giovedì 27 novembre 2008
Questionario: raccolta
un commento di Veronica al post precedente di questa sezione chiede come postare le risposte al questionario in forma anonima.
Le potete spedire come commenti a questo post, selezionando "anonimo" nel riquadro "Scegli un'identità" (in basso a destra). Ricordatevi però che dovete fare taglia/incolla dal file di word, non si può allegare un documento.
Altrimenti portatele stampate mercoledì prossimo.
Oppure, se non vi importa dell'anonimato effettivo, speditele per e-mail a qualcuna del gruppo.
Oppure attivate un irriconoscibile indirizzo email, o fatele spedire da qualcun altro...
Insomma ognuna scelga le strade che vuole, l'importante è che ci siano entro mercoledì.
Io avevo pensato di non postarle, ad esempio, perché ho dovuto lottare con la lunghezza di alcune risposte, ho qualche commento da fare e trovo che siano più difficili da comparare se non c'è uno schema "visivo" simile. Ci vorrebbe un archivio condiviso: se avete voglia di attivare un indirizzo gmail posso aprire una cartella GoogleShare; altrimenti per ora ci arrangiamo più artigianalmente e aspettiamo di fare il sito.
Tra l'altro una persona mi ha già detto che chiamarlo questionario, come facciamo tra noi, è un subdolo inganno :-D e in realtà le è sembrata una vera e propria intervista!
Fatemi sapere; ciao a tutte
mercoledì 26 novembre 2008
mercoledì 19 novembre 2008
Report 19-11-2008
dalla discussione di oggi pomeriggio è nata l'esigenza di passare quanto prima all'azione! Vorremmo riuscire ad avere pronti i questionari mercoledì prossimo. A questo proposito sarebbe probabilmente funzionale che tutte coloro che lo ritengano oppurtuno postassero i loro commenti al riguardo, per riuscire ad aver pronta la griglia di domande da porre nel questionario.
I dubbi sorti durante l'incontro di oggi riguardano l'ambiente e l'età del bacino d'utenza nei quali muoverci; ovvero se limitarci all'ambiente universitario o coinvolgere anche altre sfere pubbliche e/o private; inoltre se rivolgerci soltanto ad una fascia di età compresa dai 18 ai 30 o non porre limiti in tal senso (personalmente ritengo che la fascia di età non vada limitata).
Passando invece ad altro, chi avesse dei riferimenti bibliografici da proporre sul femminismo e l'identità di genere potrebbe già offrire i suoi spunti e portare la prossima settimana anche una lista di lettura da suggerire a chi ne sentisse l'esigenza.
Un bacio a tutte e a presto!
hasta pronto
lunedì 17 novembre 2008
Vivere in un mondo che sembra all'oscuro della nostra libertà
elisa
Via Dogana n. 86 settembre 2008
di Luisa Muraro
Molte che viviamo in questa società e siamo adulte da qualche decennio, in condizione di misurare i cambiamenti avvenuti nell’arco di trenta-quarant’anni, davanti alla realtà di oggi siamo prese da un sentimento di estrema ambivalenza che ci fa pensare quello che non si osa quasi dire e cioè che: tutto va meglio e tutto va peggio. Un vero paradosso.
Abbiamo cominciato a percepirlo, oscuramente, nel corso degli anni Ottanta, per il contrasto fra quello che risultava a noi, da una parte, e una certa lettura maschile che denunciava il deteriorarsi dei rapporti sociali e della situazione politica, dall’altra. In seguito il divario non ha fatto che crescere. Si è continuato a usare linguaggi differenti e a guardare le cose da punti di vista differenti, il che consentiva di andare avanti ignorandoci, la politica delle donne registrando cambiamenti positivi e opponendo una efficace resistenza alla spinte contrarie, gli osservatori della società registrando una emorragia di forze e idee a livello politico e culturale. Io e tante altre siamo andate avanti per la strada intrapresa di migliorare i rapporti tra donne e di cambiare quelli con gli uomini in un senso favorevole alla libertà femminile, non senza risultati. Anzi, con risultati tali che hanno fatto parlare di una vera e propria rivoluzione. Eravamo convinte che, prima o poi, questo aspetto positivo del cambiamento in corso sarebbe entrato nel quadro d’insieme e avrebbe contato positivamente. In particolare, ci aspettavamo che la politica delle donne, che si era mostrata vincente, avrebbe modificato le idee, le pratiche e i progetti di chi lottava contro il degradarsi della vita sociale e politica, e che saremmo diventate protagoniste nel difficile cambiamento che ha nome globalizzazione. Finora non è successo niente del genere. Il movimento no-global, per dirne uno, vedeva nelle donne, quando le vedeva, l’umanità muta e sfruttata, da liberare. Così come il sindacato fino a ieri ha visto nella femminilizzazione del lavoro, un fattore che indebolisce e svalorizza la classe lavoratrice. Intanto, però, il movimento no-global si è spento e i sindacati sono rimasti indietro rispetto all’organizzazione postfordista della produzione. Siamo così arrivate al paradosso della presente situazione, donne che si lasciano alle spalle secoli di sottomissione all’uomo, di istruzione negata, di esclusione dalla vita pubblica, di assegnazione a un lavoro non scelto né pagato né altrimenti riconosciuto, di subordinazione materiale e spirituale al destino biologico. Tutto questo è finito o dietro a finire o destinato a finire, e non solo qui, sembra infatti che in ogni parte del mondo vi siano processi che vanno nella stessa direzione. Ma, messe naturalmente in conto le difficoltà, i ritardi e le incertezze di tanto cambiamento, tutto questo accade in una civiltà che perde colpi per quel che riguarda il diritto internazionale, la coesistenza pacifica dei popoli, la tenuta della democrazia, la forza contrattuale di quanti vivono del loro lavoro, la elementare qualità dei rapporti umani (c’è paura e diffidenza del prossimo, disprezzo per i più poveri…). E che, per giunta, non riesce ad affrontare efficacemente i nuovi e urgenti problemi che si affacciano, fra i quali la salute del pianeta Terra.
