Cara ragazze,
mi è dispiaciuto andare via dalla Toscana senza salutarvi. Purtroppo mercoledì scorso ero impegnata e non potevo essere presente. Conoscervi è stato fantastico! Vi auguro davvero un buon lavoro e spero, anche se da lontano, di dare un mio piccolo contributo attraverso il blog! Arrivederci a tutte quante! Carla
mercoledì 17 dicembre 2008
sabato 13 dicembre 2008
Modifiche al questionario
Salve a tutte!
Mercoledi scorso, ci siamo concentrate nuovamente sui questionari, tentando di riformulare quelle domande, che già nei precedenti incontri, avevano sollevato dubbi o ambiguità interpretative. In particolare ci siamo soffermate sulla domanda n.2 "In che cosa ti senti diversa dai tuoi coetanei maschi?", modificando alcune tra le possibilità di scelta. La scelta a (costituzione fisica) è stata sostituita da caratteristiche fisiologiche complessive, inserendo tra parentesi la forza fisica e il funzionamento del cervello. Il riferimento (volutamente provocatorio) al funzionamento del cervello è stato ritenuto utile, per far emergere, ahimè, l'eventuale convinzione di chi crede che in effetti ci siano delle differenze tra la conformazione e dunque l'attività del cervello di una donna e quello di un uomo. La scelta b (forza fisica) è stata cancellata. L'opzione c (caratteri sessuali) è stata sostituita da caratteristiche anatomiche e sessuali e la k (spirito di iniziativa) da rapporto con il potere.
L'intervento di Elisa ha sollevato la necessità di inserire una scelta, in grado di esprimere la capacità (per certi aspetti prettamente femminile) di relazionarsi con gli altri. Empatia, capacità di capire e mettersi nei panni dell'altro, sono più o meno i concetti che avevamo in mente, anche se non volevamo cadere nel classico clichè della sensibilità. Alla fine abbiamo optato per modalità di relazione. Le altre opzioni sono state lasciate invariate, anche se c'erano dei dubbi su volontà di autoaffermazione e volontà di primeggiare, ritenute ridondanti. L'intervento di Michela ha sottolinetao la differenza; pur riconducibili ad uno stesso universo semantico, la volontà di autoaffermazione pone l'accento sui deisderi della donna, sulla forza delle motivazioni che la spingono, ad esempio, a coltivare la propria carriera lavorativa. La volontà di primeggiare invece sottolinea la dimensione della competitività.
La domanda n.2 ha riaperto il confronto su una questione già affrontata in precedenza dal gruppo, e rilanciata mercoledi da Silvia. Silvia ha evidenziato quello che a suo avviso rappresenta un limite del questionario; l'incapacità di alcune domande, e in particolare della seconda, di evidenziare quei contesti empirici dove la differenza tra generi appare nella sua concretezza più immediata, proprio perchè strettamente collegata a delle esperienze reali di "vita vissuta". A tale proposito Silvia proponeva la possibilità, per chi compila il questionario, di inserire degli esempi relativi alla propria esperienza personale, accanto alle opzioni di scelta.
L'incontro di mercoledi prossimo dovrebbe concludersi con la stesura definitiva del questionario. Mercoledi purtroppo non ci sarò, per cui vi auguro buone feste e soprattutto un buon inizio di anno....ne abbiamo bisogno!!!
Sonia
Mercoledi scorso, ci siamo concentrate nuovamente sui questionari, tentando di riformulare quelle domande, che già nei precedenti incontri, avevano sollevato dubbi o ambiguità interpretative. In particolare ci siamo soffermate sulla domanda n.2 "In che cosa ti senti diversa dai tuoi coetanei maschi?", modificando alcune tra le possibilità di scelta. La scelta a (costituzione fisica) è stata sostituita da caratteristiche fisiologiche complessive, inserendo tra parentesi la forza fisica e il funzionamento del cervello. Il riferimento (volutamente provocatorio) al funzionamento del cervello è stato ritenuto utile, per far emergere, ahimè, l'eventuale convinzione di chi crede che in effetti ci siano delle differenze tra la conformazione e dunque l'attività del cervello di una donna e quello di un uomo. La scelta b (forza fisica) è stata cancellata. L'opzione c (caratteri sessuali) è stata sostituita da caratteristiche anatomiche e sessuali e la k (spirito di iniziativa) da rapporto con il potere.
L'intervento di Elisa ha sollevato la necessità di inserire una scelta, in grado di esprimere la capacità (per certi aspetti prettamente femminile) di relazionarsi con gli altri. Empatia, capacità di capire e mettersi nei panni dell'altro, sono più o meno i concetti che avevamo in mente, anche se non volevamo cadere nel classico clichè della sensibilità. Alla fine abbiamo optato per modalità di relazione. Le altre opzioni sono state lasciate invariate, anche se c'erano dei dubbi su volontà di autoaffermazione e volontà di primeggiare, ritenute ridondanti. L'intervento di Michela ha sottolinetao la differenza; pur riconducibili ad uno stesso universo semantico, la volontà di autoaffermazione pone l'accento sui deisderi della donna, sulla forza delle motivazioni che la spingono, ad esempio, a coltivare la propria carriera lavorativa. La volontà di primeggiare invece sottolinea la dimensione della competitività.
La domanda n.2 ha riaperto il confronto su una questione già affrontata in precedenza dal gruppo, e rilanciata mercoledi da Silvia. Silvia ha evidenziato quello che a suo avviso rappresenta un limite del questionario; l'incapacità di alcune domande, e in particolare della seconda, di evidenziare quei contesti empirici dove la differenza tra generi appare nella sua concretezza più immediata, proprio perchè strettamente collegata a delle esperienze reali di "vita vissuta". A tale proposito Silvia proponeva la possibilità, per chi compila il questionario, di inserire degli esempi relativi alla propria esperienza personale, accanto alle opzioni di scelta.
L'incontro di mercoledi prossimo dovrebbe concludersi con la stesura definitiva del questionario. Mercoledi purtroppo non ci sarò, per cui vi auguro buone feste e soprattutto un buon inizio di anno....ne abbiamo bisogno!!!
Sonia
domenica 7 dicembre 2008
ordinaimo i post?
Care, grazie a Pina per il dettagliato resoconto e a veronica per l'articolo, che a me torna molto utile. Sono alle prese con l'orgnizzazione degli eventi di lunedì (incontro nazionale rete ricercatori precari a siena, tra un attimo vi mando una mail) e quindi sto latitando, ma volevo dare un piccolissimo contributo logistico:
possiamo mettere ai post di cui sopra le relative etichette? ovvero: il report sul questionario nel gruppo di ricerca relativo, e magari quello di veronica in riflessioni. Tanto appaiono cmq in prima pagina. Basta che le autrici lo modifichino cliccando sull'icona della matitina che appare in fondo al post, accanto a commenti.
Scusate la pedanteria, ma penso che se uno (una!) vuole seguire i lavori dei diversi gurppi a distanza, questo smistamento sia utile!
un bacione a tutte
elisa
possiamo mettere ai post di cui sopra le relative etichette? ovvero: il report sul questionario nel gruppo di ricerca relativo, e magari quello di veronica in riflessioni. Tanto appaiono cmq in prima pagina. Basta che le autrici lo modifichino cliccando sull'icona della matitina che appare in fondo al post, accanto a commenti.
