Aiuto! Qualcuno ha avuto modo di vedere la nuova miniserie "Le segretarie del sesto piano"? Ancora i soliti stereotipi: segretarie di uomini in carriera, belle, intelligenti e affascinanti, che finiscono per avere relazioni amorose con i loro capi ovviamente uomini.
La miniserie è stata presentata in coda al TG1 o TG2 di domenica 25 ottobre (se non sbaglio) e le attrici protagoniste hanno dichiarato "quelle che interpretiamo sono donne in carriera, forti sul lavoro e fragili nel privato" ma anche "le segretarie conoscono meglio gli uomini per i quali lavorano delle loro mogli". Sono rimasta senza parole: come è possibile che nonostante le vicende del "papi" e di tutto il parlare di violenza sulle donne, mobbing, donne e lavoro, donne in carriera, quote rosa ecc.. si finisce ancora una volta con una rappresentazione della donna in carriera sì, ma sempre subordinata all'uomo. Non solo: la segretaria è anche la donna con la quale l'uomo tradisce la moglie.
Insomma mi sembra che solo Gad Lerner nell'ultima puntata dell'Infedele abbia parlato di questa fiction in toni polemici, ma perché nessun altro si è indignato?
giovedì 29 ottobre 2009
le segretarie del sesto piano
venerdì 23 ottobre 2009
Ancora sul corpo della donna
Quando ho fatto la presentazione dell’oggetto mi sono sentita molto in imbarazzo perché per la prima volta parlavo in pubblico del mio corpo attraverso questo libro, "Corpo di donna, saggezza di donna". Questo imbarazzo mi ha bloccato e non sono riuscita né a parlare con la disinvoltura che avrei voluto né a dire tutto quello che avrei desiderato dirvi. Poi per qualche giorno, come capita spesso, mi sono detta: “dovevo dire questo e aggiungere quest’altro…e così via”. Quindi ora riprendo la parola per dirvi quello che allora non sono stata capace di condividere con voi; in questa occasione con l’intenzione di contribuire alla ricerca di parole da risignificare insieme.
Come vi dicevo allora, è stato un controverso rapporto con la pillola anticoncezionale quello che mi ha portato a leggere questo libro, in realtà un’amica me l’ha regalato dopo che le ho confessato le mie preoccupazioni. Credo che il rapporto controverso con questi sistemi anticoncezionali è molto diffuso tra noi donne e credo rispecchi un passo in più rispetto al femminismo degli anni settanta dove la pillola era il simbolo dell’emancipazione sessuale. Io allora non ero una femminista. Non era quindi una scelta di consapevolezza politica. La mia fu una “scelta” dovuta alla paura, al terrore di restare incinta e dover abortire.
Il libro ha confermato i miei dubbi sul male che questi metodi causano nel corpo della donna ma allo stesso tempo mi ha riconciliato con me stessa, che ho capito che quello è stato il mio modo per liberarmi dalla paura (e anche dalle sigarette!) e rilassarmi nei rapporti sessuali. La verità è che mi sono riconciliata quando piano piano mi sono riapropriata del mio corpo e ho cominciato a imporre la mia autoderminazione al sistema medico patriarcale. Non sempre ci riesco.
Dopo, ho continuato a interessarmi del sistema medico e delle sue conseguenze, e anche se la mia dottoressa di fiducia è dentro la medicina convenzionale il suo è un approccio di genere. Lei si chiama Carme Valls, lavora a Barcellona e ha scritto diversi libri e saggi sulla salute delle donne. "Donne invisibili" è il libro che mi ha spiegato quanto le donne siamo invisibili nel sistema medico. Tale invisibilità è riscontrabile dalla ricerca scientifica al trattamento della malattia passando per la diagnosi. Per quanto riguarda la ricerca, le donne siamo escluse in maniera sistematica come soggetti dai saggi clinici e come componenti del campione da studiare. L’elaborazione dei parametri di riferimento sono fatti a partire da modelli maschili che sono considerati normali, neutri, per valutare lo stato di salute fisica di una popolazione. L’assenza di ricerca su come si manifestano le malattie tra le donne determina che i metodi di raccolta di informazione siano parziali e che non sia valutata la differenza nella manifestazione di sintomi tra donne e uomini. Tale invisibilità trova il suo paradigma nelle malattie cardiovascolari. Le medicina si è basata tradizionalmente nella patologia predominante nel sesso maschile e nella sintomatologia che presentano le malattie che soffrono gli uomini. Ad esempio, si è detto che l’infarto al miocardio si presenta con un forte dolore nella zona precordiale sinistra che irradia al braccio sinistro e le dita ma questo dolore, con queste caratteristiche, si presenta in modo meno frequente nel sesso femminile. Tra le donne, in realtà, è molto più abituale che il dolore possa riguardare le mascelle o, in un 30% dei casi, si presentino soltanto sintomi di alterazione dello stomaco, come se si trattasse di una indigestione. Non bisogna stupirsi quindi, se i sintomi che presentano le donne nell’atto clinico siano a volte sottovalutati o semplicemente dimenticati, senza cercare di stabilire una diagnosi chiara a partire dalla domanda delle pazienti.
Questa “indifferenza” provoca il più delle volte delle diagnosi approssimative, sbagliate o incerte, e il conseguente ricorso a trattamenti ugualmente sbagliati volti a risolvere i sintomi e non le cause delle malattie. Sono, ad esempio, molto frequenti i casi in cui davanti a sintomi come la stanchezza, la difficoltà di concentrazione, gli attacchi di panico, vengano diagnosticate malattie mentali come depressione, attacchi di ansia e prescritti degli psicofarmaci; ciò invece di indagare sulle cause alla base di tali sintomi che tante volte possono essere ricondotte ad un problema endocrino o a una anemia prolungata nel tempo considerata invece “normale” tra le donne e, quindi, anch’essa invisibile come malattia da trattare.
Esistono differenze di morbilità e mortalità tra le donne e gli uomini, ma la maggior parte delle malattie che riguardano la donna non sono state studiate con lo stesso rigore di quelle maschili.
La ragione è che la maggior parte delle ricerche, sia di malattie che di fisiopatologie, hanno considerato esclusivamente l’uomo come soggetto. Risulta, quindi, logico che tali studi non possano essere generalizzati alle donne.
Il suo prossimo libro si chiama: "Donne, potere e salute" e lì spiega come i nuovi ruoli di potere che stiamo assumendo, o come diceva Michela, questa urgenza di essere presenti senza curare la differenza dei nostri corpi, sta causando nuove e gravissime malattie tra noi donne.
Come vi dicevo allora, è stato un controverso rapporto con la pillola anticoncezionale quello che mi ha portato a leggere questo libro, in realtà un’amica me l’ha regalato dopo che le ho confessato le mie preoccupazioni. Credo che il rapporto controverso con questi sistemi anticoncezionali è molto diffuso tra noi donne e credo rispecchi un passo in più rispetto al femminismo degli anni settanta dove la pillola era il simbolo dell’emancipazione sessuale. Io allora non ero una femminista. Non era quindi una scelta di consapevolezza politica. La mia fu una “scelta” dovuta alla paura, al terrore di restare incinta e dover abortire.
