sabato 30 aprile 2011

Report mercoledì 20 aprile 2011

Presenti: Teresa, Carla, Pina, Ottavia, Giulia, Serenella, Mandana

L’incontro si è aperto con la discussione sulla proiezione del film “Terra Promessa”di martedì 19 aprile. Le presenti si sono stupite che gli uomini partecipanti siano “scappati” in seguito a delle scene particolarmente forti (stupro/fellatio) e che quindi vi sia stata l’impossibilità di un confronto. Si è riflettuto sul perché di questo quasi sincronizzato abbandono della sala cinema, giungendo alla conclusione che possa essere avvenuto sia per un semplice senso del pudore, sia per il frequente atteggiamento da “affetto da mutismo” che gli uomini dimostrano di fronte a quei temi che concepiscono come strettamente femminili, che possono andare dalla prostituzione alla maternità. Da qui nasce il rifiuto da parte delle presenti di continuare a concepire la prostituzione come una questione unicamente femminile proprio per sfuggire dallo sclerotico e bigotto binomio buone/cattive veicolato e sfruttato dalla destra proprio in seguito al Ruby-gate.

Le questioni affrontate comunque sono state molteplici e cercherò di riportarle a mo’ di elenco:

1) 1- Se la prostituzione è una libera scelta, quanto questa è legata alla natura capitalistica della nostra economia/società? In tempi in cui possiamo vedere una regressiva aziendalizzazione di ciò che non è monetizzabile, come lo stesso diritto alla salute, la vendita del proprio apparato genitale può essere equiparata alla vendita delle proprie braccia in una fabbrica o delle cure di una casalinga o di una badante?

2) 2-In alcuni casi possiamo riconoscere alla prostituta un ruolo sociale, come unica possibilità per soggetti ritardati o handicappati per soddisfare i propri desideri naturali? Nei vecchi ospedali psichiatrici i soggetti maschi venivano fatti “sfogare” per evitare atti violenti mentre le femmine subivano sterilizzazioni o trattamenti farmacologici. Una realtà dunque che giustificava e legittimava l’istinto sessuale maschile mentre negava quello femminile. Tale passata concezione continua a riflettersi oggi nella concezione di un desiderio sessuale maschile incontenibile e incontrollabile e si materializza in alcune pratiche e valori tipici delle principali religioni monoteiste: la circoncisione e la verginità, “l’apertura” e “la chiusura”. Questo determinismo biologico che legittima i desideri del maschio porta a vedere come necessaria la nascita di una medicina di genere che non menta nei sintomi e soprattutto tenga conto dell’importante differenza strutturale.

3) 3-Abbiamo concluso il nostro incontro con la riflessione propostaci da Teresa dopo la lettura del suo “oggetto”. Teresa ha letto un passo tratto dalla biografia di Carla Corso, “Ritratto a tinte forti”, nel quale la Corso sottolinea la sua assoluta lucidità nel scegliere la professione di prostituta, lo stereotipo-necessità di vedere tali donne come vittime, l’ostilità delle donne e di alcune delle femministe e le difficoltà incontrate nelle relazioni sociali. Dopo una testimonianza così forte e decisa abbiamo iniziato a riflettere sulla necessità di analizzare la posizione dell’uomo-cliente, rifiutando, come accennato all’inizio, di concepire la prostituzione come un argomento strettamente femminile e di cercare un confronto con l’opinione maschile. Qui appunto si inserisce la collaborazione con Maschile Plurale e l’iniziativa di proiettare no-stop il video “Da uomo a uomo” in una data ancora da decidere tra il 24-25 maggio o 7-8 giugno.

4) 4-Infine Pina ci ha letto la lettera di Michela.

lunedì 18 aprile 2011

Report 13 aprile 2011

Prostituzioni:
1) vista la recente e bella notizia che ci ha dato Tere sulla partecipazione della Covre, dovremmo iniziare a pensare alla Locandina ad hoc. Forse potrebbe essere simile a quella ‘generale’, cioè usare il modello di quella ma riportando solo la scritta del 10 maggio con il nome di lei in grande. Ovviamente già che ci siamo mettiamo il fondo bordeaux e non marrone, per il resto a me piaceva molto. Fede sei disponibile?

