mercoledì 10 novembre 2010

Presentazione oggetto di Claudia 3/11/2010

L’autrice della presentazione ha chiesto di rimanere anonima e, per comodità, la chiamerò Claudia.
La presentazione di Claudia ha per oggetto le sue riflessioni, domande, dubbi sull’identità ed hanno inizio per lei a partire dalla visione del film “Nel corso del tempo” di Wim Wenders, non strettamente relato a questioni di genere ma che in una delle ultime scene mostra uno dei protagonisti, Bruno, che dice “Ho bisogno di una donna ma vorrei anche essere me stesso”.
Claudia non riesce subito a capire il senso della frase e chiede aiuto ad un amico che la interpreta come la paura che ogni uomo ha di perdere la propria identità nella relazione con una donna.
Claudia comincia, allora, a chiedersi perché “l’uomo ha paura della donna” e riconosce nelle donne “il potere di manipolare gli uomini”, trovando conforto in queste sue riflessioni in Pavese in cui ritrova quest’idea della donna “forte mentre l’uomo ha bisogno della donna in cui vede qualcosa che a lui manca”. Altre due letture sono indicate da Claudia come fondamentali nel suo percorso:
Donne che amano troppo di R. Norwood e Menzogna romantica, verità romanzesca di R. Girard.
Claudia ritiene che, sebbene sia vero che in una relazione di coppia sono spesso più “deficitari” gli uomini, sia da considerare un’oggettiva responsabilità delle donne, ovvero:”gli uomini non capiscono ma è sempre colpa loro? Se una trova sempre uno stronzo forse ha qualche problema da risolvere!”. In Donne che amano troppo la N. stabilisce, ci racconta Claudia, una correlazione tra le donne che, appunto, amano troppo e gli uomini “con problemi”, nel senso che se è vero che queste donne si dedicano interamente al loro uomo è anche vero che, così facendo, gli impediscono di crescere e perciò rischiano di trasformare la relazione in una doppia dipendenza: lei dal bisogno di amare e lui dall’amore di lei. Anche Girard indica come menzogna amorosa il rapporto tra il narciso e una donna che ama troppo. “Lei ama il narciso” – ci dice Claudia – “perché è un uomo sicuro e indipendente. In realtà il narciso non ama veramente se stesso perché ha bisogno di trovare conferma negli altri della sua identità. Sia il narciso che la donna che ama troppo sono delle persone insicure. Quando una donna ama troppo non sta amando veramente, il suo è solo bisogno di amare per poter piacere a se stessa”.
Un altro testo entra nel racconto, Donne che corrono coi lupi di C. Pinkola Estès, attraverso cui Claudia ci parla della forza delle donne. “Ogni donna ha la forza di un lupo e quando non riesce ad esprimere la sua natura di donna, soffre”. Donna-lupo o essere di passione (donna /uomo selvaggia), secondo l’espressione di Girard, servono a Claudia per capire che le donne e gli uomini sono più simili di quanto non si creda, “anche gli uomini sono fragili ma non lo esternano. Anche gli uomini sono depressi ma sfogano la depressione nella rabbia e non nella tristezza come fanno le donne”. Di questa rabbia e dell’incapacità degli uomini di esprimere i loro sentimenti Claudia ritiene responsabile la madre e di un rapporto madre/figlio troppo distaccato o eccessivamente protettivo. Rapporto che un uomo tende poi a ricreare, per somiglianza o opposizione, con la sua compagna.
Claudia ritiene che sia compito della donna rendere felice la famiglia perché “una donna che trova se stessa, che acquisisce consapevolezza di sé, è in grado di rendere felice il suo compagno e suo figlio”. “La donna”, ci dice ancora Claudia, “è portatrice di vita e forse per questo tende sempre a vedere un senso nella vita. L’uomo vede questa forza nella donna e ne ha paura. Da questa paura deriva l’aggressività, la violenza. Oggi c’è più violenza perché l’uomo vede ancora più chiaramente che la donna è più forte di lui, è vista come una donna selvaggia”.