Del paradosso in questione faccio il punto di leva del mio discorso, ma devo introdurre qualche considerazione che può mitigare la sua enormità. Nelle epoche di passaggio, come questa che viviamo, bisogna sapere che coesistono cose fra loro molto contrastanti e che le cose possono apparire più contrastanti di quello che appariranno alla luce di sviluppi futuri che noi ignoriamo. Consideriamo, inoltre, che sul paradosso si riverbera la luce enigmatica dello statuto ontologico delle donne, che duemila e cinquecento anni di filosofia, restando all’Occidente, non hanno contribuito a chiarire. Chi sono le donne? Sono l’umanità o una sua parte? Che cosa cambia quando cambiano le donne, l’umanità o una sua parte? Come si passa dal femminile all’universale? Intendo, c’è una posizione femminile che include gli uomini senza riportarli nell’utero materno? Quello che le donne pensano, gli uomini lo possono assumere come pensiero per sé? Le domande si moltiplicano, tutte portano a una, sull’entità di ciò che accade quando accade direttamente e propriamente alle donne, in primis il fatto di esserlo: sono coinvolti anche gli uomini e non per finta, s’intende, non con la favoletta del femminile in lui e del maschile in lei? Oppure gli uomini vanno avanti con la loro storia, in cui le donne si sa che sono coinvolte e si lasciano coinvolgere, fin troppo?
Per anni abbiamo aspettato (la stessa parola usata sopra) che le nostre pratiche politiche e le nostre idee fossero prese in considerazione come una risposta ai problemi crescenti della politica tradizionale. Riconoscimenti e citazioni sono venuti, ma niente di più. Nessuno scambio produttivo, esclusa una minoranza di uomini che però si distaccano dai loro simili quasi quanto noi, se non di più. Recentemente, dopo la disfatta elettorale della sinistra, molti tra i politici sconfitti si sono dati a un attivismo che ripete i vecchi schemi, ma non tutti, alcuni si sono messi a dire: gli errori sono questi, ecc., ora bisogna fare questo, pensare quello, ecc., ma neanche questi si sono voltati dalla parte del femminismo per dire: come hanno fatto loro, il cui movimento è cominciato nel Sessantotto, ad andare avanti, a ottenere risultati e, soprattutto, a indovinare il senso di certe mutazioni (il trionfo della soggettività, la superiorità delle relazioni sulle organizzazioni, il valore della lingua e del simbolico nella produzione)? Devo dire che una svolta di questo tipo, io l’aspettavo … ecco di nuovo questa parola! La sottolineo perché ci aiuta a fare il passo successivo, che è di renderci conto che la cosiddetta politica delle donne ha lasciato all’impegno degli uomini qualcosa che una politica, comunque intesa, non può mai delegare. Di che cosa si tratti, comincio a dirlo così come l’ho capito recentemente e l’ho discusso con altre e altri, in vista di questo numero della rivista. Chi si impegna a cambiare in meglio la sua condizione insieme a quella dei suoi e delle sue simili, chi ha voglia di esistere per sé e per gli altri, le altre, chi non vuole chiudersi nel suo “particolare” ma arricchirsi simbolicamente nello scambio, chi si sente parte dell’umanità, quella prossima e quella lontana, in una parola chi ama la politica, non può ignorare che l’agire libero e creativo, in ogni campo, si afferma a spese della logica del potere, che è logica dei rapporti di forza, del dominio, del conformismo, della sopraffazione o della competizione, più o meno regolata, con schieramenti, contrapposizioni, identificazioni e appartenenze. E viceversa, naturalmente: la logica del potere si afferma a spese dell’agire libero e creativo, in ogni campo e in primo luogo nella politica.
Questa reciproca escludenza, che non ha niente di automatico nè di logico, è la tensione immanente all’esistenza umana con la sua connaturata e mai assicurata libertà. Per cui il loro rapporto è questo: la politica non può ignorare la pressione del potere né legarsi ad esso. Voler fare del potere lo strumento della politica, da una parte, e tenerlo a una distanza di sicurezza, dall’altra, è ugualmente sbagliato. Ma per ragioni fra loro diverse.Quanto alla prima posizione, una vera e propria illusione, non vi insegno niente di nuovo dicendo che, di fatto, avviene ed è sempre avvenuto che il potere, da mezzo che doveva essere, diventa rapidamente il padrone della politica e degli uomini che ad essa si sono dedicati, dei quali infatti si dice, quando hanno successo, che sono “uomini di potere” e nient’altro. Quelli che ricordiamo come politici e meritano questo nome, sono quelli che gli hanno tenuto testa e hanno ottenuto dei risultati contro e indipendentemente da esso. Vero è che, in proposito, non sempre ci si esprime con la necessaria precisione (tornerò su questo punto).
La questione che, invece, domanda di essere discussa da noi su questa rivista, si trova sull’altro versante e riguarda la distanza di sicurezza dal potere, dai suoi apparati e dalla sua logica. Io non vengo qui a negare che sia possibile tenere una simile distanza. Sembra che ciò sia molto difficile agli uomini, ma non lo è per le donne. Lo dico con forza, sulla base di una lunga esperienza, a lungo e accuratamente analizzata. E lo dico in polemica con una veduta che si vende molto bene sul mercato delle idee, secondo cui il potere sarebbe così pervasivo da essere onnipresente. Il problema non è questo, anzi: questa bisogna toglierlo di mezzo come una veduta fuorviante per vedere il vero problema che noi abbiamo davanti. Ho incontrato troppe donne sedotte da pensieri e questioni che non le riguardavano veramente.