2) Io non potrò essere presente alla proiezione del 19, e mi mangio le mani. Purtroppo inizio aperdere i colpi: avevo fissato da tempo l’inizio della trasmissione radiofonica su ondarossa a roma, e non posso farla via collegamento telefonico (ho sondato). Verrò a siena per il cdf la mattina, ripartirò per roma, e tornerò di nuovo a siena la mattina dopo, spero di riuscire almeno a affacciarmi al gruppo ma dipende da quando finisce il consiglio didattico, che inizia alle 14.30. Uffa.

3) confermata idea di presentare oggetti. Prima dell’ultima proiezione (10) abbiam 3 mercoledì. Al gruppo di mercoledì scorso abbiamo pensato di invitare cinematografico labo per l’ultimo, il 4 maggio, in modo da avere tempo per confrontarci prima tra di noi. Si è pensato di fare così: Il 20 quelle che saranno presenti presenteranno un oggetto e consegneranno, in forma di report, gli elementi principali della riflessione, così la volta seguente si inizia da lì o comunque anche chi non c’è potrà avere ‘traccia’ del percorso seguito. E idem per le volte successive.

PROIEZIONE VIDEO MASCHILE PLURALE
-Pina propone di proiettarlo nel cortile di S. Galgano a ciclo continuo, durante un giorno normale. La sua idea è di coinvolgere le associazioni studentesche in modo da raggiungere molti studenti (i):
- gruppo Meds di medicina
- collettivo antropologia
- arci
- pansessuali
- le 3 sigle studentesche (link, reds, das)

Vorrebbe che non fosse accademico ma realizzato il più possibile da studenti.
In diverse abbiamo concordato che le parole che sono pronunciate e per come lo sono, sono nuove dette da maschi, e ciò fa si che il video abbia la capacità di sollecitare un confronto, che sia in qualche modo provocatorio. Dobbiamo pensare a come costruire la presentazione: sicuramente uno o due di MP, e poi pensavamo di coinvolgere appunto studenti/studentesse.
Sulla data, si era pensato il 25 maggio, ma c’è un convegno a lettere organizzato da Francavilla che coinvolge diversi docenti: io scriverò a lui e se scopro che finisce in mattinata, allora metterlo nel pomeriggio potrebbe essere perfetto.
L’unico problema secondo me è che si rischia di essere un po’ alle porte coi sassi: tenete presente che i prossimi 3 mercoledì saranno tutti per la discussione sulla prostituzione (ogni volta che iniziamo, ci rendiamo conto di quante siano le cose da dire) e poi tra il 10 e il 25 maggio ci sarebbe solo un mercoledì utile, posto che naturalmente potreemmo (e dovremmo, se si deve invitare esterni) procedere all’organizzazione anche via mail. In alternativa si potrebbe collocare entro la prima quindicina di giungo. Che dite?

Prima riflessione su 'Prostituzioni'

Qui di seguito riportiamo gli spunti principali emersi dalla prima discussione realizzata dal gruppo sul tema della prostituzione, in vista degli appuntamenti della rassegna cinematrografica 'Prostituzioni. Cinema tra necessità, libertà e relazioni di geenre', realizzata in collaborazione con Cinematografico.Labo e Comitato Pari opportunità.

LA RASSEGNA CINEMTAOGRAFICA E LA SELEZIONE DEI FILM

Il ciclo prevede tre proiezioni: Videocracy (martedì scorso),Terra Promessa (19 aprile) e Working girls (10 maggio). Nella scelta dei film appare già implicita la partitura della nostra riflessione strutturata intorno a 3 diverse declinazioni della Prostituzione.
In VIDEOCRACY viene sottolineata la strumentalizzazione del corpo delle donne e la sua mercificazione in quanto oggetto del desiderio maschile. Non solo alienazione del corpo e della sessualità ma aderenza al sistema di potere sfacciatamente patriarcale che regge le fila di questo nostro martoriato paese. Nel fenomeno del “velinismo” e delle politiche show-girls appare evidente un appiattimento della relazione tra i generi sulla dicotomia superiore/inferiore, dominante/dominato, soggetto/oggetto contro cui, nonostante i movimenti delle donne, dobbiamo ancora fare i conti.
In TERRA PROMESSA si focalizza la riduzione in schiavitù di queste donne, schiave, appunto, della perversione e della crudeltà di uomini senza scrupoli.
L’ultimo, WORKING GIRLS, ci mostra la prostituzione come “autodeterminazione e scelta”.