Il libro ha confermato i miei dubbi sul male che questi metodi causano nel corpo della donna ma allo stesso tempo mi ha riconciliato con me stessa, che ho capito che quello è stato il mio modo per liberarmi dalla paura (e anche dalle sigarette!) e rilassarmi nei rapporti sessuali. La verità è che mi sono riconciliata quando piano piano mi sono riapropriata del mio corpo e ho cominciato a imporre la mia autoderminazione al sistema medico patriarcale. Non sempre ci riesco.
Dopo, ho continuato a interessarmi del sistema medico e delle sue conseguenze, e anche se la mia dottoressa di fiducia è dentro la medicina convenzionale il suo è un approccio di genere. Lei si chiama Carme Valls, lavora a Barcellona e ha scritto diversi libri e saggi sulla salute delle donne. "Donne invisibili" è il libro che mi ha spiegato quanto le donne siamo invisibili nel sistema medico. Tale invisibilità è riscontrabile dalla ricerca scientifica al trattamento della malattia passando per la diagnosi. Per quanto riguarda la ricerca, le donne siamo escluse in maniera sistematica come soggetti dai saggi clinici e come componenti del campione da studiare. L’elaborazione dei parametri di riferimento sono fatti a partire da modelli maschili che sono considerati normali, neutri, per valutare lo stato di salute fisica di una popolazione. L’assenza di ricerca su come si manifestano le malattie tra le donne determina che i metodi di raccolta di informazione siano parziali e che non sia valutata la differenza nella manifestazione di sintomi tra donne e uomini. Tale invisibilità trova il suo paradigma nelle malattie cardiovascolari. Le medicina si è basata tradizionalmente nella patologia predominante nel sesso maschile e nella sintomatologia che presentano le malattie che soffrono gli uomini. Ad esempio, si è detto che l’infarto al miocardio si presenta con un forte dolore nella zona precordiale sinistra che irradia al braccio sinistro e le dita ma questo dolore, con queste caratteristiche, si presenta in modo meno frequente nel sesso femminile. Tra le donne, in realtà, è molto più abituale che il dolore possa riguardare le mascelle o, in un 30% dei casi, si presentino soltanto sintomi di alterazione dello stomaco, come se si trattasse di una indigestione. Non bisogna stupirsi quindi, se i sintomi che presentano le donne nell’atto clinico siano a volte sottovalutati o semplicemente dimenticati, senza cercare di stabilire una diagnosi chiara a partire dalla domanda delle pazienti.
Questa “indifferenza” provoca il più delle volte delle diagnosi approssimative, sbagliate o incerte, e il conseguente ricorso a trattamenti ugualmente sbagliati volti a risolvere i sintomi e non le cause delle malattie. Sono, ad esempio, molto frequenti i casi in cui davanti a sintomi come la stanchezza, la difficoltà di concentrazione, gli attacchi di panico, vengano diagnosticate malattie mentali come depressione, attacchi di ansia e prescritti degli psicofarmaci; ciò invece di indagare sulle cause alla base di tali sintomi che tante volte possono essere ricondotte ad un problema endocrino o a una anemia prolungata nel tempo considerata invece “normale” tra le donne e, quindi, anch’essa invisibile come malattia da trattare.
Esistono differenze di morbilità e mortalità tra le donne e gli uomini, ma la maggior parte delle malattie che riguardano la donna non sono state studiate con lo stesso rigore di quelle maschili.
La ragione è che la maggior parte delle ricerche, sia di malattie che di fisiopatologie, hanno considerato esclusivamente l’uomo come soggetto. Risulta, quindi, logico che tali studi non possano essere generalizzati alle donne.
Il suo prossimo libro si chiama: "Donne, potere e salute" e lì spiega come i nuovi ruoli di potere che stiamo assumendo, o come diceva Michela, questa urgenza di essere presenti senza curare la differenza dei nostri corpi, sta causando nuove e gravissime malattie tra noi donne.
mercoledì 21 ottobre 2009
Riflessione oggetto di Lola
Ancora una volta è il corpo ad essere al centro della riflessione; è attorno ad esso che si muovono i miei dubbi. Cosa intendiamo quando parliamo di corpo? Facciamo forse riferimento ad un mero involucro che limita con la propria fisicità e dunque con i propri complessi processi biologici l'esperessione di qualcosa d'altro, oppure indichiamo consapevolmente una struttura totale, capace di contenere ma anche di essere?
La storia recente del femminismo ci ha insegnato a superare la funzione limitante della dimensione puramente fisica. Rompendo il mito della "matrice", della "donna culla" destinata a ricevere l'ovulo fecondato, il corpo cessa di essere oggetto, si emancipa, acquista un proprio status: il corpo è soggetto, la donna è anche corpo. Il corpo come elemento di rottura, liberato dai vincoli culturali e sociali, comincia a veicolare le prime istanze: "IL CORPO E' MIO E LO GESTISCO IO!". Non si rivendicano a gran voce semplicemente il controllo della donna sul proprio corpo, la capacità di disporre in piena autonomia di un oggetto da abitare; il corpo è strumento prima di tutto politico, attraverso cui diventa possibile agire concretamente sul mondo, modificandolo.
L'uso della pillolla contraccettiva è il simbolo forse più evidente della volontà della donna di ridisegnare i propri bisogni all'interno della società patriarcale. Attraverso il blocco volontario dell'ovulazione, la donna si riappropria della vita individuale, conformata, come sostiene Simone de Beauvoir, più secondo i bisogni dell'ovulo che i propri.
Ecco che allora la fisicità si delinea come una tavola su cui agire; il corpo che diventa strumento attivo di conocenza di se, come sostiene Lola durante la presentazione del suo oggetto, una lente attraverso cui rileggere il passato storico-sociale per ripensare un futuro diverso.
Le donne degli anni Settanta, emarginate, discriminate nel mondo lavorativo e confinate in ruoli secondari, ancora strettamente connessi alla cura della casa, alla protezione della sfera intima, agiscono sul corpo per riscattarsi, su quell'elemento per troppo tempo negato, nascosto, brutalizzato e ora così direttamente accessibile.
La maternità non è più vissuta come semplice evento naturale da subire; i tratti dell'autonomia e della volontarietà cominciano ad assumere rilevanza nella definizione della struttura famigliare, ma anche nei nuovi ruoli che le donne di li a poco rivendicheranno nella sfera lavorativa, in quella politica e istituzionale. Tutto sembra dunque partire dal corpo e dalla sua fisicità più intima, quella legata al ciclo mestruale, al rapporto sessuale, al concepimento, alla maternità, all'aborto. Agendo sulle funzioni biologiche del corpo, le donne scardinano i parametri esistenti, combattendo contro quell'elemento da sempre presente: il senso di colpa. Un elemento che continua ad accompagnarci anche oggi, come a volerci ricordare (nel caso lo dimenticassimo), che la nostra incapacità di scrollarci di dosso retaggi, ahimè centenari, è ancora li, tutta davanti a noi.
