domenica 19 ottobre 2008

“Memorie dal tuo stesso paese” Report dell'incontro di mercoledì 15 ottobre 2008

QUESTIONI TEORICHE

All'incontro di oggi eravamo una decina, tra cui una ragazza nuova, Giovanna (e si è riunita al gruppo anche Lola). Dati i nuovi arrivi, abbiamo approfittato per ri-presentarci e ri-descrivere le ragioni della nostra partecipazione al seminario. Vuoi per la necessaria brevità di questo secondo “outing”, vuoi perché molte di noi sono al terzo incontro, ho avuto la sensazione che le risposte fossero diverse dalla prima volta e che tutte abbiamo messo maggiormente a fuoco aspettative e obiettivi. Bene. Ma certo l'oggetto (delle nostre discussioni, del nostro disagio, del nostro desiderio....) continua a illuminarsi in modo intermittente, e non appena ti sembra di averlo afferrato, trasparente come una biglia di vetro da tenere sul palmo della mano e offrire allo sguardo delle altre, ecco che improvvisamente si appanna di nuovo e rotola via, verso i territorio del non intellegibile, non dicibile, non condivisibile (poetica, eh? Deve essere la foto di Brunetta che sorride dalla prima pagina del giornale accanto a me....).

Comunque: detto così sembra un po' tautologico, anzi, diciamo che fa proprio ridere, ma all'alba del terzo incontro e dopo numerosi confronti, pare che ciò che interessa a tutte – pensate un po'! - sia la riflessione sulla/l'elaborazione della nostra identità di genere. Quindi mi dispiace: niente corso di Origami! Scherzi a parte, non so se è la mia percezione individuale, ma davvero credo che questa sia una piccola conquista, e perdonatemi le metafore militar-territoriali, però davvero penso che abbiamo picchettato un'area comune, trasversale alle generazioni e alle appartenenze. Voglio dire che a volte mi è sembrato che “identità di genere” e “differenza” fossero parole in codice, parole che che usavamo per “semplificare”, per richiamare posizioni teoriche, letture, sensibilità e modi di stare nel mondo che forse non sono così condivisi da tutte le donne nel gruppo. Invece oggi queste parole davvero hanno preso corpo, per la prima volta, mi pare, avevano senso (o iniziavano a perderlo, che è la stessa cosa) per TUTTE: ognuna poteva agganciarci un pezzetto di vissuto, usarle per rileggere relazioni di una vita o per dare un nome alla sensazioni di un'istante.

Vabbè, non riesco a uscire dal corto-circuito delle parole. Proviamo così, riportando alcuni interrogativi e qualche risposta, che sono stati punti di innesco della discussione e che magari in futuro ci potrebbero servire:

- E' possibile definire un'identità senza il confronto con l'altro (in questo caso, il genere maschile)? E' necessario, sì, ma non rischia di divenire autoreferenziale, di costringere l'orizzonte, come “parlare con uno del tuo stesso paese”?

- Importanza di esplicitare il genere (ma anche il sesso, l'appartenenza etnica ecc.) dell'altro, altrimenti questo altro diviene un soggetto indefinito, che si pretende neutro (e sappiamo che tutto ciò che è stato scritto al neutro e pensato come neutro è in realtà maschile);

- Cosa vuole dire per ognuna/in che modo ognuna fa l'esperienza di “significare la differenza, lo scarto dalla norma”? Lo scarto dalla norma ha evidentemente una grande parentela con il fatto di essere continuamente, nei contesti privati e pubblici più diversi, “sessualizzate” (nel senso di feticizzate, trasformate in oggetti sessuali, ma soprattutto nel senso – persino più grave – di essere identificate, percepite, riconosciute, in primis e in via definitiva, in virtù del proprio sesso.

- In che modo avviene la naturalizzazione, la normalizzazione di quelle limitazioni e ingiustizie di cui siamo vittima e che sono interamente culturali? Esempio: troviamo accettabile, e nemmeno limitante, ma anzi, protettivo, che ci ama ci ricordi la nostra vulnerabilità in quanto donne e ci inviti a comportarci di conseguenza. Noi per prime ci facciamo cooptare da questa logica, la obbediamo come se fosse ineluttabile e quindi la riproduciamo e la rafforziamo (sono donna e quindi fragile, “gli altri” per me possono essere un pericolo: è normale che io debba usare qualche cautela in più rispetto ai miei coetanei maschi). Invece qui di normale, naturale non c'è proprio niente, è tutto culturale: una cultura che indirettamente legittima la predabilità della donna; una cultura, che, di nuovo, ci ha abituato all'assunzione della neutralità dell'altro. Il “problema della sicurezza”, il modo in cui i media lo presentano e l'agenda politica lo usa, il modo in cui noi per prime lo interpretiamo e interpretiamo la nostra posizione (POTERE) in relazione allo stesso rivela con chiarezza il rischio di generalizzazione e quindi mistificazione contenuto nella pretesa di neutralità dell'altro. Ci dicono “gli altri possono essere una minaccia per la tua sicurezza, e lo sono ancor di più se sei una donna”: e se questa paura, che razionalmente rifiutiamo, in qualche modo ci si attacca addosso, è perché anche tutte noi ascoltiamo, diciamo, scriviamo “altri” ma in realtà leggiamo “uomini”. Se il genere dell'altro venisse esplicitato, ne deriverebbe un modo completamente diverso di percepire e affrontare il “problema della sicurezza”: non perché non sia un problema, ma perché chiaramente non si limita alla “sicurezza”. Non so se ho spiegato bene.

