lunedì 27 aprile 2009

oggetto di Sonia

Oggetto di Sonia: scene da "Una giornata particolare" di Ettore Scola

Ho provato, devo ammetterlo, molti sentimenti contrastanti nel definire il ruolo di questa figura femminile così speciale. Dopo la prima visione, mi ricordo di aver nutrito quasi una specie di fastidio; quella donna, pensavo, incarna tutto ciò che io, per fortuna, non sarò mai.
Vedevo Antonietta e l'unica cosa che appariva chiara e limpida, era la sua incapacità di emergere come donna autonoma e libera. Riuscivo a coglierne tutti i limiti; una figura perfettamente conforme al ruolo che la cultura fascista le aveva sapientemente cucito addosso, una donna che non si interrogava sulla condizione di inferiorità in cui la società l'aveva confinata, ma che anzi, passava il tempo a ritagliare le foto del duce o a trascrivere senza riflettere, aforismi brutali, ("il genio è maschio"), all'interno di quell'album che lei custodiva così gelosamente.
Insomma, non riuscivo proprio a scorgere qualche elemento di bontà, utile a salvare quel personaggio. La sua ignoranza mi faceva paura; Antonietta appariva ai miei occhi come una sorta di automa, incapace di qualsiasi tentativo di ribellione verso il "sistema", alle cui pratiche, lei stessa credeva ciecamente. In fondo pensavo, quello che lei aveva, lo desiderava: un marito virile e violento e una bella famiglia numerosa.
E' con queste conlusioni in testa, che ho riscoperto il film, durante gli anni universitari; quel personaggio così conformista, che tanto aveva sollecitato il mio disappunto, assumeva adesso una nuova forma. Non ero più così severa e finalmente compresi quanto il contesto in cui Antonietta viveva, avesse inciso sulla sua consapevolezza e criticità. Quali erano alla fine, gli strumenti di analisi in mano ad una donna come Antonietta, economicamente disagiata, con un livello basso di istruzione e priva di legami sociali esterni al nucleo familiare? Mah, forse nulli. Ma poi arriva il meraviglioso personaggio interpretato da Marcello Mastroianni a mescolare le carte in tavola; ed è a questo punto che la forza di Antonietta, quella che io non riuscivo proprio a vedere, esce allo scoperto. Tutte le convinzioni maturate in lei, costruite e imposte dalla brutalità del regime cedono nell'incontro/scontro con l'altro. L'altro, diventa lo specchio su cui veder riflessi dolori condivisi, frustrazioni, esitazioni, illusioni che non hanno più senso e che cadono una dietro l'altra, lasciando macerie e rabbia, questo è vero, ma anche una sensazione di libertà che prima di allora, entrambi i personaggi forse non avevano mai vissuto.
Ecco cosa mi piace di Antonietta, la forza di mettersi in gioco semplicemente abbandonandosi all'altro, guardando al di la della recinzione che la separa dall'altra metà del mondo che prima si rifiutava di toccare, e che adesso scopre così magnificamente diversa, stimolante ma soprattutto vera.

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