Il senso di colpa che proviamo in seguito a decisioni dolorose e coraggiose al tempo stesso, sembra ormai diventato parte di noi, del nostro essere al mondo. Senso di copla che proviamo nei confronti di madri, padri, mariti e compagni e il senso di colpa creato ad hoc quando ci rivolgiamo a strutture mediche incapaci di prendersi cura del nostro corpo, ma assolutamente in grado di sottoporre la donna a giudizi feroci e a decisioni "etiche", il cui grado di soggettività altro non fa che mettere seriamente a rischio la nostra salute.
martedì 20 ottobre 2009
riflessioni luisa su oggetto mandana
Non c’ero alla presentazione dell’oggetto di Mandana “Corpo di donna” ma grazie alle parole di Teresa, delicate ma allo stesso tempo dirette, ho potuto provare ad immaginarmi in aula M con le altre.
Cercherò di essere breve, dato che le cose da dire sarebbero tante.
Prima di tutto credo che sia complicato e difficile parlare del corpo della donna in riferimento a due culture (la nostra occidentale e quella in cui Mandana ha vissuto per molto tempo) così lontane e diverse ma con moltissimi elementi in comune. Prima di poter parlare della condizione della donna araba dovrei avere un’idea chiara di quella della donna occidentale ed invece mi sto ancora ponendo mille domande sulla nostra condizione nella società in cui viviamo.
Detto questo credo anche io che una riflessione sul corpo della donna sia cruciale, fondamentale e tappa obbligata per tutti coloro che vogliono prendere coscienza delle problematiche relazionali nel rapporto uomo donna. Diciamolo: il nostro corpo è bello, bellissimo, rotondo, sinuoso, armonico… provoca distrazione e turbamento ed è per questo che, secondo me, è coperto totalmente o scoperto totalmente.
E’ un tentativo degli uomini di ridurre la donna ad un estremo (solo un corpo, o un non-corpo) per farla uscire dalla dimensione di persona che è partecipe della vita sociale e ridurla ad una non-persona. Forse è vero ciò che all’inizio di questo percorso di autoconsapevolezza mi sembrava eccessivo e cioè che gli uomini ci temono e temono il nostro corpo, desiderano esercitare un controllo su di esso (lo coprono o lo scoprono) e desiderano esercitare un controllo anche su questioni prettamente femminili come l’aborto, la gravidanza e così via. Il corpo della donna viene, forse, così controllato anche nella sua funzione riproduttiva attraverso la separazione netta di due tipi di donna che da sempre sono presenti nella mente dei maschi: la donna moglie-madre, un vaso da riempire e da fecondare e la donna-prostituta un vaso da riempire a scrollandosi di dosso ogni responsabilità riguardante il concepimento.
Arrivo ora all’argomento menopausa trattato da Mandana. Mandana dice che la donna in menopausa non trova più una collocazione sociale. In che senso? A quale cultura si riferisce? E’ ancora valido per le donne che entrano oggi nel periodo della menopausa? Non lo so, è un argomento che varrebbe la pena approfondire. Se faccio riferimento alla mia esperienza personale non mi sembra che il parlare di menopausa sia un tabù. E’ vero però che, forse, nell’immaginario collettivo la donna in menopausa assume connotazioni negative. E’ vero anche che sempre più donne in età da menopausa non trovano spazio in tv, però forse qui non c’entra la menopausa ma l’età.
Continuando a scorrere le parole di Teresa leggo che secondo Mandana “l’inizio del periodo fertile è salutato con festeggiamenti mentre non ci sono riti per l’ingresso nel periodo della menopausa”. Anche qui Mandana si riferisce all’Iran?
A questo proposito vorrei dire due cose:
In Italia la prima mestruazione non è festeggiata, anzi è vissuta con imbarazzo credo. Fino a non molto tempo fa anche la parola mestruazione veniva detta sottovoce oppure si diceva “ quella cosa”, “quell’affare”… In più, per esempio, non molto tempo fa alle donne non era permesso entrare in chiesa nel periodo del ciclo mestruale.
Il motivo per cui la menopausa non è festeggiata non può essere quello per cui comunque la menopausa è indice del fatto che siamo invecchiate? Non si può collegare tutto alla paura della morte di cui l’invecchiamento può essere un primo sintomo? Inoltre, a quanto ne so, con la menopausa giungono anche complicazioni a livello fisico ed ho avuto modo di conoscere donne che grazie all’utilizzo di farmaci hanno potuto ritardare l’arrivo della menopausa, ritardandone così anche gli effetti negativi.
Anche gli uomini sono ossessionati dall’essere efficienti dal punto di vista riproduttivo, infatti mi sembra che anche il parlare di andropausa possa essere considerato un tabù.
Mandana ha infine toccato un argomento, già trattato da Lola, sul quale riterrei opportuno soffermarci nuovamente. Mi riferisco al fatto che troppo spesso la medicina cura il corpo delle donne nello stesso modo in cui lo farebbe con gli uomini. Questa estate ho subito anche io le conseguenze di ciò: mi è stato prescritto un antibiotico non considerando il fatto che nelle donne, nella gran parte dei casi, porta al verificarsi di altre problematiche, perciò sono stata costretta ad un’ulteriore cura. Vorrei sapere se ci sono degli sviluppi in proposito e se ci sono medici sensibili a questo tipo di problematiche. Perché non riparlarne?
Per quanto riguarda l’ultima parte del report di Teresa non posso far altro che ammirare Mandana per il coraggio che ha avuto e ringraziarla per aver condiviso con noi un’esperienza così difficile ed intensa.
Vorrei concludere citando due righe estratte dal testo di una ragazza di Lettere e Filosofia di Siena che ho letto nel libro di “Cera di Cupra” (quello relativo al concorso, per intenderci) e che mi sembra possano riassumere bene la problematicità e la complessità del rapporto fra noi donne e il nostro corpo. E’ vero, è forse dal prenderne consapevolezza che può prendere vita il percorso attraverso il quale ogni donna pensa a se stessa in quanto tale, in un contesto sociale.