Il problema che riguarda noi su questa rivista, io sostengo, è l’evitamento del lavoro necessario per strappare politica viva ed efficace alla presa del potere che la trasforma in una specie di grande pretesto per il suo funzionamento. Evitiamo abitualmente riunioni, elezioni, discussioni, schieramenti e tutta una serie di rituali, come modi di agire in cui accade regolarmente, primo, che si perda di vista la sostanza dei problemi, e, secondo, che l’esperienza viva dei/delle partecipanti, insieme ai loro rapporti, sparisca dietro una maschera di convenienza. Non sono forse due buone ragioni per girare alla larga? Certamente, ma così facendo, senza volerlo, noi non esercitiamo la nostra competenza sui problemi in questione e, soprattutto, perdiamo l’occasione per dare prova ed esempio che si può affrontarli e, in caso, risolverli senza maschere, in rapporti diretti e sinceri con gli interessati, le due cose essendo strettamente congiunte fra loro. Oggigiorno siamo sommersi da problemi male impostati, quindi destinati a nessuna soluzione o a cattive soluzioni, perché impostati unicamente in termini di valori precostituiti (ogni uno ha i suoi, ovviamente), di norme e di leggi, di maggioranze e di minoranze, di fronti che si contrappongono, di alleanze strumentali, di calcoli di potere e relativi compromessi. Si crede comunemente che questo sia la politica. Al contrario, questa è la politica fatta a pezzi dalla logica del potere, la cui somma preoccupazione è sempre di preservare sé stesso, ad ogni costo. Quelli sono i resti di una politica di cui nessuno e nessuna è riuscita a salvaguardare il senso costitutivo, sono frammenti di esperienze ed esigenze che non hanno avuto né il tempo né l’aiuto per essere degnamente ascoltate da persone attente e disinteressate, capaci di stare con gli altri in una relazione sincera e rispettosa. S’indovina ogni tanto la presenza di simili persone, come meteore nel cielo d’agosto, impossibile trattenerle. Eppure noi, nel movimento delle donne, in questi decenni abbiamo imparato a curare la qualità delle relazioni, ad ascoltare, a interloquire, a leggere quello che capita in cielo e sulla terra, a non fare schieramenti, a cercare le parole e le altre mediazioni, ad avere fiducia nell’affacciarsi di qualche risposta buona per le parti in causa. Questa è politica, questa è cultura, questa è religione… non quei resti che si vendono al mercato massmediale, pieno di merce contraffatta.
Tutto vero, ma che così sia, non si può stabilirlo in astratto, senza misurarsi con i contesti che fanno nascere i problemi e con le persone che cercano le risposte. Che vuol dire, in pratica, che non si può stabilirlo senza esporsi, in caso, alla lotta per difendere la bontà di una procedura, l’efficacia di una soluzione, la qualità dell’informazione, la partecipazione allargata. Bisogna che un confronto ci sia, pubblico e leggibile, non cercato apposta in una logica di scontro, ma attuato quando ne va del senso delle cose e della libertà delle persone.
Non c’è niente come l’evitamento di questo confronto che impoverisca la pratica della separazione femminista e della relazione tra donne, facendole apparire, e in sostanza forse diventare, un ritrarsi dalla realtà, un consolarsi e un contentarsi. E qui mi viene in mente un esempio che farà ridere tanto è distante da noi, quello di Marta e Maria (nel vangelo di Luca), figure simboliche, rispettivamente, della vita attiva e contemplativa, questa seconda essendo considerata superiore alla prima, ma che, invece, offrono a Maestro Eckhart l’occasione per un clamoroso rovesciamento: Marta è superiore, dice, perché “Marta era così essenziale, che la sua attività non la ostacolava”. E io intendo che: 1° nessuna condizione può essere assolutizzata come buona, 2° una buona pratica di vita non ci separa da niente e da nessuno, 3° il distacco rende liberi essendo interiore e simbolico.Su Leggendaria 69 (estate 2008) anche Anna Maria Crispino s’interroga sulla distanza, a proposito di uno stare “troppo fuori” o “troppo dentro” (a quel tipo di cose che agitano la sinistra, per esempio). E mi fa pensare che, sotto questo problema di una misura che non si trova, troppo per un verso e troppo per l’altro, possa esservi un inciampo. E cioè? che quando si arriva in vicinanza alla misura giusta, subentra una confusione che offusca e indebolisce. Racconto una storia che altre conoscono, la stessa o una simile. C’era una femminista dotata per la vita attiva, una vera Marta, che aveva il suo gruppo e una carica nel governo locale. Si trovò ad affrontare la rivolta di un intero quartiere contro un campo di nomadi, convocò la popolazione e fece parlare i più arrabbiati con i più saggi, i più spaventati con i più ragionevoli, gli egoisti e i generosi, donne e uomini. Era brava e la candidarono in una lista delle politiche, fu eletta e andò a Roma. Ma l’avevano messa in lista perché tirava su voti, non per quello che sapeva fare e aveva da dire, e lei non riuscì né a fare né a dire, anzi, quella volta che l’abbiamo invitata (lei non veniva a trovarci), a noi sembrò che avesse perso anche la normale capacità di leggere i fatti.
La confusione che offusca e indebolisce, io qui sostengo, è tra politica e potere, e si crea quando si arriva, per così dire, alla distanza giusta, là dove la cosa da fare sarebbe contendere alla logica del potere i gesti e le parole della politica capace di dare senso alle cose e, se necessario, di cambiare il mondo, in piccolo o in grande. Invece del contendere (ma non sono affatto sicura che questa sia la parola esatta), c’è un arrabattarsi, un andare a tentoni, un tentare compromessi e un sostanziale adattarsi la cui unica alternativa finisce per essere quella di andarsene.