Mandana allora le chiede quanto, secondo lei, c’è di culturale e quanto di biologico nella violenza maschile. E Claudia: “anche i maschi giocherebbero con le bambole ma i genitori glielo impediscono per paura che siano presi in giro dagli altri. E anch’io penso che lo impedirei a mio figlio”. Interviene Giulia che, sulla scorta della Luperini(?) concorda che si tratti di un fatto culturale e ritiene “emblematica la figura della madre dei maschi”. Giulia ci parla di uno studio che mostra come le mamme allattino i maschi più a lungo delle figlie femmine a dimostrazione del fatto che, seppur non si dica più apertamente, sono ancora in molti a ritenere che le femmine sono inferiori. Claudia ci invita a non generalizzare perché “non tutti gli uomini hanno il problema dell’aggressività e della violenza. Parliamo di uomini che provengono da famiglie problematiche, e non delle famiglie normali”.
Ma sono proprio le cosiddette famiglie normali il problema, perché, ci dice Michela “tendono a fissare i ruoli e perciò sono più pericolose delle famiglie problematiche” e invita Claudia a considerare che le letture a cui lei fa riferimento sono letture di psicologia comportamentistica che, però, nasce proprio a partire dal modello “normale”. Nessuna famiglia, normale o no, spinge all’autenticità. “Il problema da considerare”, ci dice Michela, “è che l’identità sia ancora legata al dato biologico. Perché la notizia dell’omosessualità di una figlia/o turba così tanto? Perché siamo legati all’aspetto biologico del corpo”.
Claudia: “l’omosessualità è un tabù”.
Michela: “chiediamoci perché, nell’antica Grecia non lo era. È perché il corpo funziona come marchio normalizzante”. Il femminismo della differenza nasce proprio dal superamento di questo modello normalizzante dei ruoli maschili e femminili: da un certo punto in poi le donne hanno avuto accesso al modello maschile (nell’istruzione, nelle professioni…). Michela ci parla del rapporto donne/uomini nella sua generazione come di una relazione travagliata perché mentre per le donne si tratta di un percorso di crescita per gli uomini è una situazione di conflitto. Ma questo non ci rende responsabili nei confronti dell’uomo.
Claudia: “penso alla responsabilità della madre rispetto alla possibilità di autenticità degli uomini”.
Mandana: “qui entra in gioco il concetto di giudizio e pregiudizio, noi viviamo con giudizi e pregiudizi, forse è umano. Il fatto è che ci comportiamo sulla base di questi”.
Michela consiglia la lettura di Vai pure! Di C. Lonzi, una buona riflessione per tutte sull’autenticità.
Claudia: “sia per gli uomini che per le donne è importante sviluppare l’autenticità. Separatamente ognuna/o deve trovare se stessa/o, sviluppare consapevolezza di sé aiuta la donna a stimarsi e anche a superare la violenza”.
Mandana: “quali sono gli strumenti necessari per trovare un’identità autentica, a parte l’istruzione?”
Claudia: “la consapevolezza di sé può nascere quando una donna riesce a trovare uno spazio per sé, è una fase che si può vivere a qualunque età”.
Mandana: “noi donne che abbiamo imparato ad interrogarci dobbiamo aiutare gli uomini che non lo sanno fare”.
Giulia: “anch’io mi sono interrogata sulla sindrome della crocerossina. Non sono sicura che basti uno spazio tutto per sé, mi sembra che dietro a questo ci siano delle radici più profonde. Perché non succede il contrario? Perché un uomo non nega se stesso per una donna? Nelle dinamiche di coppia c’è sempre una parte lesa che si sente addosso la responsabilità dell’altro, perché sempre le donne? Perché non ci prendiamo cura di noi stesse prima di tutto?”.
Claudia: “lo spazio per sé può essere una soluzione nei casi non gravi, la famiglia, la storia personale è importante. Il problema non è l’alcool o la droga, è sempre l’Io. Ci sono uomini che amano troppo e ci sono donne che fanno soffrire gli uomini”.
Giulia: “pensate che mentre un uomo, rimasto vedovo, trova presto una nuova compagna le donne fanno più fatica e si sentono in colpa”…

Il tempo a nostra disposizione, intanto, si è concluso e molti commenti ancora ci sono rimasti strozzati in gola. Ancora un pomeriggio intenso che è valsa la pena per me ripercorrere in questo lunghissimo racconto. Grazie, Claudia.

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