ALCUNI DEI NOSTRI (MOLTI) INTERROGATIVI E QUALCHE RISPOSTA

E' proprio sulla prostituzione come libera scelta che le domande si pongono e il problema appare in un’ampia gamma di sfumature. Si può parlare di scelta? Si può parlare di libertà? Quanto c’è di nmoralistico nel pensare che la prostituzione sia poco dignitosa? Quanto influisce l’educazione religiosa nell’attribuzione di valore alla prostituzione? In che modo lo scambio di denaro può essere considerato la cartina al tornasole del fenomeno? Esiste una differenza tra le escort dei palazzi del potere e le lucciole di “basso bordo”?

Parlando di prostituzione è facile incorrere nella CONSUETUDINE PATRIARCALE dell’opposizione buono/cattivo, senza praticamente rendercene conto abbiamo talmente introiettato la distinzione tra le buone e le cattive che, quando meno te lo aspetti, salta fuori come parametro del discorso. E ancora una volta la nostra spia d’allarme è il linguaggio, sono le parole che usiamo per dire le cose.
Avvertire il termine “prostituta” come un’offesa, accompagnarlo con un “nonostante” o reagire con un “per carità” all’idea di fare questa scelta, denunciano una valutazione negativa di fondo che rischia subdolamente di inficiare ogni ragionamento. Quindi, un’avvertenza, prestiamo attenzione alle PAROLE che usiamo cercando di evitare equivoci e di andare oltre.

PRIMA QUESTIONE: una donna magari giovane e magari bella che sceglie di usare il proprio corpo come strumento di mestiere agisce la LIBERTA'di disporre del proprio corpo come meglio crede? Si può scegliere di fare la prostituta come si sceglie un mestiere qualunque? Sul piano teorico la prostituzione non è mai una scelta ma una conseguenza del sistema, essa si dà come una implicazione del patriarcato e della sua visione delle donne. In una reale CULTURA DELLA DIFFERENZA la soggettivazione delle donne comporta l’impossibilità dell’alienazione e della compravendita di corpi per soddisfare il desiderio del soggetto.
Ci sarebbero due desideri che si incontrano e il riconoscimento del piacere dell’altro/a, non la soddisfazione di un desiderio che domina e possiede l’altro/a. Verrebbero meno le sovrastrutture che il patriarcato ha costruito intorno alla sessualità (sovrastrutture funzionali all’esercizio del potere) e si consentirebbe l’espressione di una società liberata sessualmente in cui non c’è spazio per la prostituzione perché il sesso, non più tabù, discrimine tra il buono e il cattivo, non potrebbe più fare da merce nel mercato. Non ci sarebbe più OFFERTA se le donne (o gli uomini o i queer) assumessero in pieno il loro essere uniche e irripetibili, autrici della propria storia. E non ci sarebbe più RICHIESTA se ci fosse una società davvero aperta, plurale, rispettosa delle differenze e dell’esigenze di ognuna/o, una società libera in cui sia davvero possibile scegliere. Ovviamente semplifico un discorso ben più complesso ma su cui, credo, siamo tutte d’accordo.

Fatta questa premessa la SECONDA QUESTIONE che si pone è: come si può asserire che una donna, inserita in un contesto sociale in cui ancora oggi vale in quanto corpo da possedere, scelga liberamente di fare la prostituta? Secondo le nostre premesse teoriche questa donna non è messa in condizione di scegliere. Apparentemente sceglie di disporre liberamente del proprio corpo ma, chiediamoci, che ruolo giocano in questa scelta gli squilibri sociali, economici, politici che caratterizzano ad oggi le relazioni umane? È, in qualche modo, una riflessione analoga a quella che si impone parlando del velo islamico.
Anche in questo caso di primo acchito verrebbe da dire che è una scelta libera e, d’altronde, sono molte le donne musulmane che portano il velo con convinzione, sinceramente convinte che sia una loro scelta. Che dire? Senza nulla togliere alla libertà di ognuna ci si può chiedere, però, quanto possa essere una scelta se vivi in un mondo che ti indica così rigidamente cos’è giusto e cosa è sbagliato da convincerti che è vero. E tanto vale per la prostituzione. Come può essere una scelta ALIENARE te stessa per denaro, per successo, per potere, quando nessuno ti hai insegnato che il tuo CORPO non è una parte di te ma è tutta te, che il tuo desiderio vale quanto quello dell’altr e la soddisfazione del tuo piacere gioca un ruolo così importante nella costruzione della tua identità che rinunciarvi per farsi uno strumento di piacere per il cliente non solo ti oggettiva e ti trasforma in merce da comprare o da rubare ma ti trasforma in cosa e annulla la tua umanità.
D’altra parte, però, se non una scelta la prostituzione appare come un “esercizio di volontà”. A parte le donne costrette da protettori brutali quelle che decidono, senza imposizioni, per i motivi più vari, di “entrare nel giro” agiscono volontariamente e, soprattutto nel caso del velinismo, RIVENDICANO con lucidità e fermezza la loro decisione. In questo senso si deve, perciò, tener conto della possibilità che ognuna stabilisca i confini della propria dignità e si AUTODETERMINI per il valore che autonomamente dà alle sue azioni. Cosa replicare a chi rivendica l’uso del proprio corpo come meglio crede? Che la sua illusione di essere la conduttrice del rapporto nasconde una realtà che la vede e la vuole vittima? Ma nella realtà questa stessa donna non decide autonomamente che il fine vale ogni mezzo e che è più conveniente una notte da puttana che un mese da commessa?