Quelli che dicono “bisogna sporcarsi le mani”, hanno la stessa confusione in testa. Tra politica e potere è inevitabile che vi sia una commistione reale, io credo, per più ragioni fra le quali la più forte è quella che sappiamo, l’appetito onnivoro del potere. Ma è altrettanto necessario combatterla, sapendo che c’è politica quando si è mandata indietro l’invadenza del potere, in qualche modo, non importa quale, purché sia senza cedere né concedere alla sua logica. Pur essendo questo un tema per me nuovo sul quale ho un’esperienza non piccola ma scarsamente esplorata con la riflessione personale e condivisa, so con certezza che la prima cosa da fare è la chiarezza mentale dentro alla propria testa. Faccio un esempio che mi riguarda. Raccontavo lo scambio (insoddisfacente) avuto con la caporedattrice di una casa editrice che sta perdendo l’anima (a mio giudizio): è stata gentile, dicevo, mi ha dedicato del tempo, ma non ha dato risposte significative, è rimasta sul generico, non reagiva agli argomenti, insomma io ho sentito che “lei non aveva il potere di decidere”. No! Le ultime parole riflettono la confusione che dicevo; quello che intendevo e che dovevo dire era un’altra cosa, che la mia interlocutrice mancava di passione, forse di anche di competenza, sicuramente di coinvolgimento, in un lavoro che domanda queste qualità. Il potere c’entra, sì, ma in seconda battuta, nel senso che, laddove mancano energia pensante e voglia di esserci, esso subentra ipso facto. Questo esempio mostra come la chiarezza mentale, che è sempre anche una questione di linguaggio, sia indispensabile per leggere i fatti come anche per non trovarsi, senza volerlo, a favorire l’invadenza reale del potere. Le due cose sono strettamente collegate e mi suggeriscono un pensiero ulteriore, circa la tendenza a esagerare il potere del potere. Lo facciamo per paura, seduzione, servilismo, sentimenti coperti spesso dal moralismo e complicati da reazioni difensive, ma non c’è dubbio che questo fondo torbido del nostro animo può decantarsi con un lavoro del pensiero e del linguaggio sulla nostra esperienza intorno a questo tema, a partire dal paradosso di vivere in un mondo che per tanti, troppi aspetti sembra all’oscuro della mia e vostra libertà.
sabato 15 novembre 2008
Spunti e riflessioni da altri gruppi...e quanti gruppi!
Nella trasmissione che ha fatto Onda Rossa stamani sono stati riportati i risultati di un monitoraggio sul genere nell'università italiana, che include tutte le fasce: dagli studenti ai rettori (sì, al maschile: basta sentire le percentuali!). Contatto la Radio e chiedo se possono passarmi questi dati, la fonte, i soggetti promotori.
Nel frattempo riporto il link a "Figlie femmine. Collettivo Universitario Femminista" http://figliefemmine.noblogs.org/
C'è un loro documento che mi pareva interessante riportare e che potrebbe offrire spunti per la nostra analisi del genere nell'Università. Il tetto di cristallo ricorre!
Copio e incollo qui sotto (gli ho notificato che ho linkato il loro documento sul nostro blog):
Su DL 133 e 137, PENSIERI FEMMINISTI SULL'AUTORIFORMA
Come femministe che lottano, si muovono e creano saperi all'interno dell'università crediamo sia fondamentale un'analisi dal punto di vista di genere degli ultimi decreti legge in materia di istruzione e welfare. Prendiamo parola come componenti del movimento sulla reale condizione delle donne nel sistema universitario attuale, con la volontà di portare un contributo alla critica dell'esistente e alla volontà di autoriforma espressa dalle studentesse e dagli studenti.
Partiamo dalla pesante ricaduta che ha lo smantellamento del welfare, di cui i decreti Tremonti-Gelmini sono espressione, sulle donne e sulla nostra libertà di autodeterminazione. Oltre a delegare la nostra salute ad enti privati, tagliando fondi ai Consultori e persino ai Centri Antiviolenza, promuove una retorica familista neo-fascista, in cui il lavoro di cura si riversa completamente sulle spalle delle donne, ancora una volta ricacciate in casa a occuparsi di bambini e anziani. La famiglia è il luogo primario delle violenze contro le donne e del controllo sui nostri corpi e sulle nostre vite. Un'altra conseguenza è la gerarchizzazione femminile su linee razziali e di classe del lavoro di cura che si traduce in una regolazione dei flussi migratori sulla base dei servizi che il pubblico non vuole più garantire.
Il DL 137 riduce il tempo scolastico a 24 ore settimanali, decretando la scomparsa del tempo pieno. Questo pone fine ad un progetto pedagogico avanzato e decreta una divisione di classe tra madri che possono pagare per lasciare i bambini a scuola e madri che saranno costrette a pagare col proprio tempo e progetto di vita, tenendoli a casa, visto e considerato che ancora oggi gli uomini-padri non sembrano condividere quanto dovrebbero il lavoro di cura. Meno tempo a scuola e classi differenziali per migranti significano precisa volontà di discriminazione e pongono le basi per un'educazione razzista, xenofoba, sulla scorta di un "pensiero unico" catto-fascista.
L'insegnamento nelle scuole primarie è tuttora demandato alle donne. Questa femminilizzazione dell'educazione comporta il perpetuarsi dello stereotipo che ci vuole inserite all'interno del mondo dell'istruzione solo nei gradi più vicini alle funzioni materne. L'enorme presenza di donne nelle scuole elementari e la decisione della Gelmini di imporre alle classi una maestra unica comporta il futuro licenziamento di massa delle donne. La "razionalizzazione" del personale ATA sancita nel DL 133 significa anch'essa licenziamenti per le donne, che rappresentano due terzi dei lavoratori, e incide ulteriormente sull'occupazione femminile che nel nostro paese non può vantare dati dignitosi. Le modifiche all'iter di richiesta del part-time, che diventa una "concessione dell'amministrazione" penalizzano ancora una volta le donne che in un numero maggiore usufruiscono di questa modalità lavorativa.