PROPOSTE PRATICHE

1) Su suggerimento di Lola, abbiamo pensato che sarebbe molto utile realizzare una mappatura di tutti i soggetti (associazioni, collettivi, movimenti, circoli, gruppi universitari ecc.) che sul territorio italiano si occupano di tematiche di genere. Con possibile link ai loro siti e magari tentativo di instaurare un dialogo quando faremo iniziative allargate. Opinione personale: penso che sia molto utile. Moltiplicare gli interlocutori, realizzare incontri con donne che vengono da altre esperienze e portano altre analisi e altre pratiche, diverse da quelle che maturano entrano l'università, è sicuramente un modo per potenziare il nostro sguardo e la nostra capacità di azione. E è una risposta concreta al fenomeno della segregazione sociale e dei saperi, che, personalmente, mi pare costituisca il principale ostacolo al cambiamento.

2) Abbiamo pensato che sarebbe interessante organizzare delle vere e proprie lezioni, perché tutte abbiamo esigenza di dotarci di strumenti di analisi che siano teoricamente informati: l'idea sarebbe di affrontare la questione dell'identità di genere in primo luogo in chiave storica e filosofica, per definirla in via teorica e conoscere/approfondire le diverse posizioni che si sono affermate in merito (come viene concepito il “genere” entro la corrente angloamericana dei gender studies? E' all'interno di quella italiana e francese del “pensiero della differenza”? In che modo si articola il rapporto tra sesso, genere, orientamento sessuale? Quale delle due posizioni risulta più incisiva nel criticare lo status quo? Ecc..). Poi si potrebbe analizzare la tematica del genere in relazione ad altre (il potere, per dirne una) e nelle sue diverse declinazioni disciplinari (filosofia politica, letteratura, sociologia, media studies, e dico solo le prime che mi vengono in mente, ma insomma, un po' sulla falsariga dei moduli del master. Ho anche parlato con docenti di SDC e lettere e filosofia che sarebbero interessate a partecipare). Ognuna di noi potrebbe contribuire con le sue conoscenze settoriali, e per fare in modo che non si tratti di lezioni frontali e basta, potremmo organizzarle con la prima ora di spiegazioni a carico di chi tratterà le diverse tematiche e la seconda di dibattito. Naturalmente la spiegazione e dibattito possono essere serializzate e proseguire anche all'incontro/incontri successivi, se non esauriamo tutto in uno solo. La presenza di donne che vengono da formazioni e professioni diverse sarebbe sicuramente una risorsa importante per provare a realizzare un collegamento continuo tra le posizioni teoriche e l'esperienza quotidiana e diretta di tutte noi. Se siamo tutte d'accordo, dal prossimo incontro potremmo iniziare a buttare giù uno schema.

3)Se l'assemblea permanente (dalle 17 di ogni giorno al rettorato) dovesse continuare sarebbe bello portare lì i nostri incontri: un modo per contribuire fattivamente al ripensamento delle forme di circolazione del sapere entro l'università, un modo per coinvolgere altre donne. Barbara o Sonia hanno poi preso contatti con le studentesse/gli studenti dell'assemblea per dire questa cosa?

3 commenti:

Lola ha detto...

Infatti, a me sembra molto interessante quel “compromesso” al quale eravamo arrivate mercoledì scorso che ci chiedeva di affrontare le tematiche che sceglieremo non solo da un punto di vista teorico e “oggettivo” ma anche dalle esperienze personali vissute da ognuna di noi al riguardo. Credo che questo sia di maggiore arricchimento ancora.

Valentina ha detto...