TERZA QUESTIONE: Il DENARO è un nodo centrale nella prostituzione, almeno in due modi diversi:
1) la circolazione di denaro nella relazione cliente/prostituta è indice dello squilibrio nel rapporto per cui chi paga compra una merce a suo uso e consumo e questa merce è una persona. Il rapporto mediato dal denaro mette in relazione un venditore e un acquirente che scambiano merce con soldi. Nella prostituzione non solo c’è l’evidente squilibrio che mette sullo stesso piano una persona e il denaro ma il rapporto appare complicato dal fatto che la stessa persona che, da un lato, contratta da pari la transazione, dall’altro si sottopone al cliente come merce.
2) Il valore della persona si annulla di fronte allo strapotere del denaro e vendere il proprio corpo diventa una “furbata” perché permette introiti considerevoli.
Molte donne, è vero, si prostituiscono per disperazione ma tante, oggi soprattutto, usano la prostituzione come la chiave che apre tutte le porte. la mia sensazione è che stiamo assistendo ad una diversificazione del fenomeno prostituzione. Da un lato le donne, non necessariamente belle e non necessariamente giovani, che lo fanno come mestiere per vivere, per sostenere la famiglia, per mille motivi, e dall’altro delle giovani e bellissime donne che sfruttano (o credono) a loro vantaggio la perversione di uomini ricchi e potenti, usando esse per prime la loro giovinezza e la loro bellezza per entrare nelle stanze dei bottoni.
Cosa c’è dietro alle une e cosa dietro alle altre? Da una parte probabilmente miseria, disperazione, NECESSITA' di arrivare a fine mese, di barcamenarsi in un mondo difficile. Dall’altra sete di successo, fame di POTERE, voglia di salire sul carro dei dominanti.

Le due prospettive mostrano delle reali differenze? Gli spunti sono molti e la riflessione è aperta, mi fermo qui sperando di non aver intrecciato troppo il mio pensiero a quello di tutte e scusandomi per le tante cose che ho sicuramente tralasciato.