Scusate la pedanteria, ma penso che se uno (una!) vuole seguire i lavori dei diversi gurppi a distanza, questo smistamento sia utile!
un bacione a tutte
elisa
sabato 6 dicembre 2008
Sexyspot generation articolo del settimanale "La Repubblica delle Donne"
Sessista e stereotipata: il Parlamento europeo boccia la pubblicità in tv. Ma il video italiano resta affollato di casalinghe felici e distinti manager
di Gina Pavone
Le patate le comprano le donne!”. Il marketing televisivo le considera una merce di pertinenza femminile. Sarà forse l’ambiguo gioco di parole a incoraggiare i pubblicitari a puntare sulla specializzazione di genere, per spingere all’aquisto dei tuberi. Di fatto, in questo spot di successo, il sacchetto di patate alla fine vola addosso a un tizio frastornato, a bocca aperta: pare non abbia capito perché lui non va bene per sceglierle. Negli spot spopolano le immagini di belle casalinghe sorridenti tra distese di lenzuola bianchissime: un luogo comune impresso da anni nell’immaginario collettivo. Come l’uomo sempre impeccabile che guida compiaciuto auto potenti. Secondo il Parlamento europeo, però, questo modo di comunicare va superato. Così a settembre ha approvato a larga maggioranza una risoluzione per l’eliminazione degli stereotipi di genere nella pubblicità. Perché influiscono sulla società, sui rapporti tra le persone, non solo sui consumi. «La pubblicità e il marketing creano cultura anziché esserne semplicemente il riflesso», si legge nella relazione curata dall’europarlamentare svedese Eva-Britt Svensson. E contribuiscono al mantenimento delle disuguaglianze tra i generi: retribuzioni, professioni, ruoli di dirigenza, divisione dei lavori domestici. E se il marketing ha la sua responsabilità, da noi anche la tv deve entrarci qualcosa, con la questione dei ruoli.
Patria di veline e vallette coinvolte anche in qualche scandalo, l’Italia riesce a conquistarsi l’ultimo posto in Europa sulla questione parità, secondo la classifica 2007 Gender Gap stilata dal World Economic Forum. Ultimi in Europa, e nelle retrovie, anzi forse pure peggio, se consideriamo la graduatoria su scala mondiale: su 128 nazioni, siamo 84esimi. Questa distanza tra uomini e donne si ripercuote anche nella scelta di che materie studiare. Secondo uno studio americano della Northwestern University, nelle società dove i ruoli di genere sono più rigidi le femmine vanno meglio nelle materie umanistiche, e i maschi in quelle scientifiche. E i “test Pisa” elaborati dall’Ocse per valutare il rendimento scolastico mostrano per la matematica poca o nessuna differenza nei Paesi Scandinavi, mentre è maggiore, per esempio, in Turchia. «Uno stereotipo è come una lente attraverso cui guardiamo la realtà», osserva Bruno Mazzara, docente di psicologia dei consumi e della pubblicità a Roma, «ci fa vedere alcuni aspetti e ne occulta altri. Quando si sedimenta in una cultura, diventa normale interpretare la realtà attraverso quella distorsione». Ci si abitua, ai luoghi comuni. Si assorbono e ci si comporta di conseguenza. Non meno frequenti degli spot a base di ruoli di genere, sono quelli sexy, che puntano sull’anatomia, principalmente femminile, usata per promuovere di tutto.«Un’abbondanza martellante che rende normale e quotidiana la riduzione del corpo a oggetto», sostiene Catiuscia Marini, deputata al Parlamento di Strasburgo nel gruppo dei socialisti europei.
«Gli spot hanno un altissimo potere persuasivo, in particolare su bambini e adolescenti, perché ci trovano modelli da imitare», osserva Francesca Romana Puggelli, che insegna psicologia sociale a Milano e Pavia, autrice del libro Spot generation (Franco Angeli). «Nel contesto odierno di crisi delle figure tradizionali, ai giovani resta solo la televisione, e da lì assorbono tutto, indistintamente. Anche gli eventuali stereotipi che contengono: e ce ne sono tanti», sottolinea. «Non solo nelle pubblicità per adulti, ma anche, per esempio, in quelle dei giocattoli, dove di solito i bambini sono rappresentati in movimento, all’aperto e vestiti in modo più differenziato rispetto alle bimbe, spesso bionde, coi capelli lunghi, con abiti dai colori tenui. Quasi sempre si trovano in luoghi al chiuso e la musica che accompagna gli spot è più soft, rispetto a quella scelta per i maschi». Particolari che finiscono per indicare chi starà dove, «qual è il posto per l’uomo e quale per la donna», osserva Puggelli. «Certo, ci sono anche casi meno scontati, ma sono rari. Di solito la pubblicità parla a molti, non a pochi. È fatta per raggiungere un pubblico più ampio possibile, quindi mostra aspetti conosciuti, che tutti possono capire senza alcuno sforzo cognitivo. Per questo mantiene lo status quo: la pubblicità non anticipa i tempi, piuttosto di solito rimane un passo indietro». E si autoalimenta.
Se in Europa si discute di sessismo nei messaggi pubblicitari, cosa dire, da noi, della televisione in generale? È affollata di veline, letterine, sexy girl con costumi succinti e balletti allusivi che sono ormai dilaganti nella tv generalista, nei programmi di intrattenimento a qualsiasi orario. Al pubblico piace, il pubblico apprezza, si dice. Sottinteso, il pubblico maschile. Però nel rapporto 2008 di Censis-Ucsi sulla comunicazione, salta fuori invece che il 73% degli intervistati cita la volgarità come difetto principale proprio della tv generalista, quella per tutti. Nel 2006 la Società italiana di pediatria ha pubblicato uno studio che è stato definito scioccante, come se nessuno si fosse accorto della piega che stavano prendendo le cose: tra le dodicenni intervistate, alla domanda «cosa vuoi fare da grande?», al primo posto c’era la velina. Al secondo, un “non so”. L’anno scorso invece la velina è stata sostituita da un più versatile “personaggio famoso”, si legge nel rapporto.Mentre i bambini sognano in massa di diventare calciatori. Nello stesso anno il Censis ha pubblicato uno studio approfondito e specifico dell’immagine femminile nella comunicazione, intitolato Women and Media in Europe.
«La donna prevalente in tv è quella dello spettacolo, mentre professioniste o intellettuali hanno un po’ di spazio solo nelle fiction», spiega Elisa Manna, responsabile del settore cultura del Censis e tra le curatrici del rapporto. «Ci sono solo donne bellissime, giovanissime, perfette, sempre inquadrate con una certa tendenza al voyeurismo». Niente anziane, pochissime quelle di mezza età, tutte sempre di classi sociali agiate, e mai disabili. «Modelli irreali, e non solo nei programmi d’intrattenimento. Anche nei telegiornali la figura femminile si alterna tra un’alta attenzione nella cronaca nera e le modelle delle sfilate, spesso introdotte sul finire dei tg come alleggerimento: un’altalena assurda», osserva Manna. In effetti, numeri a parte, la situazione è davvero a portata di telecomando. Così, giusto un anno fa, in Parlamento erano state presentate due mozioni, per altro bipartisan, proprio sulla questione dell’immagine femminile in tv. Si chiedeva, in sostanza, di far passare non solo il corpo, ma anche il punto di vista femminile, farle anche parlare, le donne. Magari fare spazio alle varie professioniste, in modo da offrire modelli culturali interessanti per i più giovani.
