civiltà” (lo straniero stupra e uccide perché è portatore di una cultura “altra”, diversa dalla nostra, più feroce, tribale, patriarcale); se l'autore o gli autori sono italiani e magari giovani, come accade ad esempio negli “stupri di branco”, si grida allora al “bullismo”, alla violenza crescente nella società, al disagio giovanile, alla “crisi dei valori”, al consumo di stupefacenti...in tutti i casi, raramente si ricorda che – come confermano i dati Istat – la maggioranza dei reati contro le donne matura entro il nucleo familiare o entro relazioni intime. D'altronde, il trattamento di questi ultimi casi offre evidenza di altro tipo di strumentalizzazioni: se le vittime preferenziali rimangono le donne, non sfuggirà come gli abusi fisici e sessuali ai danni di mogli, sorelle, conviventi vengano spesso costruiti come storie di ordinaria follia, momenti di improvvisa interruzione di esistenze apparentemente normali, e, soprattutto, come fenomeni di devianza individuale. Il grande assente sul banco degli imputati è ancora l'asimmetria di genere, e l'ordine sociale e culturale che nutre tale asimmetria.
Lo stupro di una donna, infatti, è sempre un atto di sopraffazione maschile, un atto di “violenza di genere”, prima che di rappresaglia etnica, e in quanto tale non conosce confini, né geografici né domestici: affonda le radici in un'asimmetria di potere fra sessi e in una cultura imbevuta di una concezione predatoria della donna (oggetto, feticcio, bersaglio), da cui l'illuminata società italiana e occidentale non è affatto esente.
Obiettivi della tavola rotonda
La tavola rotonda mira ad approfondire le modalità di rappresentazione del fenomeno della violenza contro le donne entro il discorso pubblico italiano e le implicazioni ideologiche che a questa rappresentazione si associano. Mettendo a confronto il punto di vista di professionisti dei media, studiosi della comunicazione e studiosi di altri settori - che possano fornire al fenomeno un inquadramento sociale, giuridico e filosofico più ampio – si intende in particolare fare il punto sulla sistematica “degenderizzazione” della violenza sulle donne operata dai racconti dei media, per tentare di smontarne i meccanismi di funzionamento e individuarne le cause. Si intende così utilizzare la violenza “di genere” come categoria di lettura della complessità, in grado di illuminare le diverse forze e interessi che si scontrano attorno al corpo femminile, ma anche le asimmetrie, le problematiche e i conflitti della vita privata e pubblica sistematicamente occultati a favore di una facile quanto strumentale retorica securitaria che trova nella difesa di questo corpo non il suo fine, ma il suo mezzo.
Gli esperti e le esperte che Elisa sta contattando sono:
Tamar Pitch, professore ordinario di Filosofia e Sociologia del diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Perugia
Barbara Spinelli, laureata in Giurisprudenza e praticante avvocato, responsabile del gruppo di ricerca “Generi e famiglie” dell'Associazione nazionale giuristi democratici
Fabrizio Tonello, docente di Scienze dell'opinione pubblica presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Padova
Laura Eduati, giornalista di “Liberazione”
Matilde D’Errico, autrice, sceneggiatrice, produttrice televisiva, creatrice della serie “Amore criminale” (Raitre), dedicata alla ricostruzione di omicidi di donne commessi da partner o ex partner
Inoltre (copio un pezzo della mail di Elisa):
trattandosi non di convengo ma di tavola rotonda, io penso che se la nostra ricerca procede, potrebbe essere utile presentarne i primi risultati, come quadro introduttivo generale:
presenteremmo i dati relativi alla violenza sulle donne in Italia, che già abbiamo, e i primi risultati sull'analisi delle forme discorsive della rappresentazione di questo fenomeno nei media. In questo caso partecipiamo io e le studentesse che partecipano alla tavola rotonda.
Agenda
'In cantiere':
- incontrerò Fiorenza Anatrini insieme a Tiziana Valgattari del Mara Meoni martedì 5 maggio per chiederle innanzitutto di partecipare al WS;
- Elisa sta cercando di contattare Marcello Flores per avere un incontro speriamo la prossima settimana;
- sono in attesa che Federica Gioia della Commissione delle Elette mi ricontatti per invitarci a presentare il programma definitivo con l'obiettivo di 'fare rete';
- lunedì chiamerò Gabriella Bufacchi del Centro Pari Opportunità della Provincia, che ha aderito alla Staffetta, per capire se possono finanziare qualcosa;
- con Mandana stiamo per incontrare il Vicedirettore del CRAS per richiedere un finanziamento e, anche, siamo in attesa di scrivere una lettera con richiesta analoga al MPS;
- in settimana chiamerò Daniela Radi per inviarle il programma definitivo e impostare una strategia per coinvolgere le Contrade sempre nell'ottica del 'fare rete' (il Magistrato ha espresso parere positivo al contatto con i coordinamenti femminili): di questa cosa direi che dovremmo discutere con le altre Associazioni.
Da un punto di vista economico, pensavo che il CPO del Comune potrebbe finanziare:
- allestimento/pulizia Sala San Galgano per la TR del 9 e il WS dell'11;
- service spettacolo Lo Russo.