Teresa per Presenti, Differenti

lunedì 11 aprile 2011

Report 6 aprile 2011

Presenti: Michela, Alessia, una nuova amica di cui (scusate) non ricordo il nome, Rita, Elisa, Giulia, Mandana, Teresa, Pina. L’incontro si è aperto con le valutazioni sulla prima proiezione del ciclo Prostituzioni e ci ha viste impegnate nel dibattito/confronto sul tema che proverò a riassumere in seguito. Nell’incontro si è deciso di contattare Pia Covre per invitarla alla proiezione del 10 maggio, la quale si è detta disponibile a partecipare ma attendiamo conferma. All’incontro ha partecipato anche Carla Fronteddu del Donna chiama donna che ci ha chiesto di collaborare alla costruzione della Giornata della Pia prevista per giugno. Il tema della Giornata, scelto da Aurore, è la condivisione del lavoro di cura tra donne e uomini e la conciliazione. Di questo segue le fila Pina che parteciperà all’incontro fissato per giovedì prossimo con DCD e Mara Meoni per discutere il da farsi. A proposito di Prostituzioni provo ora a riassumere i nodi venuti fuori dalla discussione di mercoledì a mò di promemoria per i prossimi incontri. Il ciclo prevede tre proiezioni: Videocracy (martedì scorso),Terra Promessa (19 aprile) e Working girls (10 maggio). Nella scelta dei film appare già implicita la partitura della nostra riflessione strutturata intorno a 3 diverse declinazioni della Prostituzione. In Videocracy viene sottolineata la strumentalizzazione del corpo delle donne e la sua mercificazione in quanto oggetto del desiderio maschile. Non solo alienazione del corpo e della sessualità ma aderenza al sistema di potere sfacciatamente patriarcale che regge le fila di questo nostro martoriato paese. Nel fenomeno del “velinismo” e delle politiche show-girls appare evidente un appiattimento della relazione tra i generi sulla dicotomia superiore/inferiore, dominante/dominato, soggetto/oggetto contro cui, nonostante i movimenti delle donne, dobbiamo ancora fare i conti. In Terra Promessa si focalizza la riduzione in schiavitù di queste donne, schiave, appunto, della perversione e della crudeltà di uomini senza scrupoli. L’ultimo, infine, ci mostra la prostituzione come “autodeterminazione e scelta”. Ed è proprio sulla prostituzione come libera scelta che le domande si pongono e il problema appare in un’ampia gamma di sfumature. Si può parlare di scelta? Si può parlare di libertà? Quanto c’è di moralistico nel pensare che la prostituzione sia poco dignitosa? Quanto influisce l’educazione religiosa nell’attribuzione di valore alla prostituzione? In che modo lo scambio di denaro può essere considerato la cartina al tornasole del fenomeno? Esiste una differenza tra le escort dei palazzi del potere e le lucciole di “basso bordo”? Parlando di prostituzione è facile incorrere nella consuetudine patriarcale dell’opposizione buono/cattivo, senza praticamente rendercene conto abbiamo talmente introiettato la distinzione tra le buone e le cattive che, quando meno te lo aspetti, salta fuori come parametro del discorso. E ancora una volta la nostra spia d’allarme è il linguaggio, sono le parole che usiamo per dire le cose. Avvertire il termine “prostituta” come un’offesa, accompagnarlo con un “nonostante” o reagire con un “per carità” all’idea di fare questa scelta, denunciano una valutazione negativa di fondo che rischia subdolamente di inficiare ogni ragionamento. Quindi, un’avvertenza, prestiamo attenzione alle parole che usiamo cercando di evitare equivoci e di andare oltre. Prima questione: una donna magari giovane e magari bella che sceglie di usare il proprio corpo come strumento di mestiere agisce la libertà di disporre del proprio corpo come meglio crede? Si può scegliere di fare la prostituta come si sceglie un mestiere qualunque? Sul piano teorico la prostituzione non è mai una scelta ma una conseguenza del sistema, essa si dà come una implicazione del patriarcato e della sua visione delle donne. In una reale cultura della differenza la soggettivazione delle donne comporta l’impossibilità dell’alienazione e della compravendita di corpi per soddisfare il desiderio del soggetto. Ci sarebbero due desideri che si incontrano e il riconoscimento del piacere dell’altro/a, non la soddisfazione di un desiderio che domina e possiede l’altro/a. Verrebbero meno le sovrastrutture che il patriarcato ha costruito intorno alla sessualità (sovrastrutture funzionali all’esercizio del potere) e si consentirebbe l’espressione di una società liberata sessualmente in cui non c’è spazio per la prostituzione perché il sesso, non più tabù, discrimine tra il buono e il cattivo, non potrebbe più fare da merce nel mercato. Non ci sarebbe più offerta se le donne (o gli uomini o i queer) assumessero in pieno il loro essere uniche e irripetibili, autrici della propria storia. E non ci sarebbe più richiesta se ci fosse una società davvero aperta, plurale, rispettosa delle differenze e dell’esigenze di ognuna/o, una società libera in cui sia davvero possibile scegliere. Ovviamente semplifico un discorso ben più complesso ma su cui, credo, siamo tutte d’accordo. Fatta questa premessa la