Mozioni rimaste entrambe lettera morta. «Certo che il vostro Paese è terribile », chiosa senza mezzi termini Florence Montreynaud, attivista di “La meute”, rete francese che dal 2000 si occupa di sessismo nella comunicazione e nel marketing. «Noi invece protestiamo, facciamo volantinaggio davanti ai grandi magazzini, chiediamo di non comprare giocattoli e oggetti pubblicizzati in maniera scorretta, scriviamo ai produttori. E di solito ci ascoltano, pure le multinazionali, che temono la nostra pubblicità negativa », spiega. «Ma chiediamo anche l’intervento normativo della politica, perché solo la legge può proteggere tutti, anche i più deboli». Inoltre organizzano due premi: uno allo spot peggiore, l’altro al migliore. Un po’ quello che in Spagna fa l’Observatorio andaluz de la publicidad no sexista, il quale raccoglie segnalazioni di cittadini sui contenuti offensivi degli spot. Risultato: la maggior parte delle missive riguarda i giocattoli e i loro spot. «Il problema con gli stereotipi è proprio che si comincia presto», afferma Puggelli.
Il mese scorso in Svezia il comitato etico ha richiamato una nota marca di giocattoli per i contenuti stereotipati di giochi e pubblicità.Su Internet la notizia ha ricevuto qualche attenzione anche in Italia, ma quasi sempre con toni ironici, canzonatori. L’iniziativa è stata anche bollata come roba da femministe ipercritiche. Ma Puggelli sottolinea di non definirsi una femminista: «Non si tratta solo di donne, anche per gli uomini si creano schemi rigidi da cui faticano a uscire. La pubblicità è un mezzo potentissimo, andrebbe usato con preparazione e sensibilità». Qualche iniziativa degna di nota ora sembra arrivare pure da noi. L’anno scorso l’ufficio di parità del Comune di Torino ha lanciato una campagna contro i brand che sfruttano immagini sessiste per vendere i loro prodotti: sui mezzi pubblici e in città c’era l’immagine di una ragazza in una vaschetta cellofanata, e un enorme codice a barre sopra.
Quest’anno, invece, è partita una campagna, “La parità moltiplica le opportunità. Per tutti”, con uno spot trasmesso a livello nazionale. Nell’attesa che arrivi anche l’Europa: «La risoluzione del Parlamento europeo», spiega Marini, «è un documento di indirizzo politico con cui si incoraggiano alcune istituzioni, e gli Stati membri, a prendere provvedimenti seri per la rimozione degli ostacoli che impediscono la realizzazione dell’uguaglianza tra i generi. Si dice soprattutto di fare attenzione ai messaggi indirizzati ai più piccoli, e anche all’uso delle modelle di magrezza insalubre. Inoltre si parla dell’istituzione di specifici organismi nazionali per il monitoraggio dei contenuti discriminatori delle pubblicità. Tutto questo non ha solo un senso negativo, punitivo: anzi, nella risoluzione si parla di premi a pubblicità che abbiano messaggi positivi».
di Gina Pavone
Le patate le comprano le donne!”. Il marketing televisivo le considera una merce di pertinenza femminile. Sarà forse l’ambiguo gioco di parole a incoraggiare i pubblicitari a puntare sulla specializzazione di genere, per spingere all’aquisto dei tuberi. Di fatto, in questo spot di successo, il sacchetto di patate alla fine vola addosso a un tizio frastornato, a bocca aperta: pare non abbia capito perché lui non va bene per sceglierle. Negli spot spopolano le immagini di belle casalinghe sorridenti tra distese di lenzuola bianchissime: un luogo comune impresso da anni nell’immaginario collettivo. Come l’uomo sempre impeccabile che guida compiaciuto auto potenti. Secondo il Parlamento europeo, però, questo modo di comunicare va superato. Così a settembre ha approvato a larga maggioranza una risoluzione per l’eliminazione degli stereotipi di genere nella pubblicità. Perché influiscono sulla società, sui rapporti tra le persone, non solo sui consumi. «La pubblicità e il marketing creano cultura anziché esserne semplicemente il riflesso», si legge nella relazione curata dall’europarlamentare svedese Eva-Britt Svensson. E contribuiscono al mantenimento delle disuguaglianze tra i generi: retribuzioni, professioni, ruoli di dirigenza, divisione dei lavori domestici. E se il marketing ha la sua responsabilità, da noi anche la tv deve entrarci qualcosa, con la questione dei ruoli.
Patria di veline e vallette coinvolte anche in qualche scandalo, l’Italia riesce a conquistarsi l’ultimo posto in Europa sulla questione parità, secondo la classifica 2007 Gender Gap stilata dal World Economic Forum. Ultimi in Europa, e nelle retrovie, anzi forse pure peggio, se consideriamo la graduatoria su scala mondiale: su 128 nazioni, siamo 84esimi. Questa distanza tra uomini e donne si ripercuote anche nella scelta di che materie studiare. Secondo uno studio americano della Northwestern University, nelle società dove i ruoli di genere sono più rigidi le femmine vanno meglio nelle materie umanistiche, e i maschi in quelle scientifiche. E i “test Pisa” elaborati dall’Ocse per valutare il rendimento scolastico mostrano per la matematica poca o nessuna differenza nei Paesi Scandinavi, mentre è maggiore, per esempio, in Turchia. «Uno stereotipo è come una lente attraverso cui guardiamo la realtà», osserva Bruno Mazzara, docente di psicologia dei consumi e della pubblicità a Roma, «ci fa vedere alcuni aspetti e ne occulta altri. Quando si sedimenta in una cultura, diventa normale interpretare la realtà attraverso quella distorsione». Ci si abitua, ai luoghi comuni. Si assorbono e ci si comporta di conseguenza. Non meno frequenti degli spot a base di ruoli di genere, sono quelli sexy, che puntano sull’anatomia, principalmente femminile, usata per promuovere di tutto.«Un’abbondanza martellante che rende normale e quotidiana la riduzione del corpo a oggetto», sostiene Catiuscia Marini, deputata al Parlamento di Strasburgo nel gruppo dei socialisti europei.
«Gli spot hanno un altissimo potere persuasivo, in particolare su bambini e adolescenti, perché ci trovano modelli da imitare», osserva Francesca Romana Puggelli, che insegna psicologia sociale a Milano e Pavia, autrice del libro Spot generation (Franco Angeli). «Nel contesto odierno di crisi delle figure tradizionali, ai giovani resta solo la televisione, e da lì assorbono tutto, indistintamente. Anche gli eventuali stereotipi che contengono: e ce ne sono tanti», sottolinea. «Non solo nelle pubblicità per adulti, ma anche, per esempio, in quelle dei giocattoli, dove di solito i bambini sono rappresentati in movimento, all’aperto e vestiti in modo più differenziato rispetto alle bimbe, spesso bionde, coi capelli lunghi, con abiti dai colori tenui. Quasi sempre si trovano in luoghi al chiuso e la musica che accompagna gli spot è più soft, rispetto a quella scelta per i maschi». Particolari che finiscono per indicare chi starà dove, «qual è il posto per l’uomo e quale per la donna», osserva Puggelli. «Certo, ci sono anche casi meno scontati, ma sono rari. Di solito la pubblicità parla a molti, non a pochi. È fatta per raggiungere un pubblico più ampio possibile, quindi mostra aspetti conosciuti, che tutti possono capire senza alcuno sforzo cognitivo. Per questo mantiene lo status quo: la pubblicità non anticipa i tempi, piuttosto di solito rimane un passo indietro». E si autoalimenta.