L’autrice del testo scrive a proposito del periodo della sua adolescenza:
“Cos’ero a quell’epoca? Non sapevo camminare sui tacchi ma portavo il reggiseno, avevo l’acne, e una volta al mese mi riempivo di antidolorifici per affrontare quel curioso avvenimento fisiologico che mia nonna nominava in diciassette modi diversi e sempre con un’aria da cospiratrice. Il fascino da ninfetta era toccato tutto alla maliziosa Lolita Nabokov, lasciando noialtre, tredicenni non sublimate dalla fantasia letteraria, a guardarci perplesse di fronte allo specchio, chiedendoci cosa non andasse. E perché mai la gonna che ieri stava a pennello ora era evidentemente troppo corta, e la t-shirt troppo stretta; perché quel corpo, con il quale avevamo vissuto felicemente più di una decina d’anni, se ne stava lì a darci battaglia. Senza trovare puntualmente una risposta. Poi, con gli anni, l’abbiamo trovata. (…) Passando per decine di riti di passaggio, con un occhio sempre puntato sul riflesso delle vetrine per vedere se tutto il lavoro fatto (…) fosse ancora lì, abbiamo capito che tutto quel piangere, quel provare vestiti, tutto quell’amare inutilmente e quel confidarsi con le amiche, quei primi disastrosi tentativi di trucco, quel primo bacio, quella prima volta, quell’essere sempre sottovalutate, tutto quel tempo, passato in buona parte a tentare di dimostrare qualcosa a qualcuno, o magari anche solo a noi stesse ci aveva trasformato. In qualcosa di doloroso e meraviglioso e diverso ed inspiegabile. Pure da noi, ormai così occupate ad esserlo da non essere più interessate a definirlo”.
Cercherò di essere breve, dato che le cose da dire sarebbero tante.
Prima di tutto credo che sia complicato e difficile parlare del corpo della donna in riferimento a due culture (la nostra occidentale e quella in cui Mandana ha vissuto per molto tempo) così lontane e diverse ma con moltissimi elementi in comune. Prima di poter parlare della condizione della donna araba dovrei avere un’idea chiara di quella della donna occidentale ed invece mi sto ancora ponendo mille domande sulla nostra condizione nella società in cui viviamo.
Detto questo credo anche io che una riflessione sul corpo della donna sia cruciale, fondamentale e tappa obbligata per tutti coloro che vogliono prendere coscienza delle problematiche relazionali nel rapporto uomo donna. Diciamolo: il nostro corpo è bello, bellissimo, rotondo, sinuoso, armonico… provoca distrazione e turbamento ed è per questo che, secondo me, è coperto totalmente o scoperto totalmente.
E’ un tentativo degli uomini di ridurre la donna ad un estremo (solo un corpo, o un non-corpo) per farla uscire dalla dimensione di persona che è partecipe della vita sociale e ridurla ad una non-persona. Forse è vero ciò che all’inizio di questo percorso di autoconsapevolezza mi sembrava eccessivo e cioè che gli uomini ci temono e temono il nostro corpo, desiderano esercitare un controllo su di esso (lo coprono o lo scoprono) e desiderano esercitare un controllo anche su questioni prettamente femminili come l’aborto, la gravidanza e così via. Il corpo della donna viene, forse, così controllato anche nella sua funzione riproduttiva attraverso la separazione netta di due tipi di donna che da sempre sono presenti nella mente dei maschi: la donna moglie-madre, un vaso da riempire e da fecondare e la donna-prostituta un vaso da riempire a scrollandosi di dosso ogni responsabilità riguardante il concepimento.
Arrivo ora all’argomento menopausa trattato da Mandana. Mandana dice che la donna in menopausa non trova più una collocazione sociale. In che senso? A quale cultura si riferisce? E’ ancora valido per le donne che entrano oggi nel periodo della menopausa? Non lo so, è un argomento che varrebbe la pena approfondire. Se faccio riferimento alla mia esperienza personale non mi sembra che il parlare di menopausa sia un tabù. E’ vero però che, forse, nell’immaginario collettivo la donna in menopausa assume connotazioni negative. E’ vero anche che sempre più donne in età da menopausa non trovano spazio in tv, però forse qui non c’entra la menopausa ma l’età.
Continuando a scorrere le parole di Teresa leggo che secondo Mandana “l’inizio del periodo fertile è salutato con festeggiamenti mentre non ci sono riti per l’ingresso nel periodo della menopausa”. Anche qui Mandana si riferisce all’Iran?
A questo proposito vorrei dire due cose:
In Italia la prima mestruazione non è festeggiata, anzi è vissuta con imbarazzo credo. Fino a non molto tempo fa anche la parola mestruazione veniva detta sottovoce oppure si diceva “ quella cosa”, “quell’affare”… In più, per esempio, non molto tempo fa alle donne non era permesso entrare in chiesa nel periodo del ciclo mestruale.
Il motivo per cui la menopausa non è festeggiata non può essere quello per cui comunque la menopausa è indice del fatto che siamo invecchiate? Non si può collegare tutto alla paura della morte di cui l’invecchiamento può essere un primo sintomo? Inoltre, a quanto ne so, con la menopausa giungono anche complicazioni a livello fisico ed ho avuto modo di conoscere donne che grazie all’utilizzo di farmaci hanno potuto ritardare l’arrivo della menopausa, ritardandone così anche gli effetti negativi.
Anche gli uomini sono ossessionati dall’essere efficienti dal punto di vista riproduttivo, infatti mi sembra che anche il parlare di andropausa possa essere considerato un tabù.
Mandana ha infine toccato un argomento, già trattato da Lola, sul quale riterrei opportuno soffermarci nuovamente. Mi riferisco al fatto che troppo spesso la medicina cura il corpo delle donne nello stesso modo in cui lo farebbe con gli uomini. Questa estate ho subito anche io le conseguenze di ciò: mi è stato prescritto un antibiotico non considerando il fatto che nelle donne, nella gran parte dei casi, porta al verificarsi di altre problematiche, perciò sono stata costretta ad un’ulteriore cura. Vorrei sapere se ci sono degli sviluppi in proposito e se ci sono medici sensibili a questo tipo di problematiche. Perché non riparlarne?
Per quanto riguarda l’ultima parte del report di Teresa non posso far altro che ammirare Mandana per il coraggio che ha avuto e ringraziarla per aver condiviso con noi un’esperienza così difficile ed intensa.
Vorrei concludere citando due righe estratte dal testo di una ragazza di Lettere e Filosofia di Siena che ho letto nel libro di “Cera di Cupra” (quello relativo al concorso, per intenderci) e che mi sembra possano riassumere bene la problematicità e la complessità del rapporto fra noi donne e il nostro corpo. E’ vero, è forse dal prenderne consapevolezza che può prendere vita il percorso attraverso il quale ogni donna pensa a se stessa in quanto tale, in un contesto sociale.