La critica al DL 133, nella parte riservata alla "riforma" dell'Università, che in realtà sancisce tagli economici, di personale e la trasformazione dell'Università pubblica in fondazioni private, non può esimersi da un'analisi delle nefaste condizioni del sistema universitario precedente. In particolare è un sistema che per le donne rappresenta ancora un "tetto di cristallo". Le donne laureate superano di gran lunga il numero di uomini laureati ogni anno, il numero di ricercatrici di III Livello (precarie e sottopagate) è in aumento, ma risulta in decremento il dato sulle ricercatrici di I livello, il numero di docenti ordinarie è inferiore alla media europea, e nel CRUI (Conferenza Rettori Università Italiana) ci sono solo 2 donne su 67 membri, che rappresentano il 2, 6% contro il 25% francese. Il sapere è di fatto in mano maschile come in tutti gli ambiti economico-politici italiani, e si traduce nelle tante forme di potere patriarcale.
Riteniamo che il blocco del turn-over al 20% penalizzerà ulteriormente le donne, e le possibilità di ricerca sui saperi "non convenzionali" per il sistema italiano e in particolare sui "grandi assenti" Gender Studies. Con i tagli e senza una precisa volontà politica, la sperimentazione nella ricerca non è ammessa, la razionalizzazione finisce per limitare anche la ricerca tradizionale e a mercificare il sapere.
Da una parte in Italia, a differenza da tanti paesi europei e extraeuropei non esistono Lauree triennali in Studi di Genere. D'altra parte quando si traducono in insegnamenti all'interno di triennali o specialistiche vengono trasmessi dal punto di vista metodologico come specificità, senza metterne in pratica gli aspetti di messa in discussione della didattica ufficiale e delle asimmetrie di potere (si ripropone la lezione frontale, nozionistica…). I temi degli studi di genere si ritrovano a dover stare all'interno di compartimenti stagni limitanti, e, dove esistono, vengono relegati a nicchie di saperi che non prevedono la contaminazione con gli altri, neutralizzandone la natura trasversale a tutti gli altri insegnamenti. Non è prevista inoltre l'integrazione della didattica ufficiale con saperi che provengano dal basso, da soggettività altre, come le espressioni di movimento della società civile, in questo caso di donne femministe e lesbiche. Questo provoca l'esclusione di temi che noi consideriamo fondamentali per la formazione ma che il "sistema" non considera neutri, perciò sufficientemente scientifici o razionali. Ad esempio sembra impensabile proporre tesi di ricerca o addirittura corsi sull'autodeterminazione delle donne, sulla sessualità, sul sex work, sulle esperienze e la storia dei movimenti lgbtqi o sul transessualismo. Sono temi che, se portati dal basso all'interno dell'università possono aprire delle brecce, mettere in discussione l'intera impalcatura patriarcale sulla quale si regge il sistema di sapere-potere interno ed esterno all'università stessa.
Crediamo che la volontà di autoriforma non possa prescindere da un'analisi di genere sul sistema universitario italiano. Se l'onda decidesse di omettere questa critica, finirebbe per riproporre quel concetto di "neutralità" che finisce per escludere le esistenze, resistenze e desideri di tutte e tutti.
Figliefemmine (Bologna)
Per adesioni: figliefemmine@inventati.org
Manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne, 22 novembre a Roma
http://flat.noblogs.org/
dove c'è anche una sezone Materiale con volantini ecc. da stampare per pubblicizzare la manifestazione
Interessante anche http://femminismo-a-sud.noblogs.org/
Corteo di donne autorganizzato
ROMA, 22 NOVEMBRE 2008
P.zza della Repubblica, ore 14.00- Roma
INDECOROSE E LIBERE!
La violenza maschile è la prima causa di morte e di invalidità permanente delle donne in Italia come nel resto del mondo. La violenza fa parte delle nostre vite quotidiane e si esprime attraverso la negazione dei nostri diritti, la violazione dei nostri corpi, il silenzio.
Un anno fa siamo scese in piazza in 150.000 donne, femministe e lesbiche per dire NO alla VIOLENZA MASCHILE e ai tentativi di strumentalizzare la violenza sulle donne, da parte di governi e partiti, per legittimare politiche securitarie e repressive e torneremo in piazza anche quest’anno perché i governi cambiano ma le politiche restano uguali e, al giorno d’oggi, peggiorano.
In un anno gli attacchi alla nostra libertà e autodeterminazione sono aumentati esponenzialmente, mettendo in luce la deriva autoritaria,sessista, e razzista del nostro paese. Ricordiamo il blitz della polizia al policlinico di Napoli per il presunto aborto illegale, le aggressioni contro lesbiche, omosessuali e trans,contro immigrate/i e cittadine/i di seconda generazione. Violenza legittimata e incoraggiata da governi e sindaci-sceriffi che vogliono imporre modelli di comportamento normalizzati in nome del “decoro” e della “dignità” impedendoci di scegliere liberamente come condurre le nostre vite.
La violenza maschile ha molte facce, e una di queste è quella istituzionale: vorrebbero risolvere la crisi economica e culturale che stiamo vivendo smantellando lo stato sociale. Per salvare le banche, rifinanziare le missioni militari all’estero e militarizzare le nostre città tagliano i fondi ai centri antiviolenza, ai consultori e a tutti i servizi che garantiscono alle donne libertà, salute e indipendenza.
Con la legge 133 tagliano i fondi alla scuola e all’università pubblica per consegnare l’istruzione nelle mani dei privati determinando la fine del diritto ad una istruzione gratuita e libera per tutte/i.