Se in Europa si discute di sessismo nei messaggi pubblicitari, cosa dire, da noi, della televisione in generale? È affollata di veline, letterine, sexy girl con costumi succinti e balletti allusivi che sono ormai dilaganti nella tv generalista, nei programmi di intrattenimento a qualsiasi orario. Al pubblico piace, il pubblico apprezza, si dice. Sottinteso, il pubblico maschile. Però nel rapporto 2008 di Censis-Ucsi sulla comunicazione, salta fuori invece che il 73% degli intervistati cita la volgarità come difetto principale proprio della tv generalista, quella per tutti. Nel 2006 la Società italiana di pediatria ha pubblicato uno studio che è stato definito scioccante, come se nessuno si fosse accorto della piega che stavano prendendo le cose: tra le dodicenni intervistate, alla domanda «cosa vuoi fare da grande?», al primo posto c’era la velina. Al secondo, un “non so”. L’anno scorso invece la velina è stata sostituita da un più versatile “personaggio famoso”, si legge nel rapporto.Mentre i bambini sognano in massa di diventare calciatori. Nello stesso anno il Censis ha pubblicato uno studio approfondito e specifico dell’immagine femminile nella comunicazione, intitolato Women and Media in Europe.
«La donna prevalente in tv è quella dello spettacolo, mentre professioniste o intellettuali hanno un po’ di spazio solo nelle fiction», spiega Elisa Manna, responsabile del settore cultura del Censis e tra le curatrici del rapporto. «Ci sono solo donne bellissime, giovanissime, perfette, sempre inquadrate con una certa tendenza al voyeurismo». Niente anziane, pochissime quelle di mezza età, tutte sempre di classi sociali agiate, e mai disabili. «Modelli irreali, e non solo nei programmi d’intrattenimento. Anche nei telegiornali la figura femminile si alterna tra un’alta attenzione nella cronaca nera e le modelle delle sfilate, spesso introdotte sul finire dei tg come alleggerimento: un’altalena assurda», osserva Manna. In effetti, numeri a parte, la situazione è davvero a portata di telecomando. Così, giusto un anno fa, in Parlamento erano state presentate due mozioni, per altro bipartisan, proprio sulla questione dell’immagine femminile in tv. Si chiedeva, in sostanza, di far passare non solo il corpo, ma anche il punto di vista femminile, farle anche parlare, le donne. Magari fare spazio alle varie professioniste, in modo da offrire modelli culturali interessanti per i più giovani.
Mozioni rimaste entrambe lettera morta. «Certo che il vostro Paese è terribile », chiosa senza mezzi termini Florence Montreynaud, attivista di “La meute”, rete francese che dal 2000 si occupa di sessismo nella comunicazione e nel marketing. «Noi invece protestiamo, facciamo volantinaggio davanti ai grandi magazzini, chiediamo di non comprare giocattoli e oggetti pubblicizzati in maniera scorretta, scriviamo ai produttori. E di solito ci ascoltano, pure le multinazionali, che temono la nostra pubblicità negativa », spiega. «Ma chiediamo anche l’intervento normativo della politica, perché solo la legge può proteggere tutti, anche i più deboli». Inoltre organizzano due premi: uno allo spot peggiore, l’altro al migliore. Un po’ quello che in Spagna fa l’Observatorio andaluz de la publicidad no sexista, il quale raccoglie segnalazioni di cittadini sui contenuti offensivi degli spot. Risultato: la maggior parte delle missive riguarda i giocattoli e i loro spot. «Il problema con gli stereotipi è proprio che si comincia presto», afferma Puggelli.
Il mese scorso in Svezia il comitato etico ha richiamato una nota marca di giocattoli per i contenuti stereotipati di giochi e pubblicità.Su Internet la notizia ha ricevuto qualche attenzione anche in Italia, ma quasi sempre con toni ironici, canzonatori. L’iniziativa è stata anche bollata come roba da femministe ipercritiche. Ma Puggelli sottolinea di non definirsi una femminista: «Non si tratta solo di donne, anche per gli uomini si creano schemi rigidi da cui faticano a uscire. La pubblicità è un mezzo potentissimo, andrebbe usato con preparazione e sensibilità». Qualche iniziativa degna di nota ora sembra arrivare pure da noi. L’anno scorso l’ufficio di parità del Comune di Torino ha lanciato una campagna contro i brand che sfruttano immagini sessiste per vendere i loro prodotti: sui mezzi pubblici e in città c’era l’immagine di una ragazza in una vaschetta cellofanata, e un enorme codice a barre sopra.
Quest’anno, invece, è partita una campagna, “La parità moltiplica le opportunità. Per tutti”, con uno spot trasmesso a livello nazionale. Nell’attesa che arrivi anche l’Europa: «La risoluzione del Parlamento europeo», spiega Marini, «è un documento di indirizzo politico con cui si incoraggiano alcune istituzioni, e gli Stati membri, a prendere provvedimenti seri per la rimozione degli ostacoli che impediscono la realizzazione dell’uguaglianza tra i generi. Si dice soprattutto di fare attenzione ai messaggi indirizzati ai più piccoli, e anche all’uso delle modelle di magrezza insalubre. Inoltre si parla dell’istituzione di specifici organismi nazionali per il monitoraggio dei contenuti discriminatori delle pubblicità. Tutto questo non ha solo un senso negativo, punitivo: anzi, nella risoluzione si parla di premi a pubblicità che abbiano messaggi positivi».
venerdì 5 dicembre 2008
Carissime,
mercoledi 3 dicembre eravamo solo in sei, ma abbiamo deciso comunque di analizzare i questionari che avevamo a disposizione (nostri e di amiche prestatesi) per verificarne i punti di criticità. E questi vi illustro.
2. In che cosa ti senti diversa dai tuoi coetanei maschi?
Alcune delle risposte proposte ci sono sembrate raggruppate in diadi ridondanti, ad esempio
a. costituzione fisica / c. caratteri sessuali : preferiamo lasciare la sola opzione ‘a’ eliminando la ‘c’ che da ‘a’ è comunque inclusa.
l. volontà di autoaffermazione / m. volontà di primeggiare: lasciare la ‘l’ ed eliminare la ‘m’.
3. Qual è l’elemento che a tuo avviso ti accomuna maggiormente alle tue coetanee?
3bis. E quale quello per cui ti senti maggiormente diversa da loro?
Abbiamo analizzato le risposte fornite a queste due domande e abbiamo rilevato, discutendone insieme, un disagio comune a rispondere causato dal termine ‘coetanee’, sia perché la nostra pratica di relazione con ‘le altre’ si esprime secondo una modalità esclusivamente trans-generazionale, sia perché il termine offusca la finalità delle due domande, che è quella di testare il ‘punto a cui sei insieme/rispetto alle altre’.
Ci sembra opportuno quindi sostituire “tue coetanee” con “altre donne”: la lettura sincronica delle risposte è comunque rilevabile chiedendo di scrivere l’età a chi compila il test.
4bis è da correggere in 5, e 5 da correggere in 5bis (ambiti di vita figlia/madre e madre/nonna)
Ci sembra opportuno limitare a 1 sola l’opzione fra le 4 proposte, per far emergere nella lettura ‘il’ nodo pregnante di cambiamento.
6. C’è un obiettivo specifico per cui ti batteresti come donna?
Marzia ha espresso l’urgenza di veder specificata la collocazione identitaria: ha senso parlare di ‘identità di genere’ fuori da una chiara scelta di collocazione etnica, politica, culturale?
Al gruppo è sembrato che la ‘scelta di collocazione’ possa comunque emergere dal testo delle risposte piuttosto che dal presupposto della domanda. Propongo comunque che su questo punto torniamo a riflettere nel prossimo incontro.
7. Come spiegheresti l’espressione “identità di genere” a una sorella…?
Per facilitare la risposta a chi non ne conosce il significato, abbiamo proposto di riformulare la domanda così:
“Hai mai sentito parlare di “identità di genere”?
no
si: Come spiegheresti l’espressione…?