L’autrice del testo scrive a proposito del periodo della sua adolescenza:
“Cos’ero a quell’epoca? Non sapevo camminare sui tacchi ma portavo il reggiseno, avevo l’acne, e una volta al mese mi riempivo di antidolorifici per affrontare quel curioso avvenimento fisiologico che mia nonna nominava in diciassette modi diversi e sempre con un’aria da cospiratrice. Il fascino da ninfetta era toccato tutto alla maliziosa Lolita Nabokov, lasciando noialtre, tredicenni non sublimate dalla fantasia letteraria, a guardarci perplesse di fronte allo specchio, chiedendoci cosa non andasse. E perché mai la gonna che ieri stava a pennello ora era evidentemente troppo corta, e la t-shirt troppo stretta; perché quel corpo, con il quale avevamo vissuto felicemente più di una decina d’anni, se ne stava lì a darci battaglia. Senza trovare puntualmente una risposta. Poi, con gli anni, l’abbiamo trovata. (…) Passando per decine di riti di passaggio, con un occhio sempre puntato sul riflesso delle vetrine per vedere se tutto il lavoro fatto (…) fosse ancora lì, abbiamo capito che tutto quel piangere, quel provare vestiti, tutto quell’amare inutilmente e quel confidarsi con le amiche, quei primi disastrosi tentativi di trucco, quel primo bacio, quella prima volta, quell’essere sempre sottovalutate, tutto quel tempo, passato in buona parte a tentare di dimostrare qualcosa a qualcuno, o magari anche solo a noi stesse ci aveva trasformato. In qualcosa di doloroso e meraviglioso e diverso ed inspiegabile. Pure da noi, ormai così occupate ad esserlo da non essere più interessate a definirlo”.
lunedì 19 ottobre 2009
Riflessioni di Michela su oggetto di Lola
Almeno due delle 'chiavi' di Lola coincidono con due termini già
inseriti a partire dall'oggetto di Mandana: corpo, medicina. Ma ce ne
sono due che invece nella discussione di mercoledì scorso non erano
emersi, e su cui vale la pena riflettere: neutro e incarnazione. Nella
'tentazione del neutro' (lo virgoletto perché è certamente
un'espressione che è stata usata nei contesti femministi degli anni
'80, anche se ora non ricordo dove o da chi) io vedo un modo di poter
leggere quello che accade quando si dimentica, o si cerca di
dimenticare, la dimensione (anche) corporea della differenza
nell'urgenza di essere presenti nel mondo. O almeno, è stato un modo
in cui hanno provato a pensarsi molte donne della mia generazione prima
della scoperta collettiva della differenza. Da neutro ci si veste,
anche: pensate ai tailleur gessati delle donne in carriera (e della
ministra Carfagna ...) ma anche alla moda unisex più in generale (uno
dei gesti visibili più eclatanti del femminismo degli anni '70 fu
quello di andare in giro con le gonne lunghe a fiori ... personalmente
nel 1977 mi sono ritrovata 'vestita da femminista' a una high table a
Oxford, e non so se erano più sconcertati i proff del college che mi
avevano invitato o io - ma non avevo, letteralmente, un altro tipo di
cosa da mettermi, il mio guardaroba era 'ideologico' che più non si
poteva, a quell'epoca). Neutra è spesso la nozione che abbiamo della
(nostra) mente, come se fosse una cosa a parte rispetto al corpo; e qui
naturalmente penso al ricorrere della parola 'dissociazione' nei
discorsi che abbiamo fatto e stiamo facendo sul rapporto mente-corpo.
Incarnazione è, nel mio sentire, il contrario del neutro e della
dissociazione. E vorrei sottolineare anche la valenza sacrale che
questo termine ha per le donne cresciute nel contesto occidentale
cristiano, perché pensarsi come incarnate non è facilissimo, è più
facile pensare di 'avere' un corpo, di rapportarsi al corpo, mentre
pensare dii 'essere' un corpo vivente e pensante è più complicato, e
nei fatti ci si ritrova sempre a pensarci in termini dualisti.
inseriti a partire dall'oggetto di Mandana: corpo, medicina. Ma ce ne
sono due che invece nella discussione di mercoledì scorso non erano
emersi, e su cui vale la pena riflettere: neutro e incarnazione. Nella
'tentazione del neutro' (lo virgoletto perché è certamente
un'espressione che è stata usata nei contesti femministi degli anni
'80, anche se ora non ricordo dove o da chi) io vedo un modo di poter
leggere quello che accade quando si dimentica, o si cerca di
dimenticare, la dimensione (anche) corporea della differenza
nell'urgenza di essere presenti nel mondo. O almeno, è stato un modo
in cui hanno provato a pensarsi molte donne della mia generazione prima
della scoperta collettiva della differenza. Da neutro ci si veste,
anche: pensate ai tailleur gessati delle donne in carriera (e della
ministra Carfagna ...) ma anche alla moda unisex più in generale (uno
dei gesti visibili più eclatanti del femminismo degli anni '70 fu
quello di andare in giro con le gonne lunghe a fiori ... personalmente
nel 1977 mi sono ritrovata 'vestita da femminista' a una high table a
Oxford, e non so se erano più sconcertati i proff del college che mi
avevano invitato o io - ma non avevo, letteralmente, un altro tipo di
cosa da mettermi, il mio guardaroba era 'ideologico' che più non si
poteva, a quell'epoca). Neutra è spesso la nozione che abbiamo della
(nostra) mente, come se fosse una cosa a parte rispetto al corpo; e qui
naturalmente penso al ricorrere della parola 'dissociazione' nei
discorsi che abbiamo fatto e stiamo facendo sul rapporto mente-corpo.
Incarnazione è, nel mio sentire, il contrario del neutro e della
dissociazione. E vorrei sottolineare anche la valenza sacrale che
questo termine ha per le donne cresciute nel contesto occidentale
cristiano, perché pensarsi come incarnate non è facilissimo, è più
facile pensare di 'avere' un corpo, di rapportarsi al corpo, mentre
pensare dii 'essere' un corpo vivente e pensante è più complicato, e
nei fatti ci si ritrova sempre a pensarci in termini dualisti.
termini individuati 14 ottobre
Termini individuati dopo il primo incontro (14 ottobre) sulla lettura dei report della presentazione degli oggetti:
mente/corpo
corpo e potere
fertilità
maternità
malattia
medicina
sesso/sessualità
paura
mente/corpo
corpo e potere
fertilità
maternità
malattia
medicina
sesso/sessualità
paura
mercoledì 14 ottobre 2009
Intorno al corpo delle donne...