Con il decreto Gelmini, migliaia di insegnanti, maestre precarie, perdono il posto di lavoro, e viene meno un sistema educativo - il tempo pieno - che sostiene le donne, consentendo loro una maggiore libertà di movimento e autonomia.
L’obiettivo delle riforme del lavoro, della sanità, della scuola e dell’università è di renderci sempre più precarie e meno garantite:mogli e madri “rispettabili” rinchiuse nelle case, economicamente dipendenti da un uomo, che lavorano gratuitamente per badare ad anziani e bambini.
Non pagheremo noi la vostra crisi!
Vogliamo reagire alla violenza fisica, psicologica, economica, normativa, sociale e religiosa agita verso di noi, in famiglia e fuori, "solo" perché siamo donne.Vogliamo dire basta al femminicidio.
SABATO 22 NOVEMBRE
SAREMO DI NUOVO IN PIAZZA COME FEMMINISTE E LESBICHE
PER RIBADIRE
con la stessa forza, radicalità e autonomia che la VIOLENZA MASCHILE non ha classe né confini, NASCE IN FAMIGLIA, all’interno delle mura domestiche, e NON È UN PROBLEMA DI ORDINE PUBBLICO MA E' UN PROBLEMA DI ORDINE CULTURALE E POLITICO!
E AFFERMARE CHE
al disegno di legge Carfagna, che criminalizza le prostitute e impone regole di condotta per tutte, che ci vuole dividere in buone e cattive, in sante e puttane, in vittime e colpevoli, noi rispondiamo che SIAMO TUTTE INDECOROSAMENTE LIBERE!
al decreto Gelmini che ci confeziona una scuola autoritaria e razzista, noi rispondiamo che VOGLIAMO TUTTE 5 IN CONDOTTA!
ai pacchetti sicurezza e alle norme xenofobe che ci vogliono distinguere in cittadine/i con e senza diritti, rispondiamo che SIAMO TUTTE CITTADINE DEL MONDO E ANDIAMO DOVE CI PARE!
Bozza questionario Identità di genere
Il fine vorrebbe essere farsi un'idea del modo in cui le ragazze vivono, diciamo, la loro differenza, se la loro esperienza di genere è positiva, se c'è la percezione di una problematicità associata alla condizione femminile. Non so se sto ricostruendo fedelmente il “nostro brain storming”, in caso integrate, correggete ecc. Le altre che non erano presenti che ne pensano?
Soprattutto, dovremmo fare tutte l'enorme sforzo di provare anche solo mentalmente a rispondere a queste domande, per verificarne l'efficacia/comprensibilità....io ho provato e non mi riesce proprio bene. Non so, forse perché so già a cosa mirano le domande...oppure ho bisogno di un analista?!
1)Donne e uomini sono uguali? Perché?
2)Ti senti diversa dai tuoi coetanei maschi? Perchè? (se si mettesse semplicemente “maschi”?)
3)Cosa pensi di avere in comune con le tue coetanee femmine? (idem)
4)Ti piace essere donna? (non mi ricordo più se si era poi deciso di lasciarla in questa posizione o metterla in apertura o in chiusura)
5)Pensi che nella nostra società siano più avvantaggiati gli uomini o le donne?
6)Le donne di oggi sono diverse da quelle di ieri?
7)Come donna, per quale obiettivo di batteresti?
8)Cosa è l'identità di genere per te? Oppure: cosa si intende per....? L'espressione....ti dice qualcosa?
Report incontro 12 novembre
provo a riportare in sintesi quello che ci siamo dette all'incontro di mercoledì 12.
Al gruppo si è aggiunta Marzia Pieri, che insegna teatro (pardon per la semplificazione) alla Facoltà di Lettere. Personalmente ho trovato molto utili le domande che ci ha posto sulle motivazioni,il senso e gli obiettivi del nostro percorso, domande che hanno chiamato in causa molti dei temi emersi nelle prime giornate, temi su cui il nostro bisogno di confronto sembra non esaurirsi mai (anche se ho trovato affascinante constatare come a prendere posizioni su questi temi siano state anche le ragazze che a loro volta li avevano sollevati all'inizio: per carità, la discussione proseguirà senza dubbio, ma ho trovato che il gruppo sia cresciuto sia nel numero che nella consapevolezza). Ecco i temi: il nodo universalismo/genere; la continuità/interruzione dell'esperienza di genere tra le generazioni; il femminismo come esperienza superata o piuttosto cancellata; la maggiore/minore libertà delle donne di oggi rispetto ai modelli di ruolo di genere e alle prescrizioni della femminilità convenzionale. Qui è iniziato un gioco di proiezioni, ipotesi e specchi: continuavamo tutte a evocare queste “ragazze di oggi”, le “altre” rispetto alle giovani del nostro gruppo, attribuendo loro conquiste e desideri, restrizioni e obiettivi, a chiederci se madri femministe hanno generato figlie conformiste, a risponderci che forse queste figlie sono più libere ma meno liberate, no, forse più liberate ma meno libere...insomma, c'è venuto il dubbio che forse fuori dalla nostra cerchia di amicizie, fuori dai seminari in aula m ci sia un mondo che non conosciamo, e che continuiamo a rappresentarci (e, aggiungo, al quale a volte crediamo di dare voce...)
Un dubbio che è arrivato, come dire, a fagiuolo, perchè ha rilanciato con forza la faccenda del questionario. Ve la riassumo nella sezione "Gruppo di lavoro Questionario sull'identità di genere".
sabato 8 novembre 2008
Resoconto mercoledì 5 novembre
Secondo indicazione della Professoressa Pereira la prima uscita in pubblico potrebbe consistere nella proeizione di due film: “Vogliamo anche le rose” e “un'ora sola ti vorrei” con la regista Alina Marazzi presente, a seguire dibattito.