Ci è sembrata poi molto convincente la proposta di una studentessa che si è unita per la prima volta al gruppo (perdonami, non ricordo il tuo nome), di aggiungere dopo la domanda 7 il punto
8. Associa tre termini alla parola “donna” che potrebbe restituirci un campionario intrigante di significati espressi. E’ ovvio che l’attuale 8 diventerebbe 8bis.
Crediamo inoltre opportuno inserire una domanda finale, non numerata:
Ti è piaciuto fare il test?
Si
No
Perché?
per poter esprimere le sensazioni provocate da un riflettere su di sé che per alcune donne non è un terreno di confronto così scontato ed abituale.
Note finali: necessità di lasciare più spazio per il testo libero, e comune apprezzamento per il titolo del test suggerito da Valentina, abbastanza neutro da non veicolare le risposte, vagamente allusivo all’8 marzo delle donne.
Vi saluto aggiungendo al mio post un’email inviatami da una neo-laureatasi con una tesi sull’identità di genere, Chiara Collamati, che non può essere presente fisicamente ai nostri incontri perché ha abbandonato Siena, ma a cui avevo dato il questionario perché lo testasse insieme a noi. Le sue riflessioni mi sono sembrate sorprendenti, perché ripercorrono punto per punto, e con grande lucidità, il percorso da noi seguito nell’incontro di mercoledi. E’ una cara amica, per il momento, forse, per voi solo virtuale.
Un bacio a tutte. Lascio la parola a Chiara:
“Cara Pina,
nonostante non ci conosciamo, mi permetto di usare toni confidenziali e darti del tu…Spero di non esser inopportuna, ma dato il contesto di vicinanza femminile e la comunanza di interessi relativi a questo ambito, mi risulta difficile e innaturale usare atteggiamenti formali e troppi convenevoli.
Innanzitutto mi scuso per lo scarso tempismo con cui ti contatto…
Dunque, ho letto e compilato il questionario che mi hai consegnato.
Essendo rivolto ad un pubblico vasto ed eterogeneo, condivido la semplicità e l’immediatezza con cui sono formulate le otto domande; tuttavia, se posso esprimere un mio personale parere, trovo che pecchi di un eccesso di genericità: è difficile rispondere riferendosi a categorie o gruppi di appartenenza ( come nel caso di ‘coetanei maschi’, o ‘le differenze/somiglianze con le tue coetanee’).
Da parte mia, preferirei fosse più mirato e maggiormente rivolto all’esperienza personale, al proprio modo di vivere ed esperire l’essere donna. Qual è il/i significato/i che ognuna attribuisce al suo essere donna, al termine ‘femminile’ che viene costantemente accusato di essenzialismo,ma che varia da cultura a cultura, da generazione a generazione, da persona a persona. Insomma, prima di chiedere “ti piace essere donna?”(domanda n. 8), chiederei “ Che significa per te essere donna?” “di quali significati, valori/disvalori investi il tuo sito del femminile?”.
E soprattutto va, a mio avviso, sottolineato il posto che ognuna attribuisce al significante ‘donna’, alla locuzione ‘in quanto donna’, cioè alla priorità o meno che l’identità di genere assume rispetto ad altre identità: etnica,geografica, socio-politica, familiare, culturale, etc, etc…Questa precisazione va fatta contestualmente alla domanda n. 6: “c’è un obiettivo specifico per cui ti batteresti come donna?”
Inoltre, la domanda n. 2 la ripenserei totalmente: ci sono opzioni che secondo me possono equivalersi tipo: costituzione fisica/forza fisica, rapporto con la famiglia d’origine/educazione ricevuta,volontà di autoaffermazione/volontà di primeggiare… per alleggerire un po’ quell’elenco che trovo ridondante. Poi ho delle perplessità sull’opzione ‘c’: che significa sentirsi diversi dai coetanei maschi per ‘caratteri sessuali’? Il riferimento è al puro dato biologico, o al modo di vivere il rapporto con il proprio corpo?
La prima domanda, infine, la formulerei diversamente, ad esempio:
“in questo periodo storico è possibile, e se sì sotto quali aspetti, affermare l’uguaglianza dei sessi?”:
a. non è possibile.
b. dal punto di vista giuridico e del riconoscimento dei diritti fondamentali.
c. dal punto di vista delle opportunità lavorative e dell’affermazione professionale.
d. dal punto di vista dell’immaginario collettivo e delle tradizioni culturali.
e. a livello del vissuto personale, dell’esperienza di ognuno con il proprio corpo e la propria sessualità.
Ecco…questo è quanto mi è venuto in mente riflettendo sul questionario…Spero di aver fatto osservazioni pertinenti e che possano risultare -anche in minima parte- utili ai fini della vostra ricerca e della crescita del vostro progetto.
Ah, infine, approfondirei l’aspetto della maternità sia nei termini del rapporto con la madre –come e in che misura la figura materna ha influenzato ed inciso sul modo che ognuna ha di sentirsi donna e di vivere la propria femminilità-, sia nei termini della specificità che l’essere madri conferisce alle donne.
Con l’auspicio di continuare a seguire il vostro percorso, benché a distanza ed indirettamente, ti mando i miei più sinceri saluti.
Buon lavoro…
Chiara”
mercoledi 3 dicembre eravamo solo in sei, ma abbiamo deciso comunque di analizzare i questionari che avevamo a disposizione (nostri e di amiche prestatesi) per verificarne i punti di criticità. E questi vi illustro.
2. In che cosa ti senti diversa dai tuoi coetanei maschi?
Alcune delle risposte proposte ci sono sembrate raggruppate in diadi ridondanti, ad esempio
a. costituzione fisica / c. caratteri sessuali : preferiamo lasciare la sola opzione ‘a’ eliminando la ‘c’ che da ‘a’ è comunque inclusa.
l. volontà di autoaffermazione / m. volontà di primeggiare: lasciare la ‘l’ ed eliminare la ‘m’.
3. Qual è l’elemento che a tuo avviso ti accomuna maggiormente alle tue coetanee?
3bis. E quale quello per cui ti senti maggiormente diversa da loro?
Abbiamo analizzato le risposte fornite a queste due domande e abbiamo rilevato, discutendone insieme, un disagio comune a rispondere causato dal termine ‘coetanee’, sia perché la nostra pratica di relazione con ‘le altre’ si esprime secondo una modalità esclusivamente trans-generazionale, sia perché il termine offusca la finalità delle due domande, che è quella di testare il ‘punto a cui sei insieme/rispetto alle altre’.
Ci sembra opportuno quindi sostituire “tue coetanee” con “altre donne”: la lettura sincronica delle risposte è comunque rilevabile chiedendo di scrivere l’età a chi compila il test.
4bis è da correggere in 5, e 5 da correggere in 5bis (ambiti di vita figlia/madre e madre/nonna)
Ci sembra opportuno limitare a 1 sola l’opzione fra le 4 proposte, per far emergere nella lettura ‘il’ nodo pregnante di cambiamento.
6. C’è un obiettivo specifico per cui ti batteresti come donna?
Marzia ha espresso l’urgenza di veder specificata la collocazione identitaria: ha senso parlare di ‘identità di genere’ fuori da una chiara scelta di collocazione etnica, politica, culturale?
Al gruppo è sembrato che la ‘scelta di collocazione’ possa comunque emergere dal testo delle risposte piuttosto che dal presupposto della domanda. Propongo comunque che su questo punto torniamo a riflettere nel prossimo incontro.
7. Come spiegheresti l’espressione “identità di genere” a una sorella…?
Per facilitare la risposta a chi non ne conosce il significato, abbiamo proposto di riformulare la domanda così:
“Hai mai sentito parlare di “identità di genere”?
no
si: Come spiegheresti l’espressione…?