Resterebbero fuori i costi della TR di Elisa (il WS sto cercando di organizzarlo a costo zero, anche se per precauzione ho previsto un costo analogo a quello ipotizziato da Elisa in modo da poter eventualmente 'spostare' fondi), i compensi delle 2 artiste e la pubblicità/affissioni (anche rispetto alla pubblicizzazione dell'inizitiva a mio parere si dovrebbe discutere con le altre Associazioni).
Inoltre: cineforum, ma su questo non so dirvi di più (pregherei le bimbe che se ne stanno occupando di aggiornare il blog appena avranno novità giacché sono curiosissima!).
E infine: manifesto pubblicitario a cura di Luisa, ma anche a riguardo non so dirvi altro e resto in attesa, curiosissima! :)
Ah, dimenticavo: ho chiesto ad un fotografo che conosco (Valentina, lo conosci anche tu, Federico Romagnoli) se vuole organizzare autonomamente, parallelamente alla Staffetta, una piccola mostra di ritratti di donne o quello che vuole, e sono in attesa di incontrarlo per spiegargli meglio la cosa giacché mi ha risposto positivamente.
FINANZIAMENTI
- pubblicità manifesti e locandine (raccogliere loghi e denominazioni corrette delle Associazioni ecc.) IPOTESI ???
- rimborsi spese esperti tavole rotonde IPOTESI 1000 euro
- compensi artisti (incluse le spese di previdenza e le RA) IPOTESI 1110 euro
- luce elettrica/service ove necessario 200 euro
- pulizie ove necessario (CPO Comune)
- agibilità ove necessario
- richiesta permessi affissioni/permessi uso suolo pubblico
- eventualmente, SIAE
- Consiglio comunale sui temi della violenza di genere (DA VERIFICARE per la Mattina di mercoledì 8 luglio
ODG DELLA PROSSIMA RIUNIONE ASSOCIAZIONI:
- Commissione delle Elette/Contrade: strategia per creare ‘rete’
- Giunta comunale: permessi.
- incontrerò Fiorenza Anatrini insieme a Tiziana Valgattari del Mara Meoni martedì 5 maggio per chiederle innanzitutto di partecipare al WS;
- Elisa sta cercando di contattare Marcello Flores per avere un incontro speriamo la prossima settimana;
- sono in attesa che Federica Gioia della Commissione delle Elette mi ricontatti per invitarci a presentare il programma definitivo con l'obiettivo di 'fare rete';
- lunedì chiamerò Gabriella Bufacchi del Centro Pari Opportunità della Provincia, che ha aderito alla Staffetta, per capire se possono finanziare qualcosa;
- con Mandana stiamo per incontrare il Vicedirettore del CRAS per richiedere un finanziamento e, anche, siamo in attesa di scrivere una lettera con richiesta analoga al MPS;
- in settimana chiamerò Daniela Radi per inviarle il programma definitivo e impostare una strategia per coinvolgere le Contrade sempre nell'ottica del 'fare rete' (il Magistrato ha espresso parere positivo al contatto con i coordinamenti femminili): di questa cosa direi che dovremmo discutere con le altre Associazioni.
Da un punto di vista economico, pensavo che il CPO del Comune potrebbe finanziare:
- allestimento/pulizia Sala San Galgano per la TR del 9 e il WS dell'11;
- service spettacolo Lo Russo.
Resterebbero fuori i costi della TR di Elisa (il WS sto cercando di organizzarlo a costo zero, anche se per precauzione ho previsto un costo analogo a quello ipotizziato da Elisa in modo da poter eventualmente 'spostare' fondi), i compensi delle 2 artiste e la pubblicità/affissioni (anche rispetto alla pubblicizzazione dell'inizitiva a mio parere si dovrebbe discutere con le altre Associazioni).
Inoltre: cineforum, ma su questo non so dirvi di più (pregherei le bimbe che se ne stanno occupando di aggiornare il blog appena avranno novità giacché sono curiosissima!).
E infine: manifesto pubblicitario a cura di Luisa, ma anche a riguardo non so dirvi altro e resto in attesa, curiosissima! :)
Ah, dimenticavo: ho chiesto ad un fotografo che conosco (Valentina, lo conosci anche tu, Federico Romagnoli) se vuole organizzare autonomamente, parallelamente alla Staffetta, una piccola mostra di ritratti di donne o quello che vuole, e sono in attesa di incontrarlo per spiegargli meglio la cosa giacché mi ha risposto positivamente.
FINANZIAMENTI
- pubblicità manifesti e locandine (raccogliere loghi e denominazioni corrette delle Associazioni ecc.) IPOTESI ???
- rimborsi spese esperti tavole rotonde IPOTESI 1000 euro
- compensi artisti (incluse le spese di previdenza e le RA) IPOTESI 1110 euro
- luce elettrica/service ove necessario 200 euro
- pulizie ove necessario (CPO Comune)
- agibilità ove necessario
- richiesta permessi affissioni/permessi uso suolo pubblico
- eventualmente, SIAE
- Consiglio comunale sui temi della violenza di genere (DA VERIFICARE per la Mattina di mercoledì 8 luglio
ODG DELLA PROSSIMA RIUNIONE ASSOCIAZIONI:
- Commissione delle Elette/Contrade: strategia per creare ‘rete’
- Giunta comunale: permessi.
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