giovedì 18 giugno 2009

Report Mercoledì 17 giugno 2009 e proposta ODG mercoledì 24

Presenti: Pina, Lola, Sonia, Adelaide, Mandana, Teresa, Veronica, Monica, Michela (ma è andata via dopo poco).
- Pina ha portato alcune brochure della Staffetta;
- alcune di noi hanno espresso una sorta di non identificazione con la Staffetta, che sentono come una specie di ‘corpo estraneo’;
- inoltre, alcune hanno espresso la mancanza della riflessione e del confronto;
- mentre riprendevamo alcuni nodi (identità, responsabilità, trasmissione, autenticità, libertà) venuti fuori durante la presentazione dell’oggetto di Veronica e formulavamo la proposta di individuare della parole-chiave utili per il Glossario, individuando nel contempo la necessità di fissare almeno la presentazione di un altro oggetto (forse Teresa il prossimo mercole), una scritta di Mandana alla lavagna sul ‘dover assolutamente’ partecipare alla visione del film ‘Vogliamo anche le rose’ ha fatto nascere un’accesa e slegata discussione innanzitutto sul tema del dovere: alcune hanno parlato di ‘dover essere’ intendendolo come necessità di essere fedeli a noi stesse mentre altre hanno preferito sostituire la parola ‘dovere’ con ‘responsabilità’ perché essa, nel momento in cui viene consapevolmente assunta, trasforma i ‘devo’ in ‘voglio’;
- da qui, abbiamo scatenato un pollaio, ricco però di spunti di riflessione, su certi comportamenti che molte di noi non condividono e che ritengono estranei al gruppo.
Detti comportamenti sono:
- la creazione di sottogruppi, incluso l’abuso di dialoghi a due/tre mentre il resto del gruppo segue una persona che parla, cosa percepita da molte come recente e molto fastidiosa;
- gli interventi che spostano il focus della discussione su temi distanti da quelli di cui si sta invece discutendo (credo sia quel parlare che a Napoli si chiama ‘a schiovere’, a spiovere);
- l’uso di strategie comunicative ‘sottotraccia’, quelle che 'dicono senza dire' mediante l'uso di allusioni e impliciti che permettono alla persona di non esprimere chiaramente cosa vuole o pensa;
- la presenza in molte di noi di ‘non detti’ rispetto a tali comportamenti.
Abbiamo rilevato un disagio all’interno del gruppo per cui abbiamo pensato di attivare una discussione il prossimo mercoledì in cui riflettere su temi come:
- cos’è che dei suddetti comportamenti non ci piace e perché;
- perché il nostro gruppo sta svelando solo ultimamente queste difficoltà (c’è stato un ‘prima’ in cui dette difficoltà non si sono manifestate): cosa c’è, insomma, che ultimamente è cambiato e ci sta mettendo di fronte, forse, al non aver ancora acquisito abbastanza strumenti per poter gestire serenamente i comportamenti, quando non le idee, che percepiamo come disturbanti;
- dov’è il confine fra la ‘risposta’ soggettiva e quella ‘collettiva’, la zona insomma in cui il ‘(non) mi piace’ diventa ‘(non) ci piace’.
Inoltre sarebbe necessario:
- approfondire la riflessione su 'libertà' e 'responsabilità' riguardanti lo stare in QUESTO gruppo;
- rinominare i confini del gruppo, ovvero i comportamenti e i valori che condividiamo e che definiscono la nostra identità (a scapito di altri percepiti come sterili, superati in discussioni precedenti che hanno punteggiato la nostra storia, indatti al momento che sta vivendo il gruppo);
- esplorare il legame fra il ‘dovere’ e il ‘potere’ e le ragioni del nostro rifiuto non solo teorico ma nella pratica di relazioni fra noi, basata sull’assenza di ruoli e di gerarchie e su un dialogo in cui la parola di una ha lo stesso peso e valore di quella delle altre indipendentemente dall’età, dalla posizione sociale, dall’esperienza di vita e dalla provenienza geografica: elementi, questi, che hanno sempre per noi avuto valore per il modo in cui ciascuna li rendeva parola, gesto e relazione, e mai sono stati caricati di un valore intrinseco e assoluto;
- ridefinire le specificità del gruppo e le sue attività (ampliare la riflessione sul Glossario, sulla Staffetta, sul Cineforum, sul Questionario: cosa ha funzionato e cosa no; come possiamo far tesoro dell'esperienza e quali azioni possiamo programmare per il futuro);
- chiarire che il nostro NON è un gruppo di autoaiuto ma di riflessione sull’identità di genere, e se qualcuna ci prende strumenti per star meglio anche con sé è tanto di guadagnato, ma il sostegno psicologico NON è obiettivo primario del gruppo.
Ecco, spero di aver usato un linguaggio semplice così da agevolare anche Mandana nella lettura, ieri ha espresso una sorta di difficoltà nel maneggiare certe parole.
Aggiungete, commentate e modificate, ovviamente, giacché non è stato per me semplice rendere la complessità della riunione di ieri, in cui abbiamo provato a sciogliere alcuni nodi emozionali per trasformarli in spunti di crescita sforzandoci di tenere separato 'quello che si fa' da 'chi si è', questo sì, a mio parere, valore assoluto il cui riconoscimento e la cui accettazione ci consentono di staccarci dalle valutazioni e dai giudizi personali e di posizionarci in una zona di ascolto e cambiamento.