Facile in questo caso individuare il tema: il corpo delle donne, il luogo che da sempre (da quando?) si porta dietro la traccia della differenza. Il corpo debole, delicato e fragile da proteggere all'interno del privato, della dimensione domestica, quando la differenza era pensata in negativo come la naturale divisione dei ruoli che reclamavano per la "vita activa" un corpo forte, solido e senza "periodizzazioni" che ne limitavano l'agire; il corpo da rivendicare e di cui riappropriarsi nel momento emancipazionista de "Il corpo è mio e lo gestisco io"; il corpo che testimonia la differenza di essere due e che esibisce la necessità di posizionarsi non per fare cosediverse rispetto agli uomini ma per "fare diversamente" le stesse cose. Intorno al corpo delle donne sembra giocarsi la partita femminista, sia quella paritaria che quella delladifferenza, si tratta di una centralità che non sembra appartenere alla sfera maschile dove il corpo è tutt'alpiù il luogo dove rivendicare forza e potere, spessostrumento di violenza e di sopraffazione. Il corpo delle donne è (questo viene fuori dallapresentazione e su questo credo noi tutte concordiamo) un momento essenziale (se non il momento fondante) della costruzione identitaria. Perchè? Non è forse legato a quel modo specialissimo in cui le donne stanno nel mondo, con la loro incapacità di esserci dal di fuori o al di sopra che connota l'esserci al maschile? Non è forse legato alla necessità delle donne di "esserci dentro" facendo di ogni possibile attività o inattività esperienza vissuta, particolare, personale, contestuale? Ma, mi chiedo, quanto le donne sono consapevoli di questo? Dalle parole di Mandana sembra definirsi un legame quasi inscindibile tra la costruzione di identità e l'aspetto puramente fisiologico e funzionale del corpo, è la malattia che innesca una relazione primaria e causale con il corpo, aprendo a riflessioni su di esso nel momento in cui mette in campo una dissociazione corpo/mente che svela del corpo al contempo la sua fragilità e la sua rilevanza. Questo forse nasce dall'abitudine (di cui le donne fanno fatica a liberarsi) di pensarsi in maniera trifasica come sessualmente inattive, fertili o produttive, legando a questo le sue tre possibilità di essere: vergini, madri (o prostitute) e vecchie. Il racconto di Mandana evidenzia delle differenze culturali nel trattare le varie fasi e ripensando alla storia delle donne in occidente possiamo ravvisare senz'altro delle differenze storiche tra le nostre tri-fasiche nonne e noi, rimane però (mi sembra) la costante di non saper gestire diversamente il rapporto con il corpo. Non si tratta a mio avviso di negare la naturale grandezza che il corpo di una donna si porta dietro da una fase all'altra, si tratta invece di sottrarre il dato naturale, innegabile, dalle costruzioni culturali di un potere che non sapendosi confrontare con la "potenza" del corpo femminile lo ha ridotto ad un vaso uterino da riempire e da svuotare all'occorrenza. E quando non è più utilizzabile, quando la donna entra nella fase calante della menopausa, allora è solo un vaso vecchio, rotto, da mettere in un angolo e dimenticare perchè, venendo meno la sua funzione, non si sa più che farsene. Ed eccoci allora a proiettare sulla nostra vita il senso di colpa, la vergogna, il timore (di cui ci parla Mandana), che il pensiero e lo sguardo degli uomini ci ha inculcato subdolamente per secoli. E qui entra in gioco la violenza del sistema medico patriarcale che traccia un solco profondo tra la nostra mente e il nostro corpo rinnegandone la specificità e rifiutandoci gli strumenti necessari per un'integrazione che sembra essere la sola chiave per superare indenni il confine depressionario sempre in agguato nella vita di una donna (ma per questo rimando alla presentazione di Lola). Non si può negare l'andamento triadico che coinvolge il corpo delle donne, ma è necessario imparare a leggerlo in una diversa prospettiva, ricollegando i cicli di tre ad altre triadi cosmiche: i tre stadi del continuum dell'esistenza (nascita, vita e morte); i tre punti del tempo e dello spazio (passato, presente e futuro), le fasi lunari..., riappropriandoci così di un corpo che ritrova la sua "potenza" laddove gli uomini hanno inscritto, invece, un'infermità. E da qui alla riflessione sul rapporto potenza/potere, il passo è breve.
mercoledì 7 ottobre 2009
report del 7 ottobre
Il nostro gruppo ha appena compiuto un anno da qualche giorno ed è un grande traguardo. Anche se c'è ancora tanto lavoro da fare, di strada ne abbiamo fatta e vale la pena festeggiare.
Oggi la discussione si è aperta con la famosa proposta che ci fu fatta dal Mara Meoni riguardo alla lettura collettiva del libro della Muraro "Il mercato della felicità". La lettura, che dovrebbe avvenire intorno ai giorni 4/8 dicembre, non ruoterà intorno al libro stesso ma, come ha chiesto la Muraro stessa, vuole essere un pretesto per discutere di temi attuali, soprattutto la storia del femminismo di ieri e di oggi.La domanda che ci siamo poste è se qualcuna si prende la responsabilità di fare da relatore durante questo incontro. Domanda con nessuna risposta ancora.
Ha preso poi la parola Pina riferendo alle assenti di settimana scorsa l'attrito che si è creato tra le femministe della vecchia guardia e quelle della nuova generazione del Donna chiama Donna e da qui è partita una discussione cioè se creare o meno una rete tra le associazioni senesi in quanto a Siena manca una rappresentazione forte di queste.Monica, che non era presente, ha riferito a Pina che non vuole più mantenere rapporti con le singole donne perchè ci sono stati molti attriti durante la preparazione della staffetta dovuti probabilmente ad un tipo di comunicazione non recepita bene dalle donne delle altre associazioni. Elisa ha suggerito di non creare una rete, di cominciare a fare qualcosa di pratico come gruppo individuale, e quindi di cercare una nostra connotazione politica magari ampliando le nostre conoscenze verso associazioni di altre città e regioni, ma comunque di mantenere un rapporto con le associazioni con le quali abbiamo collaborato per la staffetta. Il nostro obiettivo deve rimanere, come ha detto Elisa, "la realizzazione di un evento x,un convegno y o un progetto z". Se riusciamo a coinvolgere le altre associazioni tutto di guadagnato altrimenti il nostro obiettivo deve rimanere questo e non i rapporti orizzontali con le altre. E a proposito di coinvolgerle in un evento, oggi abbiamo anche parlato dell'evento del 24 ottobre che prevede la lettura in tutta Italia del "Manifesto sul lavoro". Alla fine abbiamo deciso di mandare degli inviti via e-mail, con in allegato il manifesto alle altre associazioni, e di essere noi a coordinare la giornata. Si svolgerà all'università di preciso dove ancora non lo sappiamo, Pina aveva proposto l'atrio, Lola sentiva se c'era la possibilità di prendere un'aula a giurisprudenza. Altra questione che abbiamo affrontato è stata la manifestazione che si terrà il 21 novembre a Brescia per chiudere la staffetta dell'Udi. L'Udi ha contattato Teresa per sapere se ci sarà una rappresentazione delle associazioni che hanno organizzato la staffeta senese durante la cerimonia di chiusura. Anche questa è una domanda che non ha ancora una risposta.
E' emerso poi un grande bisogno di voler intervenire politicamente su tutto ciò che non ci sta bene a partire anche da piccole cose come raccolte di firme o piccole manifestazioni e su questo punto siamo tutte d'accordo. Io personalmente non mi sento pronta ad un passo del genere e, come dissi settimana scorsa, non ho una forte base teorica che mi spinga ad uscir fuori politicamente ancora, non so se sono riuscita a spiegarmi comunque non metterò di certo i bastoni fra le ruote e se decideremo di fare davvero qualcosa di concreto vi seguirò.