Commento e aggiunta alle proposte concrete, poi se interessa ne possiamo parlare anche mercoledì prossimo.
1) sulla mappatura proposta da Lola: sono d'accordo, mi chiedo solo se sia più utile censire i soggetti "culturali" che si occupano di tematiche di genere o allargare la mappatura agli organismi di pari opportunità e ai centri di supporto alle donne (antiviolenza ecc.). Non è una domanda retorica, mi chiedo se ci sia un confine limpido. Comunque non c'ero e magari ne avete già discusso...
2) legando le questioni di genere alla protesta: che ne dite di una mappatura di docenti e precari dell'Università di Siena? Bisogna identificare bene i criteri, ora per spiegare elenco alla rinfusa quello che a me sembrerebbe interessante sapere: quanti strutturati (ordinari/associati/ricercatori) uomini, quanti donne, quanti precari uomini, quante donne, da quanti anni, quale stipendio medio; per i ricercatori e associati quanti anni di precariato; ci metterei qualcosa sulla mediazione (es. quanti studenti uomini/donne si sono laureati con il prof./la prof. X negli ultimi 10 anni; di questi quanti atualmente sono precari/strutturati; sono uomini o donne)... Insomma tutto da vedere ma potrebbero venir fuori cose interessanti (ma anche no; speriamo di scoprire che siamo virtuosi :-D). E magari potremmo costruire una scheda che altre università potrebbero utilizzare (bisognerebbe collaborare con qualche economista e statistico... a proposito come si dice statistico femmina? statistica? naaaa...).
3)Accanto alle lezioni proporrei degli incontri che, sulla falsariga del "risignificare", potrebbero affrontare alcuni termini di un glossario storico per ricondividerli, riprenderceli, e una buona volta cercare di non ricominciare tutto il ragionamento da capo a ogni generazione, come tradizione femminile comanda. Comunque abbiamo bisogno di un po' di genealogia (si è cominciato, passin passino, anche in poesia italiana, che è maschile che più maschile non si può... ce la possiamo fare anche noi). Sul serio, che ne dite: incontri concentrati ogni volta su una parola o locuzione: femminista, posizionamento, partire da sé, differenza, separatezza, pari opportunità, uguaglianza... recuperarne la storia, i significati che hanno avuto, gli ambiti in cui hanno funzionato... gli facciamo una specie di tagliando e così impariamo a usarli se ci sembrano utili, riprendendo il ragionamento da lì (se vengono bene potrebbero forse coagularsi in un libretto o alcune schede, vediamo poi che farne)

Elisa ha detto...

D'accordo sia con Lola che con Valentina. In particolare, per i punti di Valentina:
1) no, non abbiamo parlato di niente ancora: la mappatura e i suoi criteri sono tutti da decidere e comunque non penso vi sia un confine sempre intellegibile tra i diversi soggetti, quindi immagino che si tratterà di un'indagine a tutto campo
2) veeeeery good idea: rincaro la dose dicendo che il gruppo precari siena ha fatto una cosa simile, una ricognizione delle diverse figure e che operano nell'ateneo e delle loro posizioni. Potrebbe essere una messe di dati da cui partire (non so però se abbiano inserito anche i nomi e quindi i sessi o si siano limitati a indicare se sono assegnisti, docenti a contratto, strutturati...). Insomma, potrei mandare una mail a loro e chiedere se c'è qualcuno/a interessato a lavorare con noi, anche perché mi sono sempre scordata di dirgli dei seminari nostri (negli ultimi di tempi gli argomenti degli incontri erano altri!)
3)Carinissima l'idea del "vocabolarietto". Qui bisogna decidere una cosa: invece di impostare i seminari sul modello proposto all'ultimo incontro (lezoni tenute da ciascuna nel proprio ambito su tematiche generali attinenti al genere, perdonate il cortocircuito), si potrebbe impostare questi interventi intorno alle parole chiave. Tipo: femminismo: alcune ne fanno un inquadramento storico, altre lo dclinano in relazione alla filosofia politica, io vi potrei far vedere quali sono le diverse impostazioni della ricerca sul rapporto donne e media (consumi mediali e rappresentaizoni mediali) che nascono, rispettivamente, dal femminsimo della differenza e da quello delle uguaglianza, ecc. Insomma, praticamente far convergere i nostri saperi settoriali intorno a un lemma di volta in volta nuovo, e anzi, sarebbe ganzissimo che in prima battuta ci si confrontasse sul significato che diamo ai termini noi, quali vslenze hanno nel nostro personale immaginario, se c'è una parte di vissuto che possiamo agganciarci o se si tratta di etichette che non parlano alla/della nostra esperienza. Non so, la butto lì. Oh, e poi si pubblica, eh! Sono sicura che con questi chiari di luna la nostra cas editrice universitaria non aspetta altro che investire soldi su una cosa del Genere ;-)
4) FACCIAMO L'ORDINE DEL GIORNO PER IL PROSSIMO INCONTRO, INSERENDO QUESTI PUNTI/PROPOSTE. LE IDDE INIZIANO A ESSERE MOLTE E VANNO DISCUSSE INSIEME E SISTEMATICAMENTE. Provo a farlo io appena mi procuro un alimentatore per il pc: gli studenti hanno capito che vado in ipoglicemia alla fine delle lezioni e che in quel momento possono estorcermi qualunqe affermazione o commento non politically correct, così l'ultima volta ce ne avevo 5 che mi parlavano in contemporanea e ho lasciato l'alimentatore nell'aula. Che disastro.
baci
elisa