Punti principali della seduta son stati la riorganizzazione del blog e l'organizzazione in sottogruppi di lavoro, temi che vanno di pari passo. Infatti le varie sezioni del blog rispondono alle tematiche-attività che pensiamo di affrontare.
In particolare:
- il glossario, attività che prevede la partecipazione di tutte noi. In una prima fase si è pensato di postare sul blog il valore che ognuna, personalmente, attribuisce al termine in questione; a seguire un incontro con un' esperta o comunque una persona con un bagaglio storico-filosofico-tecnico per analizzarne le radici e le varie accezioni possibili.
Il primo termine che verrà analizzato sarà “FEMMINISMO”. Ripeto: siamo tutte invitate a postare sul blog una nostra riflessione.
- il sondaggio, per mantenere un contatto con la realtà e per sondare l'opinione comune attuale su temi cari al femminismo. Questo progetto verrà portato avanti tramite dei questionari che verranno resi disponibili alla segreteria degli studenti. La formulazione delle domande da fare, la modalità (crocette o risposta aperte) sono ancora da definire. Chi sia interessata si rivolga a Pina (ci stai a far da capogruppo?). Io personalmente mi sono poi impegnata per delle interviste, anche le modalità di questo aspetto sono ancora da definire. Attendiamo la presentazione della Professoressa Pereira per avere chiari i termini in cui formulare sia a i questionari che le interviste.
- mappatura dei soggetti femminili all'interno delle università. Ossia quanto il genere influisca a livello di carriera, di stipendi, che rapporto ci sia tra l'assunzione da parte di docenti maschi e docenti donne, e altri criteri. Gi enti che verranno contattati saranno senza dubbio l'assemblea dei precari e il comitato pari opportunità. E' stata poi citata l'indagine dell'Istat sulla famiglia del 2006, documento che sarebbe interessante affrontare. L'agenzia specializzata in indagini statistiche a cui ci si potrebbe rifare si chiama “le nove”, composta da sole donne sulle donne.
- relazioni esterne. Un gruppo deve necessariamente occuparsi della comunicazione, a partire dal blog fino all'organizzazione degli eventi. Chi è interessata o ha conoscenze o competenze organizzative è pregata di farsi avanti.
La sistematizzazione del blog, che Valentina ha già fatto, segue dei criteri tematici e prevede quindi:
- la sezione degli appuntamenti “calendario”;
- la sezione dei “report” con resoconti dei vari incontri,
- la sezione “glossario” che punta all'analisi e alla ri-significazione delle parole,
- la sezione dedicata alle mater auctores, definite più affettuosamente “madri”, ossia i nostri punti di riferimento “intellettuali”, quindi articoli, bibliogafie varie, punti di riferimento. Per ora questa sezione è nominata riflessioni.
Spero di non aver dimenticato niente, se ho interpretato male qualcosa od omesso questioni importanti, ditemelo.
A presto
Veronica
martedì 4 novembre 2008
Contiamoci
PS pensavo di guardare quando arrivano le prime donne docenti e le prime studentesse a Siena, ora vedo che cosa trovo
sabato 1 novembre 2008
Proposte e decisioni da prendere
riassunto della scorsa puntata, che ha visto altre due new entry: Maria Grazia, un'assegnista di ricerca in diritto del lavoro, e Krizia, studentessa di filosofia. Abbiamo deciso di iniziare a lavorare su progetti concreti e quindi strutturare maggiormente i nostri seminari, sulla natura e finalità dei quali è tuttavia necessario un confronto.
IMPOSTAZIONE DEI SEMINARI: fino a questo momento, essendo il numero delle presenti raramente superiore a 10, è stato possibile istituire una modalità dialogica che alcune, soddisfatte, chiamano “autocoscienza” o “partire da noi stesse” e che altre chiamano con gli stessi termini ma non con la stessa soddisfazione (o non con quella di una volta, a seconda della biografia!). In ogni caso, questa modalità si applica a un gruppo ristretto, mentre forse è il momento di iniziare a farsi conoscere e allargare il gruppo, se vogliamo creare cambiamento. L'incontro con l'assemblea permanente, cui partecipano stabilmente alcune delle “nostre” ragazze, è una prima occasione. Poi dovremo pensare allo spottino su facoltà di frequenza, alla mailing list di ateneo (come suggeriva Francesca) e, soprattutto, a un'iniziativa pubblica.
Tutte d'accordo sull'allargare le partecipazioni. Teniamo presente che, se da questi contatti dovessero uscire 4 persone in più, nessun problema, ma se ne escono di più dobbiamo avere anche progetti ben impostati da proporre. Credo che ci sia qualcosa di potente in questo gruppo, in questo argomento, in questi pomeriggi, che si manifesta in modo imprevedibile e dirompente, e che non sopporterà di essere gettato sul palcoscenico senza essere sicuro di saper recitare. O meglio, performare. Vabbè, meglio se ve lo spiego a voce.
PROGETTI E ATTIVITA'. L'idea è che, se riusciamo a coinvolgere molte donne, potremmo dividerci in gruppi di lavoro, che vanno avanti parallelamente ai seminari, e in cui le persone che mano a mano si aggiungono possono scegliere di inserirsi. Il blog può essere usato come una bacheca elettronica, in cui creeremo sezioni che descrivono i diversi progetti in corso; le responsabili di area (o, meglio, a turno le diverse partecipanti) aggiorneranno sinteticissimamente sullo stato dell'arte, cosicché ogni persona nuova saprà a che punto siamo e a chi rivolgersi per inserirsi qui o lì.