Ci è sembrata poi molto convincente la proposta di una studentessa che si è unita per la prima volta al gruppo (perdonami, non ricordo il tuo nome), di aggiungere dopo la domanda 7 il punto
8. Associa tre termini alla parola “donna” che potrebbe restituirci un campionario intrigante di significati espressi. E’ ovvio che l’attuale 8 diventerebbe 8bis.
Crediamo inoltre opportuno inserire una domanda finale, non numerata:
Ti è piaciuto fare il test?
Si
No
Perché?
per poter esprimere le sensazioni provocate da un riflettere su di sé che per alcune donne non è un terreno di confronto così scontato ed abituale.
Note finali: necessità di lasciare più spazio per il testo libero, e comune apprezzamento per il titolo del test suggerito da Valentina, abbastanza neutro da non veicolare le risposte, vagamente allusivo all’8 marzo delle donne.
Vi saluto aggiungendo al mio post un’email inviatami da una neo-laureatasi con una tesi sull’identità di genere, Chiara Collamati, che non può essere presente fisicamente ai nostri incontri perché ha abbandonato Siena, ma a cui avevo dato il questionario perché lo testasse insieme a noi. Le sue riflessioni mi sono sembrate sorprendenti, perché ripercorrono punto per punto, e con grande lucidità, il percorso da noi seguito nell’incontro di mercoledi. E’ una cara amica, per il momento, forse, per voi solo virtuale.
Un bacio a tutte. Lascio la parola a Chiara:
“Cara Pina,
nonostante non ci conosciamo, mi permetto di usare toni confidenziali e darti del tu…Spero di non esser inopportuna, ma dato il contesto di vicinanza femminile e la comunanza di interessi relativi a questo ambito, mi risulta difficile e innaturale usare atteggiamenti formali e troppi convenevoli.
Innanzitutto mi scuso per lo scarso tempismo con cui ti contatto…
Dunque, ho letto e compilato il questionario che mi hai consegnato.
Essendo rivolto ad un pubblico vasto ed eterogeneo, condivido la semplicità e l’immediatezza con cui sono formulate le otto domande; tuttavia, se posso esprimere un mio personale parere, trovo che pecchi di un eccesso di genericità: è difficile rispondere riferendosi a categorie o gruppi di appartenenza ( come nel caso di ‘coetanei maschi’, o ‘le differenze/somiglianze con le tue coetanee’).
Da parte mia, preferirei fosse più mirato e maggiormente rivolto all’esperienza personale, al proprio modo di vivere ed esperire l’essere donna. Qual è il/i significato/i che ognuna attribuisce al suo essere donna, al termine ‘femminile’ che viene costantemente accusato di essenzialismo,ma che varia da cultura a cultura, da generazione a generazione, da persona a persona. Insomma, prima di chiedere “ti piace essere donna?”(domanda n. 8), chiederei “ Che significa per te essere donna?” “di quali significati, valori/disvalori investi il tuo sito del femminile?”.
E soprattutto va, a mio avviso, sottolineato il posto che ognuna attribuisce al significante ‘donna’, alla locuzione ‘in quanto donna’, cioè alla priorità o meno che l’identità di genere assume rispetto ad altre identità: etnica,geografica, socio-politica, familiare, culturale, etc, etc…Questa precisazione va fatta contestualmente alla domanda n. 6: “c’è un obiettivo specifico per cui ti batteresti come donna?”
Inoltre, la domanda n. 2 la ripenserei totalmente: ci sono opzioni che secondo me possono equivalersi tipo: costituzione fisica/forza fisica, rapporto con la famiglia d’origine/educazione ricevuta,volontà di autoaffermazione/volontà di primeggiare… per alleggerire un po’ quell’elenco che trovo ridondante. Poi ho delle perplessità sull’opzione ‘c’: che significa sentirsi diversi dai coetanei maschi per ‘caratteri sessuali’? Il riferimento è al puro dato biologico, o al modo di vivere il rapporto con il proprio corpo?
La prima domanda, infine, la formulerei diversamente, ad esempio:
“in questo periodo storico è possibile, e se sì sotto quali aspetti, affermare l’uguaglianza dei sessi?”:
a. non è possibile.
b. dal punto di vista giuridico e del riconoscimento dei diritti fondamentali.
c. dal punto di vista delle opportunità lavorative e dell’affermazione professionale.
d. dal punto di vista dell’immaginario collettivo e delle tradizioni culturali.
e. a livello del vissuto personale, dell’esperienza di ognuno con il proprio corpo e la propria sessualità.
Ecco…questo è quanto mi è venuto in mente riflettendo sul questionario…Spero di aver fatto osservazioni pertinenti e che possano risultare -anche in minima parte- utili ai fini della vostra ricerca e della crescita del vostro progetto.
Ah, infine, approfondirei l’aspetto della maternità sia nei termini del rapporto con la madre –come e in che misura la figura materna ha influenzato ed inciso sul modo che ognuna ha di sentirsi donna e di vivere la propria femminilità-, sia nei termini della specificità che l’essere madri conferisce alle donne.
Con l’auspicio di continuare a seguire il vostro percorso, benché a distanza ed indirettamente, ti mando i miei più sinceri saluti.
Buon lavoro…
Chiara”
martedì 2 dicembre 2008
femminismo
Femminismo è lo spazio che le donne, ogni donna, riempie della sua presenza autonoma e indipendente. Uno spazio di liberazione in cui prestar ascolto a se stesse e al mondo che assume ora, sotto lo sguardo femminile, una nuova luce. Uno spazio in cui riappropriarsi del tempo e dei suoi miti per intrecciarli in un racconto simbolico a cui prestare una voce, che è voce di donna. È la voce di ognuna che riannoda i fili dei suoi pensieri con i fili che legano i pensieri di tutte.
Femminismo è il tempo di riappropriarsi del proprio corpo, di realizzare il proprio desiderio di essere una di due, perché l’essere è duale, una congiunzione di opposti che rende possibile il suo manifestarsi.
Femminismo è la possibilità per le donne di esprimersi per se stesse. Femminismo è la conquista di una via per ripensare se stesse; femminismo è la meta di quella stessa via e, ancora, il modo di percorrerla.
Femminismo è il tempo di riappropriarsi del proprio corpo, di realizzare il proprio desiderio di essere una di due, perché l’essere è duale, una congiunzione di opposti che rende possibile il suo manifestarsi.
Femminismo è la possibilità per le donne di esprimersi per se stesse. Femminismo è la conquista di una via per ripensare se stesse; femminismo è la meta di quella stessa via e, ancora, il modo di percorrerla.
lunedì 1 dicembre 2008
Glossario: inizio dei lavori
Dal prossimo mercoledì, e più realisticamente da mercoledì 10 dicembre, i seminari procederanno affrontando la costituzione di un lessico/la socializzazione dei saperi sulle tematiche dell'identità di genere.
1) Una prima data importante sarà il 21 gennaio, quando al centro Mara Meoni a Siena si terrà un convegno sul femminsimo degli anni '70 con Maria Luisa Boccia, Guerra, e la nostra Pina. Vorremmo tuttavia arrivare "preparate" all'appuntamento, e inziare a creare un comune retroterra e teorico e di riflessione sul vissuto. In riferimento alla prima dimensione del sapere, il gruppo non ha escluso la possibilità di ricevere tradizionali lezioni frontali, almeno per un'ora, invitando apposite relatrici.
