04.09.10 Giornale di Brescia
In tutto il mondo si stanno moltiplicano le manifestazioni volte ad evitare che l'iraniana Sakineh Mohammad Ashtiani venga uccisa con la lapidazione. Ed in molti tornano a chiedersi come sia possibile tanta crudeltà perpetuata in nome di una religione il cui nome significa «pace». In realtà, la fonte più autoritaria di questa religione, ovvero il Corano, non menziona la lapidazione quale pena per l'adulterio: secondo il libro sacro, l'atto sessuale tra persone non unite da matrimonio deve essere punito con la fustigazione ad entrambi. Tuttavia, prima di giungere a tale pena, almeno 4 testimoni oculari debbono dichiarare di aver assistito alla consumazione dell'atto, una clausola che, di fatto, ha sempre reso la punizione difficilmente impartibile. Inoltre, il Corano prevede che le donne che si dichiarano pentite debbano essere perdonate e graziate, perché «Dio è misericordioso». Ma certo non si sono mostrati misericordiosi i primi legislatori che hanno tramutato la pena per gli adulteri nella lapidazione: poiché tale trattamento è stato incorporato nella Sunna, o tradizione, indispensabile complemento al Corano, molti musulmani continuano a far fatica a staccarsi dall'idea che la lapidazione sia prescritta ed obbligatoria. Tanto che il controverso pensatore modernista Tariq Ramadan qualche tempo fa si è espresso sulla necessità di una moratoria sulla lapidazione, ma non ha osato proporre di abolirla completamente. Eppure, per fortuna, molti Stati a maggioranza musulmana lo hanno fatto, tanto che la crudele punizione resta in vigore solo in pochissimi Paesi, fra cui l'Iran: ed anche qui, peraltro, proprio l'arcigno fautore della Rivoluzione, l'ayatollah Khomeini, nel 1981 aveva chiesto ai magistrati di non eseguire sentenze di lapidazione. Nel 2002 s'era quindi dato avvio ad un processo per la sua depenalizzazione: ma successivamente i falchi del regime hanno prevalso, riportando la lapidazione nelle aule dei tribunali e sventagliandola come spauracchio per mantenere il ferreo controllo sulla società. Non a caso la ripresa della sentenza di lapidazione avviene proprio a seguito del braccio di ferro tra autorità e società civile dopo le contestate elezioni del 2009.Negli anni della sospensione della lapidazione le iraniane non erano comunque rimaste inoperose: alcuni comitati di attiviste si sono stretti attorno alla campagna «Fermiamo la lapidazione per sempre», stringendo legami sia con le donne di altri Paesi in cui vige tale pena (Pakistan, l'Afghanistan dei Talebani ecc.) sia con le sostenitrici occidentali. Altre, ferrate nella lettura dei testi sacri dell'Islam, si sono cimentate in una lenta ma precisa demolizione della legittimità della lapidazione, dimostrando come tale punizione non sia prevista dal Corano e, anzi, sia contraria allo spirito di giustizia che pervade il Libro sacro. Tanto che una di queste teologhe l'ha definita «un'umiliazione per l'Islam e per i musulmani».
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