2 commenti:

teresa ha detto...

L'incontro di ieri come ha ben focalizzato Monica è stato in effetti molto interessante. L'esortazione di Mandana al dovere ha aperto le porte ad un dibattito animato e appassionato che ha messo a fuoco le diverse strategie che ognuna mette in gioco nel suo stare al mondo. Un diverso "senso del dovere" e del modo in cui questo si rapporta con l'assunzione di responsabilità. Quello che emerso è la necessità di stabilire un confine che, a mio avviso va segnato in maniera netta, tra quelle sfere del vivere in cui si è "doverosamente" in risposta alle basilari regole del vivere civile e alle necessità pratiche della vita quotidiana, e quelle sfere del vivere in cui si è liberamente, per scelta. Esistono delle zone in cui il dovere può essere sostituito dal piacere? Esiste la possibilità di individuare la zona franca del desiderio? La pratica delle relazioni tra donne può raggiungerle? Esiste la possibilità di legare la responsabilità alla scelta piuttosto che ad un imperativo categorico? Non dovrebbe, forse, l'esperienza femminile del mondo aprire alla possibilità di partecipare per scelta piuttosto che per qualche forma di rispetto verso le altre? La partecipazione ad un gruppo come il nostro può essere consapevolmente agita o richiede un esser-ci impositivo per non urtare la sensibilità di nessuna? Sono molte le domande e tanta è stata la passione che ci ha portato a protrarre la discussione ben oltre l'orario stabilito. Peccato, però, che la passione politica e filosofica dei nostri voli pindarici sia stata risucchiata nelle questioni personali di chi si è sottratta al confronto chiudendosi la porta alle spalle.

Lola ha detto...

Forse non ci farebbe male non sottovalutare la difficoltà della pratica delle relazioni. La costruzione e il consolidamento di mediazioni femminili -la libera scelta, il piacere, il desiderio insieme alla responsabilità e consapevolezza- trovano nella potente, millenaria e trascinante forza del patriarcato, e delle sue certezze e mediazioni, uno scoglio ben radicato. Io ora dopo aver parlato con voi e aver letto le vostre riflessioni non so se si tratta di eliminare la parola “dovere” del mio lessico o provare a includerla nel nostro glossario, cioè risignificata. Forse tutte e due le scelte purchè condivise con voi mi stanno bene.