prima questione che si pone è: come si può asserire che una donna, inserita in un contesto sociale in cui ancora oggi vale in quanto corpo da possedere, scelga liberamente di fare la prostituta? Secondo le nostre premesse teoriche questa donna non è messa in condizione di scegliere. Apparentemente sceglie di disporre liberamente del proprio corpo ma, chiediamoci, che ruolo giocano in questa scelta gli squilibri sociali, economici, politici che caratterizzano ad oggi le relazioni umane? È, in qualche modo, una riflessione analoga a quella che si impone parlando del velo islamico. Anche in questo caso di primo acchito verrebbe da dire che è una scelta libera e, d’altronde, sono molte le donne musulmane che portano il velo con convinzione, sinceramente convinte che sia una loro scelta. Che dire? Senza nulla togliere alla libertà di ognuna ci si può chiedere, però, quanto possa essere una scelta se vivi in un mondo che ti indica così rigidamente cos’è giusto e cosa è sbagliato da convincerti che è vero. E tanto vale per la prostituzione. Come può essere una scelta alienare te stessa per denaro, per successo, per potere, quando nessuno ti hai insegnato che il tuo corpo non è una parte di te ma è tutta te, che il tuo desiderio vale quanto quello dell’altr e la soddisfazione del tuo piacere gioca un ruolo così importante nella costruzione della tua identità che rinunciarvi per farsi uno strumento di piacere per il cliente non solo ti oggettiva e ti trasforma in merce da comprare o da rubare ma ti trasforma in cosa e annulla la tua umanità. D’altra parte, però, se non una scelta la prostituzione appare come un “esercizio di volontà”. A parte le donne costrette da protettori brutali quelle che decidono, senza imposizioni, per i motivi più vari, di “entrare nel giro” agiscono volontariamente e, soprattutto nel caso del velinismo, rivendicano con lucidità e fermezza la loro decisione. In questo senso si deve, perciò, tener conto della possibilità che ognuna stabilisca i confini della propria dignità e si autodetermini per il valore che autonomamente dà alle sue azioni. Cosa replicare a chi rivendica l’uso del proprio corpo come meglio crede? Che la sua illusione di essere la conduttrice del rapporto nasconde una realtà che la vede e la vuole vittima? Ma nella realtà questa stessa donna non decide autonomamente che il fine vale ogni mezzo e che è più conveniente una notte da puttana che un mese da commessa? Il denaro è un nodo centrale nella prostituzione, almeno in due modi diversi: 1) la circolazione di denaro nella relazione cliente/prostituta è indice dello squilibrio nel rapporto per cui chi paga compra una merce a suo uso e consumo e questa merce è una persona. Il rapporto mediato dal denaro mette in relazione un venditore e un acquirente che scambiano merce con soldi. Nella prostituzione non solo c’è l’evidente squilibrio che mette sullo stesso piano una persona e il denaro ma il rapporto appare complicato dal fatto che la stessa persona che, da un lato, contratta da pari la transazione, dall’altro si sottopone al cliente come merce. 2) Il valore della persona si annulla di fronte allo strapotere del denaro e vendere il proprio corpo diventa una “furbata” perché permette introiti considerevoli. Molte donne, è vero, si prostituiscono per disperazione ma tante, oggi soprattutto, usano la prostituzione come la chiave che apre tutte le porte. La mia sensazione è che stiamo assistendo ad una diversificazione del fenomeno prostituzione. Da un lato le donne, non necessariamente belle e non necessariamente giovani, che lo fanno come mestiere per vivere, per sostenere la famiglia, per mille motivi, e dall’altro delle giovani e bellissime donne che sfruttano (o credono) a loro vantaggio la perversione di uomini ricchi e potenti, usando esse per prime la loro giovinezza e la loro bellezza per entrare nelle stanze dei bottoni. Cosa c’è dietro alle une e cosa dietro alle altre? Da una parte probabilmente miseria, disperazione, necessità di arrivare a fine mese, di barcamenarsi in un mondo difficile. Dall’altra sete di successo, fame di potere, voglia di salire sul carro dei dominanti. Le due prospettive mostrano delle reali differenze? Gli spunti sono molti e la riflessione è aperta, mi fermo qui sperando di non aver intrecciato troppo il mio pensiero a quello di tutte e scusandomi per le tante cose che ho sicuramente tralasciato.

domenica 3 aprile 2011

PROSTITUZIONI - Cinema tra necessità, libertà e relazioni di genere




















I gruppi "Presenti,Differenti" e "Cinematografico.labo" presentano la rassegna cinematografica:

PROSTITUZIONI
Cinema tra necessità, libertà e relazioni di genere

5 APRILE h 21.30
"VIDEOCRACY"
( Erik Gandini, 2009, Svezia)
Aula Cinema - Facoltà di lettere e filosofia
via Roma, 47- Siena


19 APRILE h 17.30
"TERRA PROMESSA"
( Amos Gitai, 2004, Israele/Francia)
Aula Cinema - Facoltà di lettere e filosofia
via Roma, 47- Siena


10 MAGGIO h 21.30
"WORKING GIRLS"
( Lizzie Borden, 1986, Stati Uniti)
Associazione Corte dei Miracoli- Centro Culture Contemporanee
via Roma 56
a seguire rinfresco e musica