In conclusione abbiamo stilato un ordine del giorno per settimana prossima:
. riprendere in mano il glossario e fare uno stato dell'arte (mandana,lola e teresa erano le responsabili e a voi spetta questo ingrato compito :-))
. risistemare il blog (abbiamo un pò incasinato le etichette, comunque Elisa ha mandato un'a-mail a tutte in cui spiega tutto)
. ognuna legge per settimana prossima un vecchio report e da questa lettura ne ricaviamo le parole chiave per il glossario
. riprendere la presentazione degli oggetti e quindi io, elisa, pina, monica,luisa, angelarosa,nora, e poi paola e federica (se continueranno a venire), dovremmo presentare i nostri oggetti
. decidere anche le modalità con cui pubblicizzeremo l'evento del 24 ottobre.
Questo è tutto. Quelle che per motivi di studio o lavoro possono venire poco al gruppo sono comunque invitate a continuare a scrivere sul blog e/o rimanere in contatto via e-mail. Questo è tutto, ci vediamo settimana prossima baci.
Oggi la discussione si è aperta con la famosa proposta che ci fu fatta dal Mara Meoni riguardo alla lettura collettiva del libro della Muraro "Il mercato della felicità". La lettura, che dovrebbe avvenire intorno ai giorni 4/8 dicembre, non ruoterà intorno al libro stesso ma, come ha chiesto la Muraro stessa, vuole essere un pretesto per discutere di temi attuali, soprattutto la storia del femminismo di ieri e di oggi.La domanda che ci siamo poste è se qualcuna si prende la responsabilità di fare da relatore durante questo incontro. Domanda con nessuna risposta ancora.
Ha preso poi la parola Pina riferendo alle assenti di settimana scorsa l'attrito che si è creato tra le femministe della vecchia guardia e quelle della nuova generazione del Donna chiama Donna e da qui è partita una discussione cioè se creare o meno una rete tra le associazioni senesi in quanto a Siena manca una rappresentazione forte di queste.Monica, che non era presente, ha riferito a Pina che non vuole più mantenere rapporti con le singole donne perchè ci sono stati molti attriti durante la preparazione della staffetta dovuti probabilmente ad un tipo di comunicazione non recepita bene dalle donne delle altre associazioni. Elisa ha suggerito di non creare una rete, di cominciare a fare qualcosa di pratico come gruppo individuale, e quindi di cercare una nostra connotazione politica magari ampliando le nostre conoscenze verso associazioni di altre città e regioni, ma comunque di mantenere un rapporto con le associazioni con le quali abbiamo collaborato per la staffetta. Il nostro obiettivo deve rimanere, come ha detto Elisa, "la realizzazione di un evento x,un convegno y o un progetto z". Se riusciamo a coinvolgere le altre associazioni tutto di guadagnato altrimenti il nostro obiettivo deve rimanere questo e non i rapporti orizzontali con le altre. E a proposito di coinvolgerle in un evento, oggi abbiamo anche parlato dell'evento del 24 ottobre che prevede la lettura in tutta Italia del "Manifesto sul lavoro". Alla fine abbiamo deciso di mandare degli inviti via e-mail, con in allegato il manifesto alle altre associazioni, e di essere noi a coordinare la giornata. Si svolgerà all'università di preciso dove ancora non lo sappiamo, Pina aveva proposto l'atrio, Lola sentiva se c'era la possibilità di prendere un'aula a giurisprudenza. Altra questione che abbiamo affrontato è stata la manifestazione che si terrà il 21 novembre a Brescia per chiudere la staffetta dell'Udi. L'Udi ha contattato Teresa per sapere se ci sarà una rappresentazione delle associazioni che hanno organizzato la staffeta senese durante la cerimonia di chiusura. Anche questa è una domanda che non ha ancora una risposta.
E' emerso poi un grande bisogno di voler intervenire politicamente su tutto ciò che non ci sta bene a partire anche da piccole cose come raccolte di firme o piccole manifestazioni e su questo punto siamo tutte d'accordo. Io personalmente non mi sento pronta ad un passo del genere e, come dissi settimana scorsa, non ho una forte base teorica che mi spinga ad uscir fuori politicamente ancora, non so se sono riuscita a spiegarmi comunque non metterò di certo i bastoni fra le ruote e se decideremo di fare davvero qualcosa di concreto vi seguirò.
In conclusione abbiamo stilato un ordine del giorno per settimana prossima:
. riprendere in mano il glossario e fare uno stato dell'arte (mandana,lola e teresa erano le responsabili e a voi spetta questo ingrato compito :-))
. risistemare il blog (abbiamo un pò incasinato le etichette, comunque Elisa ha mandato un'a-mail a tutte in cui spiega tutto)
. ognuna legge per settimana prossima un vecchio report e da questa lettura ne ricaviamo le parole chiave per il glossario
. riprendere la presentazione degli oggetti e quindi io, elisa, pina, monica,luisa, angelarosa,nora, e poi paola e federica (se continueranno a venire), dovremmo presentare i nostri oggetti
. decidere anche le modalità con cui pubblicizzeremo l'evento del 24 ottobre.
Questo è tutto. Quelle che per motivi di studio o lavoro possono venire poco al gruppo sono comunque invitate a continuare a scrivere sul blog e/o rimanere in contatto via e-mail. Questo è tutto, ci vediamo settimana prossima baci.
lunedì 5 ottobre 2009
spot Liu Jo "curves are back", cosa ne pensate?
Care tutte,
cosa ne pensate del nuovo spot della Liu Jo "bottom up collection"? Io lo trovo decisamente di cattivo gusto, anzi mi indigna.
Due ragazze per strada, quindi in un luogo pubblico, ferme in un punto a caso, che si impartiscono allegramente e reciprocamente schiaffi sui loro fondoschiena. La pubblicità girava già da tempo su alcuni settimanali ma non la ritenevo offensiva, credo che invece lo spot sia offensivo nei confronti del genere femminile ( ma perché veniamo rappresentate sempre e solo come delle imbecilli???) e diseducativo per gli uomini e per i ragazzi. Non voglio dire che induca alla violenza sulle donne ma che magari lasci passare il messaggio che alle donne piace essere trattate così, anche in mezzo alla strada, magari non fisicamente ma a parole. In altri termini credo che questo spot faccia sembrare normale agli uomini il fatto di commentare, fischiare, molestare verbalmente le donne in luoghi pubblici, come se fossimo delle non-persone.
Per chi lo volesse vedere basta andare su youtube e cercare "spot liu jo, curves are back".