2) In tutti i casi, vista la difficoltà che abbiamo avuto a trovare da subito una formula e un calendario per la socializzazione dei saperi, si è pensato di prenderla "alla larga", portando tutte un artefatto mediale/culturale che riteniamo utile per impstare la riflessione sulle tematiche del genere e sul femminismo. Può essere qualunque cosa: un saggio, un romanzo da discutere e di cui leggere alcune pagine, un film, una canzone..dovrebbe in ogni caso trattarsi di un contributo che ritenete esprima la vostra sensibilità e il vostro approccio - di qualunque tipo: filosofico, estetico, emotivo - alle tematiche del femminile e del femminismo; magari un contributo che è stato formativo nel vostro percorso di studi di genere/di consapevolezza di genere, che vi ha chiarito le idee o che al contrario che vi ha messo dubbi; un contributo che ritenete valido per la capacità di analisi o piuttosto per le sensazione che vi ha suscitato...
Pensiamo che questo possa essere un primo punto di partenza, oltreché un metodo che consente di istituire una continua dialettica tra il particolare e il generale, ovvero tra l'esperienza personale (perché hai scelto questo oggetto? cosa dice di te?) e la teoria - se trattasi di contributi teorici - o la riflessione e l'analisi dell'esperienza, che è comunque una forma di conoscenza che implica la capacità di generalizzare e astrarre.
Scegliamo qualunque cosa ci vada di portare ma proviamo a chiederci perché l'abbiamo scelta: ho un'idea su come gestire questa domanda e strutturare la discussione intorno agli oggetti in modo che sia proficua ai fini della costituzione del "lessico".
1) Una prima data importante sarà il 21 gennaio, quando al centro Mara Meoni a Siena si terrà un convegno sul femminsimo degli anni '70 con Maria Luisa Boccia, Guerra, e la nostra Pina. Vorremmo tuttavia arrivare "preparate" all'appuntamento, e inziare a creare un comune retroterra e teorico e di riflessione sul vissuto. In riferimento alla prima dimensione del sapere, il gruppo non ha escluso la possibilità di ricevere tradizionali lezioni frontali, almeno per un'ora, invitando apposite relatrici.
2) In tutti i casi, vista la difficoltà che abbiamo avuto a trovare da subito una formula e un calendario per la socializzazione dei saperi, si è pensato di prenderla "alla larga", portando tutte un artefatto mediale/culturale che riteniamo utile per impstare la riflessione sulle tematiche del genere e sul femminismo. Può essere qualunque cosa: un saggio, un romanzo da discutere e di cui leggere alcune pagine, un film, una canzone..dovrebbe in ogni caso trattarsi di un contributo che ritenete esprima la vostra sensibilità e il vostro approccio - di qualunque tipo: filosofico, estetico, emotivo - alle tematiche del femminile e del femminismo; magari un contributo che è stato formativo nel vostro percorso di studi di genere/di consapevolezza di genere, che vi ha chiarito le idee o che al contrario che vi ha messo dubbi; un contributo che ritenete valido per la capacità di analisi o piuttosto per le sensazione che vi ha suscitato...
Pensiamo che questo possa essere un primo punto di partenza, oltreché un metodo che consente di istituire una continua dialettica tra il particolare e il generale, ovvero tra l'esperienza personale (perché hai scelto questo oggetto? cosa dice di te?) e la teoria - se trattasi di contributi teorici - o la riflessione e l'analisi dell'esperienza, che è comunque una forma di conoscenza che implica la capacità di generalizzare e astrarre.
Scegliamo qualunque cosa ci vada di portare ma proviamo a chiederci perché l'abbiamo scelta: ho un'idea su come gestire questa domanda e strutturare la discussione intorno agli oggetti in modo che sia proficua ai fini della costituzione del "lessico".
Questionario: calendario lavori
1) Terminata la fase di raccolta dei questionari, cui abbiamo pensato di rispondere noi stesse come preliminare verifica della sua efficacia,Il PROSSIMO MERCOLEDI', 3 dicembre, discuteremo le nostre reazioni.
Si pensava di procedere così: un primo consulto sulle domande che abbiamo trovato problematiche/efficaci e perché; lettura, pescando a caso nel mucchio, di alcuni stralci di risposte, magari confrontando quelle date alle stesse domande, per capire il grado di apertura/chiusura del campo consentito a ogni risposta; e via dicendo.
Lo scopo dovrebbe essere testare le domande e vedere se già dalla piccola autoindagine fatta emergono possibili correzioni prima di passare alla fase pilota.
2) Dopo aver sistemato le domande (è assolutamente possibile che dovremo impiegare anche il mercoledì successivo), si parte con la fase pilota, in cui si distribuiscono i questionari a un primo gruppo. Si formerà una squadretta che lavorerà in autonomia, parallelamente ai seminari, ritirando i questionari della fase pilota e iniziando a analizzarli, allo scopo di testare l'efficacia delle domande rispetto alla popolazioe studentesca. Per farlo è necessario analizzre gli scritti facendo una prima divisione in categorie, da utilizzare eventualmente anche per le risposte che arriveranno con l'indagine allargata. Questo gruppo ovviamente riferirà ai seminari di volta in volta, ma non ha senso che tutte e 15 o 20 ci buttiamo su questa analisi.
Si pensava di procedere così: un primo consulto sulle domande che abbiamo trovato problematiche/efficaci e perché; lettura, pescando a caso nel mucchio, di alcuni stralci di risposte, magari confrontando quelle date alle stesse domande, per capire il grado di apertura/chiusura del campo consentito a ogni risposta; e via dicendo.
Lo scopo dovrebbe essere testare le domande e vedere se già dalla piccola autoindagine fatta emergono possibili correzioni prima di passare alla fase pilota.
2) Dopo aver sistemato le domande (è assolutamente possibile che dovremo impiegare anche il mercoledì successivo), si parte con la fase pilota, in cui si distribuiscono i questionari a un primo gruppo. Si formerà una squadretta che lavorerà in autonomia, parallelamente ai seminari, ritirando i questionari della fase pilota e iniziando a analizzarli, allo scopo di testare l'efficacia delle domande rispetto alla popolazioe studentesca. Per farlo è necessario analizzre gli scritti facendo una prima divisione in categorie, da utilizzare eventualmente anche per le risposte che arriveranno con l'indagine allargata. Questo gruppo ovviamente riferirà ai seminari di volta in volta, ma non ha senso che tutte e 15 o 20 ci buttiamo su questa analisi.
Report incontro 26 novembre
Ecco i piani per il futuro prossimo e remoto emersi nell'ultimo incontro. Riporto tutto insieme ma tra un attimo scorporo le diverse parti inserendole nelle apposite sezioni, in modo che chiunque visiti il blog (nuove partecipanti, persone che si sono perse gli ulimi incontri, casuali web surfers....) possa farsi un'idea organica dello stato dell'arte dei diversi progetti che stiamo attivando.
con grande ritardo e me ne scuso, ecco i "compitini" per l'incontro di mercoledì (posto anche sul blog):
- rispondere, se potete, al questionario inviato da Valentina
- scegliere e portare un "artefatto" mediale/culturale che ritenete utile per impstare la riflessione sulle tematiche del genere e sul femminismo. Può essere qualunque cosa: un saggio, un romanzo da discutere e di cui leggere alcune pagine, un film, una canzone..dovrebbe in ogni caso trattarsi di un contributo che ritenete esprima la vostra sensibilità e il vostro approccio - di qualunque tipo: filosofico, estetico, emotivo - alle tematiche del femminile e del femminismo; magari un contributo che è stato formativo nel vostro percorso di studi di genere/di consapevolezza di genere, che vi ha chiarito le idee o che al contrario che vi ha messo dubbi; un contributo che ritenete valido per la capacità di analisi o piuttosto per le sensazione che vi ha suscitato...Insomma, whatever.