Dei progetti seguenti, il primo occuperà i seminari e per realizzarlo bastiamo già quelle che siamo, il secondo occupa i seminari solo in fase di impostazione e può essere realizzato tramite contributi individuali delle interessate, il terzo invece è uno “spin off” del gruppo e (forse, ma leggete) necessità più persone delle attuali.
1)IL VOCBOLARIETTO. Approvata entusiasticamente da tutte le presenti l'idea di realizzare il glossario storico (o, in modo più confidenziale, il “vocabolarietto”) proposto da Valentina in uno degli ultimi suoi post (visibile cliccando sui commenti al mio report “Memorie dal tuo stesso paese”). Esempi: femminismo, identità di genere, pari opportunità, differenza, scarto dalla norma, posizionamento, performare il genere ecc. Gli interventi di ciascuna di noi e la relativa ora di discussione potrebbero essere pensati intorno ai termini/locuzioni che di volta in volta affronteremo. A questo punto le competenze e i saperi rappresentati all'interno del gruppo sono numerosi, e numerosi gli sguardi che possiamo far convergere su ciascun oggetto. Ovviamente è prevista anche una produzione scritta, una scheda, tipo enciclopedia. Come metodo per aiutarci a scardinare i sedimenti culturali e tentare di risignificare alcune zone del linguaggio forse in effetti potremmo partire da noi, descrivendo quale risonanze, quali coloriture ha un certo termine nel nostro vissuto e immaginario (nella consapevolezza che veniamo da studi diversi, e che, se alcune espressioni sono specialistiche o altamente codificate, e definiscono fenomeni/oggetti precisi, magari altre sono meno connotate perché non “residenti”, mutuate da altri ambiti). Quindi:
a) VOTA IL TUO LEMMA! Da cosa vuoi partire? Tutte abbiamo detto “femminismo”. Ok, e poi?
b)Potrebbe essere interessante fare una piccola indagine sul senso comune, ovvero verificare quali significati si associano ad alcuni di questi termini presso gli studenti (o solo le studentesse) che non hanno frequentato corsi sulle tematiche del genere. Una cosa breve, un po' sul modello Cera di Cupra (concorso in cui si chiedeva di commentare delle citazioni) ma con un limite di spazio, magari prepariamo un foglio e lo distribuiamo nelle diverse classi delle diverse facoltà in cui lavoriamo. Su alcuni termini secondo me si può fare (femminsimo, genere, sesso). Sarei curiosissima.
2)LA MAPPATURA DEL CAMPO. L'idea, proposta da Lola, di monitorare i soggetti e le realtà che operano nell'ambito del genere, per fare rete, per essere inserite tra i loro contatti, per linkarle dal nostro blog. Però vorremmo che questa mappatura e successiva organizzazione dei link avvenisse su base tematica, a fronte dell'individuazione di parole chiavi, sotto cui raccogliere i diversi soggetti. Come diceva Maria Grazia, probabilmente la realizzazione del vocabolarietto o almeno il confronto sui termini da inerire saranno un primo passo per l'individuazione dei criteri di ricerca, che poi ognuna fa per conto suo, se ha voglia, esplorando la rete.
3) L'INCHIESTA SUL GENERE NELL'UNIVERSITA'. Anche su questo rimando al post di Valentina. Non abbiamo discusso troppo dei contenuti ma del modus operandi: ovviamente un lavoro del genere è mooooolto impegnativo. Se vogliamo fare in modo che sia un progetto che procede indipendentemente dal “ricambio” entro il nostro gruppo, è necessaria un'impostazione precisa, una formalizzazione delle pratiche, una continuità nel tempo e, naturalmente, molte, molte persone che ci lavorino.
Alternativa: iniziamo subito, senza aspettare di avere molte partecipanti: chi è interessato a questo progetto, di cui si dovrebbe ovviamente parlare prima, potrebbe coordinarsi con l'Assemblea Precari e collaborare alla loro indagine, che riguarda i soli precari, ma insomma, sarebbe un primo passo anche per testare le metodologie e capire come inserire la variabile di genere, no? La prossima assemblea di loro è martedì 4 alle 2 a Economia, io vado, se c'è qualcuno che viene con me possiamo proporre la cosa e dare le nostre disponibilità a partecipare. Vi riporto un estratto da una recente mail:
“dai rappresentanti dei Dipartimenti di Chimica, di Scienze e Tecnologie
Chimiche e dei Biosistemi, e Farmaco Chimico Tecnologico, arriva una
sollecitazione a dimostrare "attraverso un’analisi di tipo qualitativo e
quantitativo, il CONTRIBUTO che questa categoria “occulta” ha nello
svolgimento delle attività di ricerca e didattica all’interno
dell’Università", anche attraverso "un vero e proprio censimento di tutti
i precari". Questa sollecitazione ne incontra altre, e credo sia opportuno
creare un gruppo di lavoro su questo, che valorizzi i dati acquisiti negli
ultimi anni (abbiamo già un data-base di dettaglio dell'Ateneo aggiornato
al 2006 e 2007 con risposte di ricercatori precari dell'Università di Siena a un'inchiesta fatta sempre nel 2006, tutti dati da analizzare e
valorizzare)”.
partecipazione all'assemblea permanente
Per chi non c'era, all'ultimo incontro è venuta fuori l'idea di fare una prima "uscita pubblica" durante la prossima assemblea permanente degli studenti, per far conoscere il nostro lavoro e quindi estendere la partecipazione, in un momento così difficile, ma anche a mio avviso, così fervido e ricco di impegno.
Ho già parlato con Carolina e per lei non ci sono problemi. Con molta probabilità però l'assemblea di mercoledì non sarà fatta al rettorato, ma a fieravecchia. Rimango in contatto con Carolina per avere informazioni più precise. L'idea era quella di mantenere l'incontro delle 14 in aula m per poi spostarsi alle 17 all'assemblea.