Vorrei segnalare anche un'intervista che ha rilasciato Shakira su Repubblica in merito al suo nuovo video (non ricordo il titolo della canzone). Quando ho visto quel video la prima volta ho pensato "ma perché noi donne per essere ascoltate e per fare successo dobbiamo sempre ridurci così?". Il video mostra la cantante dentro ad una gabbia, seminuda e che ovviamente con il corpo allude a determinati movimenti. ll fatto è che Shakira in questa intervista ha dichiarato di essere una femminista convinta e che il video è una forma di protesta da parte delle donne che si sentono in gabbia. Ma è possibile che il mercato delle canzoni pop che presenta una grande quantità di video che alludono al porno, voglia far passare ciò come parte di una rivolta femminista?
cosa ne pensate del nuovo spot della Liu Jo "bottom up collection"? Io lo trovo decisamente di cattivo gusto, anzi mi indigna.
Due ragazze per strada, quindi in un luogo pubblico, ferme in un punto a caso, che si impartiscono allegramente e reciprocamente schiaffi sui loro fondoschiena. La pubblicità girava già da tempo su alcuni settimanali ma non la ritenevo offensiva, credo che invece lo spot sia offensivo nei confronti del genere femminile ( ma perché veniamo rappresentate sempre e solo come delle imbecilli???) e diseducativo per gli uomini e per i ragazzi. Non voglio dire che induca alla violenza sulle donne ma che magari lasci passare il messaggio che alle donne piace essere trattate così, anche in mezzo alla strada, magari non fisicamente ma a parole. In altri termini credo che questo spot faccia sembrare normale agli uomini il fatto di commentare, fischiare, molestare verbalmente le donne in luoghi pubblici, come se fossimo delle non-persone.
Per chi lo volesse vedere basta andare su youtube e cercare "spot liu jo, curves are back".
Vorrei segnalare anche un'intervista che ha rilasciato Shakira su Repubblica in merito al suo nuovo video (non ricordo il titolo della canzone). Quando ho visto quel video la prima volta ho pensato "ma perché noi donne per essere ascoltate e per fare successo dobbiamo sempre ridurci così?". Il video mostra la cantante dentro ad una gabbia, seminuda e che ovviamente con il corpo allude a determinati movimenti. ll fatto è che Shakira in questa intervista ha dichiarato di essere una femminista convinta e che il video è una forma di protesta da parte delle donne che si sentono in gabbia. Ma è possibile che il mercato delle canzoni pop che presenta una grande quantità di video che alludono al porno, voglia far passare ciò come parte di una rivolta femminista?
giovedì 1 ottobre 2009
Report mercoledi 30
Salve care,
L'incontro di mercoledi è servito a fare il punto della situazione. Ripartendo dal report scritto l'ultima volta da Elisa abbiamo affrontato varie questioni:
- Glossario: a che punto siamo? l'organizzazione della staffetta ha sottratto tempo all'elaborazione del glossario, interrompendo un po' bruscamente la presentazione dei nostri oggetti; dobbiamo riprendere le fila del discorso, riflettendo su ciò che già si è fatto. Lola e Mandana si preoccuperanno a tale proposito di definire lo "stato dei lavori", elaborando una sorta di bilancio. Già dalla prossima settimana, potremmo decidere quando ricominciare e stabilire l'ordine di intervento di chi ancora non ha fatto la presentazione.
- Ruolo del gruppo: la riflessione sul ruolo esercitato dal nostro gruppo è ancora aperta e piuttosto complessa, poichè investe due dimensioni, a mio parere, diverse: la prima, che potremmo definire interna, si concentra ancora una volta sulle modalità di partecipazione al gruppo e risponde alle domande che Mandana più volte si pone e ci pone:"Chi siamo?", "Qual'è il nostro modo di stare dentro al gruppo?". La questione è interna perchè ritornano sul tavolo dei nodi già affrontati, ma forse, non per tutte sciolti, direttamente connessi al modo personale attraverso cui ognuna di noi definisce la propria partecipazione e quindi il proprio impegno: i temi sono ancora una volta quelli del dover fare, della responsabilità, della libertà. E' necessario a questo punto un riposizionamento? il gruppo sente ancora la necessità di affrontare questi temi?
L'altra dimensione invece, investe il ruolo del gruppo e il suo rapporto con l'esterno. L'esperienza della staffetta, ci ha permesso di stringere, anche se con dei limiti, una serie di relazioni con altre realtà; la rete di associazioni che si è costituita per l'evento ha reso possibile un primo tentativo di coordinare nel territorio forze eterogenee per percorso, storia, modalità partecipative, allargando i confini della nostra azione. Se molte di noi sentono ancora la necessità di arricchire le basi teoriche, puntando sul ruolo di riflessione ed elaborazione del gruppo, è altrettanto urgente capire la nostra incidenza pratica sul mondo e quindi il ruolo politico che ne deriva. Dovremmo affrontare la questione fondamentale lanciata da Elisa sulla possibilità di costituirci come soggetto politico, capace di produrre proprie istanze e di iniziare un percorso attivo di collaborazione con altre realtà. Questione non da poco, fondamentale, che richiederà di sicuro tempo e calma per essere elaborata.
- Prossime Iniziative: Lola ci ha descritto il progetto, a cui già da un anno ricercatori italiani e spagnoli stanno lavorando, sui tempi del lavoro femminile; il progetto affronta gli aspetti tecnico-giuridici, ma anche quelli più strettamente politici, connessi alla comparazione tra i due diversi sistemi: quello spagnolo e quello italiano. Grazie a questo progetto di ricerca, Lola è entrata in contatto con le Donne della Libreria di Milano e con il Circolo della Rosa; sono proprio le componenti di questo circolo ad aver scritto "il Manifesto sul lavoro", un foglio dove si riflette sul rapporto tra donne e lavoro, attraverso l'utilizzo di una narrazione alternativa (i temi sono molti, la maternità, la crisi economica,etc..); la lente usata è quella del femminismo della differenza. Riporto la frase che apre il manifesto: "un manifesto del lavoro delle donne e degli uomini, scritto da donne e rivolto a tutte e tutti, perchè il discorso della parità fa acqua da tutte le parti e il femminismo non ci basta più" . Per il 24 Ottobre il circolo ha organizzato, grazie al sostegno di una rete di associazioni, una giornata dedicata alla lettura del manifesto, che si svolgerà in più parti d'Italia. Il punto è questo: il nostro gruppo intende partecipare? Con quali modalità?Le presenti hanno aderito con entusiasmo, però ovviamente occorre discuterne insieme.
Altro incontro da segnalare: Il 17 Ottobre con il patrocinio del Cesvot alle ore 16 nelle Stanze della Memoria, in via Malavolti (Si) ci sarà la presentazione del libro di testimonianze su Mara Meoni "Una compagna. Mara Meoni, un ritratto politico collettivo". Intervengono le curatrici del libro, Silvia Folchi e Laura Mattei e l'onorevole Marisa Rodano.
- Questionari: altro punto dolente...cosa facciamo con i questionari? dopo tutto il nostro lavoro sarebbe terribile non provare almeno ad elaborare i dati raccolti. Se non sbaglio, Pina si era offerta di far parte del gruppo futuro, se mai ci sarà, "elaborazione dati".
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