_*Come procederemo mercoledì:*_
- 1) la gran parte della giornata di mercoledì, con ogni probabilità, sarà dedicata alla discussione del questionario. Si pensava di procedere così: un primo consulto sulle domande che abbiamo trovato problematiche/efficaci e perché; lettura, pescando a caso nel mucchio, di alcuni stralci di risposte, magari confrontando quelle date alle stesse domande, per capire il grado di apertura/chiusura del campo consentito a ogni risposta; e via dicendo. Lo scopo dovrebbe essere testare le domande e vedere se già dalla piccola autoindagine fatta emergono possibili correzioni prima di passare alla fase pilota.
- 2) Ci prenderemo un piccolo spazio per dirci quali oggetti abbiamo portato, così, per "lanciare" i lavori che si svolgeranno a partire dal mercoledì segunete. Da questo momento, infatti, il calendario dei lavori andrà strutturandosi in modo più dettagliato, ovvero:
_*Prossimi mercoledì prima delle vacanza di Natale*_:
- dopo aver sistemato il questionario si parte con la fase pilota, in cui si distribuiscono i questionari a un primo gruppo. Si formerà una squadretta che lavorerà in autonomia, parallelamente ai seminari, ritirando i questionari della fase pilota e iniziando a analizzarli, allo scopo di testare l'efficacia delle domande rispetto alla popolazioe studentesca. Per farlo è necessario analizzre gli scritti facendo una prima divisione in categorie, da utilizzare eventualmente anche per le risposte che arriveranno con l'indagine allargata. Questo gruppo ovviamente riferirà ai seminari di volta in volta, ma non ha senso che tutte e 15 o 20 ci buttiamo su questa analisi.
- i seminari procederanno affrontando il seondo progetto, ovvero la costituzione di un lessico/la socializzazione dei saperi sulle tematiche dell'identità di genere. Una prima data importante sarà il 21 gennaio, quando al centro Mara Meoni a Siena si terrà un convegno sul femminsimo degli anni '70 con Maria Luisa Boccia, Guerra, e la nostra Pina. Vorremmo tuttavia arrivare "preparate" all'appuntamento, e inziare a creare un comune retroterra e teorico e di riflessione sul vissuto. In riferimento alla prima dimensione del sapere, il gruppo non ha escluso la possibilità di ricevere tradizionali lezioni frontali, almeno per un'ora, invitando apposite relatrici.
La scelta degli oggetti di cui in apertura mail si inserisce in questo percorso. Vista la difficoltà che abbiamo avuto a trovare da subito una formula e un calendario per la socializzazione dei saperi, si è pensato che quello di portare un oggetto culturle che giudichaimo rappresentativo potesse essere un primo punto di partenza, oltreché un metodo che consente di istituire una continua dialettica tra il particolare e il generale, ovvero dall'esperienza personale (perché hai scelto questo oggetto? cosa dice di te?) alla teoria - se trattasi di contributi teorici - o alla riflessione e all'analisi dell'esperienza, che è comunque una forma di conoscenza che implica la capacità di generalizzare e astrarre.Mmmhhh....non so se mi sono spiegata bene.
Ecco, comunque direi questo: scegliamo qualunque cosa ci vada di portare ma proviamo a chiederci perché l'abbiamo scelta: ho un'idea su come gestire questa domanda e strutturare la discussione intorno agli oggetti in modo che sia proficua ai fini della costituzione del "lessico".
con grande ritardo e me ne scuso, ecco i "compitini" per l'incontro di mercoledì (posto anche sul blog):
- rispondere, se potete, al questionario inviato da Valentina
- scegliere e portare un "artefatto" mediale/culturale che ritenete utile per impstare la riflessione sulle tematiche del genere e sul femminismo. Può essere qualunque cosa: un saggio, un romanzo da discutere e di cui leggere alcune pagine, un film, una canzone..dovrebbe in ogni caso trattarsi di un contributo che ritenete esprima la vostra sensibilità e il vostro approccio - di qualunque tipo: filosofico, estetico, emotivo - alle tematiche del femminile e del femminismo; magari un contributo che è stato formativo nel vostro percorso di studi di genere/di consapevolezza di genere, che vi ha chiarito le idee o che al contrario che vi ha messo dubbi; un contributo che ritenete valido per la capacità di analisi o piuttosto per le sensazione che vi ha suscitato...Insomma, whatever.
_*Come procederemo mercoledì:*_
- 1) la gran parte della giornata di mercoledì, con ogni probabilità, sarà dedicata alla discussione del questionario. Si pensava di procedere così: un primo consulto sulle domande che abbiamo trovato problematiche/efficaci e perché; lettura, pescando a caso nel mucchio, di alcuni stralci di risposte, magari confrontando quelle date alle stesse domande, per capire il grado di apertura/chiusura del campo consentito a ogni risposta; e via dicendo. Lo scopo dovrebbe essere testare le domande e vedere se già dalla piccola autoindagine fatta emergono possibili correzioni prima di passare alla fase pilota.
- 2) Ci prenderemo un piccolo spazio per dirci quali oggetti abbiamo portato, così, per "lanciare" i lavori che si svolgeranno a partire dal mercoledì segunete. Da questo momento, infatti, il calendario dei lavori andrà strutturandosi in modo più dettagliato, ovvero:
_*Prossimi mercoledì prima delle vacanza di Natale*_:
- dopo aver sistemato il questionario si parte con la fase pilota, in cui si distribuiscono i questionari a un primo gruppo. Si formerà una squadretta che lavorerà in autonomia, parallelamente ai seminari, ritirando i questionari della fase pilota e iniziando a analizzarli, allo scopo di testare l'efficacia delle domande rispetto alla popolazioe studentesca. Per farlo è necessario analizzre gli scritti facendo una prima divisione in categorie, da utilizzare eventualmente anche per le risposte che arriveranno con l'indagine allargata. Questo gruppo ovviamente riferirà ai seminari di volta in volta, ma non ha senso che tutte e 15 o 20 ci buttiamo su questa analisi.
- i seminari procederanno affrontando il seondo progetto, ovvero la costituzione di un lessico/la socializzazione dei saperi sulle tematiche dell'identità di genere. Una prima data importante sarà il 21 gennaio, quando al centro Mara Meoni a Siena si terrà un convegno sul femminsimo degli anni '70 con Maria Luisa Boccia, Guerra, e la nostra Pina. Vorremmo tuttavia arrivare "preparate" all'appuntamento, e inziare a creare un comune retroterra e teorico e di riflessione sul vissuto. In riferimento alla prima dimensione del sapere, il gruppo non ha escluso la possibilità di ricevere tradizionali lezioni frontali, almeno per un'ora, invitando apposite relatrici.
La scelta degli oggetti di cui in apertura mail si inserisce in questo percorso. Vista la difficoltà che abbiamo avuto a trovare da subito una formula e un calendario per la socializzazione dei saperi, si è pensato che quello di portare un oggetto culturle che giudichaimo rappresentativo potesse essere un primo punto di partenza, oltreché un metodo che consente di istituire una continua dialettica tra il particolare e il generale, ovvero dall'esperienza personale (perché hai scelto questo oggetto? cosa dice di te?) alla teoria - se trattasi di contributi teorici - o alla riflessione e all'analisi dell'esperienza, che è comunque una forma di conoscenza che implica la capacità di generalizzare e astrarre.Mmmhhh....non so se mi sono spiegata bene.
Ecco, comunque direi questo: scegliamo qualunque cosa ci vada di portare ma proviamo a chiederci perché l'abbiamo scelta: ho un'idea su come gestire questa domanda e strutturare la discussione intorno agli oggetti in modo che sia proficua ai fini della costituzione del "lessico".
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